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bioetica quotidiana
dal manifesto di giovedi 22 febbraio 2001
L'etica della scelta
Conflitti e soggetti Salute, lavoro, procreazione in tempi di biomercato
"Bioetica quotidiana", un saggio di Giovanni Berlinguer CECILIA D'ELIA
L'ultimo lavoro di Giovanni Berlinguer (Bioetica quotidiana, Giunti, L.
28.000) ci invita a ragionare sul rapporto tra bioetica quotidiana e
bioetica di frontiera. Da sempre attento a sottolineare l'esistenza di una
bioetica dalla storia antica, "vicina all'esperienza di tutte le persone e
di ogni giorno", in questo libro Berlinguer indaga soprattutto il rapporto
tra i due campi, "sempre più convinto che è proprio il loro sistema di
relazioni a stimolare le riflessioni più proficue sul piano dei principi
morali". Così facendo il testo prende le mosse dal "nascere oggi", per
muoversi poi all'analisi delle politiche di popolazione, del rapporto tra
salute e lavoro, della mercificazione del corpo in tempi di biomercato,
fino al confronto serrato con i processi di globalizzazione e i nuovi
rischi a essa connessi, in tempi che l'autore non esita a definire di
"regressione dei paradigmi della salute".
Partiamo dall'origine, ovvero dalla nascita. Berlinguer non nasconde che
siano stati proprio i numerosi mutamenti intervenuti a far sorgere "una
prepotente esigenza di riflettere sull'inizio della vita umana", così come
riconosce che alla base delle rivoluzione dei rapporti tra genere maschile
e femminile vi sia la procreazione come libera scelta. Egli mostra grande
attenzione alle trasformazioni della condizione femminile, alle odierne
discriminazioni, alla realtà della sterilizzazione coatta. Il quadro
proposto è quindi attraversato da mutamenti epocali, avvenuti o necessari.
Eppure, quando si passa dal piano della descrizione storica a quello della
dimensione etica dei problemi, la scena viene riempita dal confronto con i
cattolici. Non riconoscendo alla soggettività femminile la produzione di
mutamenti simbolici e di riflessione etica, le trasformazioni sono narrate
come fenomeni di modernizzazione che necessitano di essere rielaborati
eticamente.
Eppure in altri campi, per esempio quando parla del rapporto tra salute e
lavoro, Berlinguer sa riconoscere il sapere venuto dai conflitti e dai
soggetti che ne sono stati protagonisti. Dal trattato di Bernardino
Ramazzini sulle malattie dei lavoratori, fino a Marx e al conflitto
sull'orario di lavoro, estesosi poi ai suoi diversi aspetti, il testo
sottolinea la rivoluzione culturale che ha investito il lavoro. "Il
risultato principale da porre all'attivo è che, lungo questa storia, le
condizioni materiali dei lavoratori, in particolare nei paesi sviluppati,
sono sostanzialmente migliorate. E' stata inoltre trasformata e arricchita
la valutazione etica del lavoro".
Va riconosciuto a Berlinguer di richiamare la bioetica a un confronto
ravvicinato con le contraddizioni del nostro tempo. Avendo a cuore l'equità
nel campo della salute, che lui definisce come la "la giusta opportunità di
raggiungere la propria speranza di vita potenziale", la sua riflessione
bioetica chiama direttamente in causa organizzazione sociale, processi di
globalizzazione, rapporto nord/sud del mondo. Fino a denunciare la sempre
crescente importanza che hanno i temi finanziari nella politica, arrivando
a "offuscare i problemi vitali" e senza risparmiare la critica alla
progressiva subalternità della Organizzazione mondiale della sanità nei
confronti della banca Mondiale e del Fondo monetario internazionale. Del
resto, come dargli torto, viviamo giorni in cui le abitudini alimentari di
noi ricchi occidentali sono messe a dura prova da allevatori che hanno
trasformato "per sete di guadagno nobili erbivori in carnivori, aprendo la
via alla trasmissione interspecifica dei prioni".
Quello che non convince è la mancata comprensione del significato della
fine della maternità come destino. Berlinguer coglie il passaggio, ma di
fatto non riconosce alla soggettività femminile di aver indicato una
diversa prospettiva dello sguardo su sessualità, aborto e procreazione.
Sradicare la riflessione sul nascere dai soggetti sessuati può far dire che
"nella procreazione assistita sono coinvolti due tipi di soggetti diversi:
chi vi partecipa e chi nasce", cancellando ogni asimmetria tra uomo e donna
nella procreazione e mettendo tra parentesi la grande discontinuità
rappresentata dalla rimozione della sessualità. Questione che non a caso è
al centro delle riflessioni femminili su questa materia. In questo modo i
soggetti appaiono sostanzialmente su un piano di parità e indipendenti
l'uno dall'altro. La preminenza va data alle esigenze di chi deve nascere.
Lo scenario è quello dell'eclissi della madre, come scrivono Maria Luisa
Boccia e Grazia Zuffa, in cui viene messa tra parentesi la mediazione
materna del venire al mondo e la nascita diventa evento insensato.
Quando parla di aborto, Berlinguer sottolinea la clandestinità in cui era
confinato per contestare che sia un problema dei nostri giorni e ripercorre
l'iter della legge italiana, di cui è stato uno dei protagonisti. E'
evidente la fiducia nella capacità di controllo razionale del corpo. La
strada indicata è quella dell'investimento nella prevenzione. Perché "si
può farlo diventare un fenomeno marginale nelle società sviluppate; e
domani, in tempi difficilmente prevedibili perché le distanze vanno
crescendo, anche nelle altre aree del mondo". Rimane il fatto che, seppur
fenomeno sociale marginale, per ogni donna continuerà a essere evento
possibile. Ognuna sa dell'ambivalenza dei desideri e che non tutto è
volontà cosciente. Non a caso le psicoanaliste lo hanno definito "scacco
del pensiero". Le donne non hanno solo reso visibile questo evento, lo
hanno nominato, elaborato. Nasce così la riflessione sul principio etico
della responsabilità femminile. Può la bioetica, quotidiana e/o di
frontiera, prescindere da questa competenza femminile?