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valore economico:la capacita' di attrarre del territorio
- Subject: valore economico:la capacita' di attrarre del territorio
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Wed, 21 Nov 2001 06:54:10 +0100
dal corriere della sera di lunedi 19 novembre 2001 Milano e le infrastrutture LA CAPACITA’ DI ATTRARRE di ADRIANO DE MAIO I «territori» - le città, le regioni, gli Stati - sono sempre più in competizione fra loro. La loro capacità di attrarre e di trattenere persone e attività è una misura quindi del loro «successo». Ciascuna comunità dovrebbe individuare chi e cosa vuole attrarre o trattenere. Questo è alla base del progetto di una città, di una regione, di uno Stato. Il risultato è: fuga o attrazione di cervelli, di aziende, di attività. Ma vediamo alcuni fattori di base che condizionano il fatto che ci si trovi bene in un luogo. Il traffico, l'inquinamento, la pulizia delle strade sono tutti aspetti che in misura più o meno rilevante determinano la gradevolezza di una città e quindi anche di Milano. Ci sarà chi vede soprattutto in uno o più di questi fattori il livello di qualità della vita, altri li considereranno fastidiosi ma, tutto sommato, sopportabili effetti collaterali in una città piena di attività e di persone. Nessuno però ritiene che non si possa fare niente. Non sono eventi naturali e inevitabili rispetto ai quali ci si può solo proteggere. Si deve fare qualcosa. Qui si aprono le discussioni: tecniche, economiche, talvolta perfino ideologiche. E, alla fine, tutti proclamano che bisogna intervenire, ma si fa poco. I motivi sono molteplici ma, se non si affrontano, fra alcuni anni si continuerà a parlare del traffico, della pulizia, dell'inquinamento dell'acqua, dell'aria e del suolo, con grande felicità dei commentatori che avranno sempre argomenti su cui esercitarsi. La premessa? Tutti gli interventi proposti, discussi, progettati, perfino in taluni casi avviati, riguardano sempre infrastrutture di una certa consistenza: dal Passante ai depuratori, dai parcheggi ai sistemi di produzione di energia non inquinanti e così via. Proprio nella costruzione di infrastrutture vediamo uno dei limiti più consistenti: perché non si fanno? Le infrastrutture di un certo rilievo hanno due caratteristiche: da un lato richiedono risorse notevoli e un tempo consistente per la messa in opera, dall'altro provocano benefici nel futuro anche lontano. I vantaggi riguardano una popolazione estesa nel tempo mentre i fastidi e gli aspetti sgradevoli toccano una popolazione limitata ma molto «vicina». I costi sono ora e qui, i benefici sono dopo e da un'altra parte. Le infrastrutture si possono fare quindi soltanto se, nella decisione, prevale la lungimiranza e una visione della comunità nel suo complesso, mentre non si fanno se prevale una logica dell'immediato e degli interessi locali. Le popolazioni future non votano. Chi c'è oggi vota e, se ha disagi, si attiva immediatamente, cavalca slogan di facile presa. Prevale la cultura dell'emergenza e non del programma. E, di fatto, le infrastrutture, quando si fanno, nascono in occasione di emergenze, anche tragiche. Ma i politici non dovrebbero guardare anche l'interesse delle generazioni future? Una comunità è tale se pensa alla propria sopravvivenza nel futuro, solo se sacrifica l'oggi al domani. Milano è stata una grande comunità proprio per questo. Oggi vedo un ritrarsi nel privato, nel particolare. Bisogna invece cavare fuori il meglio della nostra storia e riproporsi come «civitas». Questa è la premessa. Senza questo le infrastrutture non si faranno. Continueremo a inveire contro il traffico, la sporcizia, l'inquinamento. E non basta: poi ci sono le norme, la burocrazia. Ma questo è un altro capitolo.
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