[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
il capitalismo italiano gioca solo in difesa
- Subject: il capitalismo italiano gioca solo in difesa
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Tue, 18 Dec 2001 06:34:25 +0100
da repubblica di domenica 16 dicembre 2001 DOMENICA, 16 DICEMBRE 2001 Stampa questo articolo Il capitalismo italiano gioca solo in difesa I "capitani coraggiosi" degli anni Ottanta non ci sono più e i grandi gruppi e le banche non tentano nemmeno di espandersi all'estero ---------------------------------------------------------------------------- ---- Il capitalismo italiano è morto? O è sul punto di morire? Insomma, più di là che di qua, come dicevano i nostri nonni? La domanda non è retorica e non è inutile. Anzi, è di attualità, quando si vede che persino Umberto Agnelli, parlando della «sua» Fiat (fondata da suo nonno e sempre rimasta alla famiglia) dice: c'è un piano, aspettiamo i risultati. E allora, se facciamo un giro (anche veloce) della cronache più recenti, scopriamo diverse cose, e nessuna buona notizia. Cominciamo con il primo punto. Fino a qual che anno fa c'erano quattro gruppi nella pattuglia di testa del capitalismo italiano: Fiat, Montedison, Pirelli, Telecom. Nel giro di pochi mesi questi quattro gruppi sono diventati due: FiatMontedison e PirelliTelecom. Due operazioni sulle quali ho poco da dire, anche perché ormai sono state fatte. Mi limito a osservare che se prima avevamo quattro players, adesso ne abbiamo solo due. A me sarebbe piaciuto passare da quattro a dodici players, non a due. Insomma, il capitalismo italiano, nelle zone alte, si va impoverendo di protagonisti. E questo non può essere un bene. Ma, mi si dirà: sei troppo critico: con queste operazioni Fiat e Pirelli sono cresciute. E questo è positivo. Certo, sarebbe stato molto meglio se però Fiat e Pirelli fossero cresciute comprando qualcosa all'estero, per una volta. Fino a quando le nostre aziende si comprano fra di loro, tutto quello che succede è che diminuisce il numero di giocatori in campo e quindi il numero di opportunità che abbiamo come paese. Ma c'è di più. La Telecom di TronchettiBenetton sta vendendo (giustamente) tutto quello che può vendere delle partecipazioni estere perché l'obiettivo primario è tenere insieme i conti del gruppo. Ottimo, ma intanto si vende. La Fiat, come si sa, ha da tempo venduto il 20 per cento di Fiat Auto a General Motors. Forse c'entra poco, ma già che sono in argomento, aggiungo che anche Prada, che sembrava l'unico soggetto italiano avviato a costruire un polo del lusso, dopo aver comprato, adesso sta vendendo. E anche qui l'obiettivo primario è quello di tenere insieme i conti, insomma non andare sottoterra. Ma vado avanti. Tutti e tre i gruppi che ho citato sono in una fase un po' pericolosa. Nelle sale operative dei brokers italiani e stranieri si scommette sul fatto che la Fiat sarà costretta a vendere, nel 2004, quel che le resta dell'auto. Si scommette sul fatto che Tronchetti forse riesce o forse non riesce a tenere insieme i conti del suo gruppo (appesantito da parecchi debiti, come quello Fiat d'altronde, e anche come Prada). E si scommette, ovviamente, anche su Prada: non farà mai il polo del lusso italiano, ma forse si salverà o forse no. Bene. Conosco un po' gli Agnelli e gli uomini della Fiat (da Paolo Fresco a Paolo Cantarella), e dico che si salveranno. Conosco Tronchetti Provera e i Benetton, e dico che si salveranno. Conosco Patrizio Bertelli, e penso che si salverà anche lui. Ma il problema vero è che qui abbiamo un capitalismo che, di fatto, sta giocando tutto quanto in difesa: Non è un capitalismo che sta tentando di espandersi all'estero, di mettere basi in Europa o nel mondo, di farsi polo di aggregazione di qualche cosa. Negli anni Ottanta, come qualcuno ricorderà, tutta la stampa mondiale si eccitò molti per i nostri «capitani coraggiosi» (come li chiamavano allora), che sembrava volessero conquistare il mondo. Di quei capitani non c'è più traccia. E, anzi, come abbiamo appena visto, qui stanno giocando tutti in difesa: l'obiettivo non è quello di conquistare nuovi spazi, ma difendere quello che si ha già. Se poi dalle aziende passiamo alle banche il quadro diventa ancora più tragico. Abbiamo grandi banche straniere determinanti negli assetti di molte banche italiane. Non abbiamo nessuna banca italiana determinante negli assetti proprietari di qualche banca straniera. E possiamo aggiungere che poiché molte banche italiane hanno come soci «nazionali» le Fondazioni, che però dovranno uscire e passare le azioni a non meglio precisate Sgr, al momento molti istituti non sono nemmeno in grado di sapere quali saranno i loro padroni di domani, quali strategie dovranno seguire, verso quali eventuali nuovi accorpamenti dovranno puntare. Insomma, come già denunciato altre volte, a quindici giorni dal debutto ufficiale dell'euro, l'Italia arriva all'appuntamento con l'Europa nelle condizioni peggiori. Con un sistema bancario che non sa più che cosa sarà e che cosa deve fare e un sistema industriale che ha un vertice sempre più piccolo e vari problemi da risolvere, da cui dipende la sua capacità di sopravvivere. A questo, ma è solo la pennellata finale, si aggiunga che il 2002 si annuncia un anno modesto, per l'Italia. Con una crescita che probabilmente sarà di poco sopra all'1 per cento. E nemmeno in futuro andrà molto meglio. Ci sarà un guizzo verso l'alto nel 2003, e poi si tornerà di nuovo a remare intorno a crescita economiche del 22,3 per cento. Insomma, questo è il ritratto di un paese assonnato, con un capitalismo quasi residuale, e un sistema bancario che sopravvive perché il Governatore Fazio impedisce (fin che può) agli stranieri di comprarselo. Berlusconi aveva promesso di slegare le mani ai nostri imprenditori, di liberare insomma i loro «animal spirits» e di farci sentire il sapore di un nuovo miracolo. Di tutto ciò, però, non si vede assolutamente nulla. Anzi, qualche vecchia crepa si sta allargando.
- Prev by Date: ambiente:appuntamento con la sete
- Next by Date: ponte sullo stretto via ai lavori
- Previous by thread: ambiente:appuntamento con la sete
- Next by thread: ponte sullo stretto via ai lavori
- Indice: