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relazione sull'inquinamento a Taranto
Relazione del dottor Roberto Giua
Dell'importanza del fattore inquinante nell'area tarantina se ne parla da
anni, forse un po’ troppo in un circolo di addetti al lavoro. In passato si
è detto più volte che il fattore inquinante dell'area industriale tarantina
era così importante che doveva essere confortato da dati e da rilevazioni,
si doveva creare cioè una vera e propria sedimentazione di dati i quali
dovevano creare, a loro volta, delle certezze scientifiche su questo argomento.
È stato più volte detto, per esempio, prima ancora che fossero installate,
che dovevano essere poste in essere delle centraline di rilevazione degli
inquinanti, battaglia questa che è stata portata avanti per diversi anni da
alcune associazioni ambientaliste. Si voleva e si doveva conoscere, quindi,
l'entità, la distribuzione, la composizione e le caratteristiche delle
sostanze inquinanti presenti nell'aria e si voleva studiare la correlazione
tra questi inquinanti e le eventuali malattie e/o morti nella popolazione
di Taranto.
Da allora, parliamo di più di dieci anni fa, le conoscenze si sono via via
accumulate. In effetti, fin dal 1982, data a cui risale uno dei primi studi
fatto dalla SNAM-Progetti per conto della provincia di Taranto che parla
dell'inquinamento dell'aria nella zona di Taranto, si conosce già la
distribuzione di alcuni inquinanti come ad esempio le polveri e l'anidride
solforosa (detta anche biossido di zolfo, SO2, causa principale ancora oggi
delle piogge acide). Questa distribuzione degli inquinanti sulla città è
stata costruita con un modello matematico basato sulla conoscenza delle
emissioni industriali e di eventi prevalenti. Fin da allora si è appurata
la fondamentale prevalenza a Taranto delle emissioni industriali su quelle
di origine urbana, dato fondamentale e caratteristico di quest'area. Un
momento fondamentale di questo processo di presa di coscienza della realtà
tarantina, dell'inquinamento dell'area tarantina, è stata, in effetti,
l'inclusione di Taranto tra le così dette "AREE ad ELEVATO RISCHIO di CRISI
AMBIENTALE" e quindi l'effettuazione di uno studio da parte dell'ENEA che è
alla base del piano di risanamento della città di Taranto. Tutto questo è
confluito in un apposito decreto del Presidente della Repubblica, una vera
e propria legge del 23 Aprile 1998 che, in pratica, sancisce la situazione
di Taranto e quali sono gli interventi previsti dalla legge stessa i quali,
naturalmente non è detto che siano sufficienti. Questo studio innanzi tutto
conferma il fatto che la situazione di Taranto è PREOCCUPANTE con aree,
anche urbane, in cui vengono raggiunti e superati i limiti di
concentrazione di molti inquinanti, riporta che i massimi di concentrazione
per l'anidride solforosa, gli ossidi di azoto e le polveri cadono in
prossimità della periferia di Taranto, in particolare modo nel quartiere
Tamburi e conferma che il massimo contributo alla concentrazione di queste
sostanze proviene, come era logico aspettarsi, dalle emissioni industriali.
Sempre in relazione a questo studio, questa legge dello Stato, viene
riportato che le emissioni di anidride solforosa dovute al traffico e al
riscaldamento civile risultano inferiori di due ordini di grandezza (un
fattore cento) rispetto a quelle industriali, il che significa che le
emissioni urbane per quanto riguarda l'anidride solforosa sono 100 volte
più basse rispetto a quelle industriali, che le emissioni degli NOX, gli
ossidi di azoto, sono inferiori di un ordine di grandezza, almeno 10 volte
inferiori, rispetto alle emissioni industriali.
Questo studio, quindi, conferma e dimostra che vi sono delle differenze di
ordine di grandezza tra emissioni urbane ed emissioni industriali, il che
significa che le prime risultano quasi trascurabili rispetto alle seconde.
Successivamente due studi, quasi contemporanei, effettuati uno all'interno
dello stabilimento industriale ILVA nella cokeria e l'altro all'esterno nel
quartiere Tamburi ed in altri quartieri hanno verificato, intorno agli
inizi degli anni 90,92,93, e 94, la presenza e la concentrazione degli IPA,
idrocarburi policiclici aromatici, sostanze cancerogene che sono presenti
sia nel fumo delle sigarette sia nei fumi di scarico delle automobili e che
vengono prodotte in quantità enormemente superiori dalla cokeria. In
pratica si è verificato che la concentrazione degli IPA all'interno della
cokeria è talmente elevata da far stimare il rischio relativo dei
lavoratori di questo reparto in almeno dieci volte quello della popolazione
generale (ma forse anche di più) e che la concentrazione degli IPA, nel
quartiere Tamburi, risulta di due ordini di grandezza superiore rispetto a
zone esterne come, per esempio, Castellaneta (almeno cento volte
superiore). Inoltre, dati epidemiologici pubblicati sul bollettino
epidemiologico della ASL TA 1 hanno dimostrato con sempre maggiore certezza
che una serie di tumori come per esempio i tumori del polmone e
dell'apparato respiratorio, i tumori della pleura ed i tumori del midollo
emopoieutico (come leucemie e linfomi) hanno subito a Taranto rispetto ad
altre aree pugliesi un rilevantissimo incremento nel tempo, dagli anni 70
ad oggi; questo dato ha origine da alcuni studi effettuati dalla Comunità
Economica Europea confermati da successivi studi più specifici svolti a
Taranto. Questi sono tumori la cui insorgenza è correlabile all'esposizione
a sostanze cancerogene come per esempio gli IPA e il BENZENE. Infine nel
1999 si sono affilati a Taranto due interventi fondamentali.
Il primo intervento, di iniziativa della magistratura, è la perizia di cui
abbiamo parlato, un lavoro monumentale durato moltissimo tempo che ha teso
a verificare se, all'interno nonché all'esterno dell'area industriale,
sussista la diffusione di fumi, gas, vapori, polveri e sostanze nocive che,
in qualche modo, siano suscettibili di molestare, offendere, imbrattare le
persone, di superare i limiti di tollerabilità previsti dalla normativa, di
superare i limiti previsti dalle norme sull'igiene del lavoro , sia dentro
che fuori la fabbrica e comunque di danneggiare la componente atmosferica
del Comune di Taranto e del Comune di Statte. Da questa perizia potrebbe
partire un procedimento penale a carico del sig. Riva Emilio e di altri 24
imputati.
Il secondo intervento consiste in una grossa indagine epidemiologica volta
a verificare la correlabilità tra la distribuzione geografica dei casi di
tumore intorno all'area industriale e la distribuzione degli inquinanti. A
questo proposito è necessario precisare che questo secondo intervento, nato
dalla collaborazione tra il dipartimento di prevenzione della ASL TA 1 ed
il laboratorio di epidemiologia appartenente all’Istituto superiore di
Sanità, è ancora in corso di svolgimento, per cui non sono ancora
disponibili i risultati finali.
Questi due fondamentali interventi possono portare a determinare in maniera
più compiuta la distribuzione degli inquinanti, la loro entità ed il nesso
causale tra tumori, malattie e gli inquinanti stessi. Nel momento in cui
questi dati accumulati daranno una risposta a questo fondamentale quesito,
se esiste o meno il nesso causale tra una serie di patologie e di morti e
l'inquinamento, si dovrà prendere coscienza di una serie di cose. Intanto
bisogna considerare che, già da tempo, non si può più considerare
"accettabile" dal punto di vista scientifico, legale, ambientale e morale
alcun caso, nemmeno un caso, di malattia o peggio di morte legata
all'esposizione a tossici ambientali sia nei lavoratori nei quali, in
qualche modo, c'è una forma di correlazione tra l'esposizione e quindi la
retribuzione e la malattia (il che in ogni modo non giustifica
assolutamente alcun danno alla salute in quanto la salute è comunque
tutelata dalla costituzione e dalla legge), men che meno, negli individui
della popolazione generale nei quali non c'è alcuna forma di correlazione
tra l'esposizione a tossici ambientali ed una loro mansione lavorativa. Tra
l'altro la popolazione generale è composta da bambini, anziani, persone
ammalate, persone, quindi, delle quali si deve ancor di più tutelare la salute.
Se la risposta a questo quesito sarà affermativa (ed in qualche modo esiste
un minimo di ragionevole convinzione di questo) le decine, le centinaia, le
migliaia di morti che ci sono state e che forse ancora si verificano
dovranno in qualche modo portare a determinare delle soluzioni al problema
ambientale a Taranto, considerando con più forza i problemi della salute e
della prevenzione e con minor rilievo fattori occupazionali ed economici,
rimuovendo in qualche modo questo atteggiamento un po' fatalistico, quasi
che sia difficile o persino impossibile affrontare questo tipo di problemi
e fare dei cambiamenti che possano essere considerati rilevanti senza
penalizzare nessuno. Si provi a pensare per un attimo alle cose che si
possono fare. Innanzi tutto la prima cosa da fare è quella di consolidare
ancor di più questi dati: i dati ambientali, epidemiologici, sanitari di
cui disponiamo devono essere ancor di più arricchiti e devono essere resi
leggibili alla popolazione come richiede la legge, non temendo ma
auspicando il fatto che la popolazione conosca nel dettaglio queste cose.
Per esempio, è necessario arricchire alcuni dati ambientali misurati dalle
centraline di rilevamento che possiede il comune. Sostanze come il
benzopirene, il componente più cancerogeno degli IPA, non vengono rilevate
in quanto il loro rilevamento deve essere effettuato con metodi manuali.
Riferendoci poi al DPR 203/88 sul piano di risanamento ambientale tutte le
soluzione del DPR stesso devono essere almeno realizzate, alcune di queste
sono previste obbligatoriamente dalla legge e non sono ancora state
effettuate, come per esempio l'aspirazione allo sfornamento della cokeria,
prevista dal DPR 203/88 ma presente solo in alcune batterie di forni. Il
DPR prevede che tutte le batterie di forni ne siano provviste.
Non bisogna pensare di aggiungere altri impianti a quelli presenti i quali
sovrapporrebbero nuovi carichi inquinanti a quelli preesistenti: è stata
installata una nuova batteria di forni, la batteria n° 12, proclamando il
fatto che questa risulta più salubre rispetto alle altre. Ma se non si
eliminano le altre batterie quest’ultima non fa altro che aumentare il
carico inquinante già presente con altri fattori cancerogeni che comunque
vengono introdotti nell’ambiente. Sono stati fatti nuovi reparti come
quello per la cromatura dei cilindri (il cromo 6 è un’agente cancerogeno) e
quello per la zincatura a caldo, reparto che è possibile vedere passando
sulla Appia. Si parla inoltre del trasferimento della produzione a caldo da
altri stabilimenti chiusi a Taranto. A questo proposito è necessario
ricordare che tutti questi incrementi produttivi sono soggetti
all’autorizzazione degli enti locali, non passano automaticamente. Queste
cose devono essere considerate quando si considera il complessivo problema
ambientale. Non si può pensare di risolvere il problema ambientale
aumentando il carico inquinante (al quale è connessa, poi, la probabilità
di contrarre un cancro da parte degli esposti, quando si tratta di agenti
cancerogeni) e bisogna considerare il fatidico e tanto difficile problema
della eventuale diminuzione della produzione che è uno dei fattori
considerati dalla legge sulle emissioni (il DPR 203/88) come possibile
soluzione, insieme ai sistemi di abbattimento, per la diminuzione delle
emissioni. E’ necessario fare dei controlli di efficienza sui sistemi di
abbattimento. Nello specifico si prenda come esempio il camino della CET
n°2 (il camino più alto dello stabilimento, 203 m) al quale è stato
affiancato un nuovo sistema di abbattimento, una delle soluzioni previste
dal piano di risanamento ambientale, e dal quale, nonostante tutto, sembra
che fuoriesca una quantità maggiore di fumo rispetto al passato. Quindi è
necessario verificare se le soluzioni sono effettivamente efficaci, anche
quelle previste dal piano di risanamento ambientale. Qualunque investimento
di soldi, di pubblico denaro, deve prevedere un controllo della efficienza
a maggior ragione quando si parla di cose che hanno una ripercussione sulla
salute delle persone. E’ necessario effettuare i controlli degli impianti
inquinanti, specialmente degli impianti ai quali sono state apportate delle
modifiche, al fine di verificare l’effettiva efficacia delle stesse
modifiche. E’ necessario controllare le emissioni diffuse, i parchi
minerali e le emissioni di polveri ad essi connesse le quali imbrattano
tutto quello che si trova nelle vicinanze: esistono, infatti, dei sistemi
di controllo. Eventualmente è necessario considerare il modo di tenere a
freno queste emissioni diffuse.
Per ciò che riguarda le soluzioni al problema ambientale, è necessario fare
una considerazione:
se all’interno dell’ILVA e delle altre aziende del quartiere siderurgico
vengono spese cospicue risorse di denaro, risorse tecniche ed umane (di
cervelli e di professionalità) al fine di determinare sistemi per
incrementare la produzione e migliorare la resa tecnologica, risorse uguali
o superiori devono essere investite per determinare le soluzioni volte a
diminuire l’impatto ambientale. Non si può pensare di trovare soluzioni
semplici a problemi complessi, le soluzioni a problemi complessi sono
complesse e richiedono tempo ed investimenti ma, soprattutto, devono essere
fatte e finché non si capirà questa necessità anche a livello cittadino
sarà difficile arrivare in fondo a questa cosa.