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questo cibo e' cosi' transgenico che produce la sua estinzione
- To: lavoro@PEACELINK.IT
- Subject: questo cibo e' cosi' transgenico che produce la sua estinzione
- From: Andrea Agostini <lonanoda@tin.it>
- Date: Thu, 15 Feb 2001 16:56:56 +0100
dal corriere economia di lunedi 12 febbraio 2001
BIOTECH I prodotti geneticamente modificati sono «morti». Ecco come
Questo cibo è così transgenico che produce la sua
estinzione
La Monsanto ha ammesso la sua «arroganza». Ma era
ormai tardi
Promettevano di rivoluzionare l’agricoltura mondiale, di risolvere il
problema della fame nelle regioni più povere del pianeta, di creare un
nuovo, ricco filone di ricerca e di industria.Quindici anni dopo la loro
comparsa sui mercati, invece, i prodotti agricoli modificati con la
bioingegneria per renderli resistenti a insetti e muffe, più ricchi di
sostanze nutritive e capaci di rese molto maggiori di quelli tradizionali,
vengono rifiutati dai consumatori, mentre le aziende
che per crearli hanno investito in ricerca centinaia di milioni di dollari
boccheggiano. Nei Paesi anglosassoni li chiamano Gm, iniziali di
genetically modified, altrove sono i «cibi di Frankenstein». «Le
biotecnologie alimentari sono morte», ha detto al New York Times , che
riporta questa sentenza in una inchiesta sulla débâcle degli alimenti
modificati con la genetica, il dottor Henry Miller, lo
scienziato che, dal 1979 al 1994, aveva diretto il dipartimento
biotecnologie della Food and Drug Administration (Fda), l’ente
federale americano responsabile della certificazione
di cibi e medicinali. Una morte causata, è la tesi
alla quale giunge l’inchiesta dell’autorevole quotidiano
americano, più dagli errori strategici del primo e maggiore produttore di
alimenti biotecnologici, l’americana Monsanto, che
dalla potenziale pericolosità per la salute dei Gm. Lo
ha ammesso lo stesso responsabile della campagna
condotta negli anni Novanta da Monsanto per imporre i
Gm al mercato, Robert Shapiro, oggi alto dirigente di Pharmacia, il
gruppo farmaceutico americano che ha assorbito Monsanto,
stremata dalle perdite causate dalla débâcle
biotecnologica. La sua società, ha ammesso Shapiro
parlando a una conferenza di attivisti di Greenpeace, si
era resa colpevole di «condiscendenza e anche di arroganza». Shapiro,
comunque, crede nella rinascita dei Gm. Gli errori di
Monsanto, però, erano cominciati molto prima dell’arrivo di Shapiro,
all’inizio degli anni Novanta. La società, come dimostra un documento
interno del 1986 citato dal New York Times , era consapevole che l’avvento
dei Gm avrebbe provocato forti opposizioni da parte degli
ecologisti, di politici opportunisti e di giornalisti ignoranti di
biotecnologia. Lo stesso documento suggeriva una strategia
«morbida» basata sulle pubbliche relazioni e
sull’informazione. Una campagna su scala
internazionale, insomma, diretta ai politici e ai dirigenti degli enti
responsabili della salute pubblica, con la quale Monsanto
avrebbe cercato anche di convincere «le organizzazioni
che difendono il pubblico interesse, i consumatori e
gli ecologisti ad adottare posizioni favorevoli alla
biotecnologia, e a diventare consulenti» della società. In attesa di
mettere in opera questa strategia, però, i dirigenti di
Monsanto avevano forzato i tempi, immettendo sul
mercato, senza un’adeguata preparazione psicologica e
scientifica, il primo prodotto realizzato dai loro laboratori,
ossia un ormone che, favorendo la crescita dei bovini, consente
agli agricoltori di aumentare considerevolmente la
produzione di latte. Ma il latte è un alimento
destinato in larga parte ai bambini e il timore di
conseguenze negative per la loro salute aveva provocato un’immediata
levata di scudi. Con questa affrettata decisione Monsanto
aveva ottenuto l’effetto di rafforzare i movimenti
contrari alle biotecnologie alimentari e di convincere
importanti fondazioni americane a finanziare con milioni di
dollari questi stessi movimenti. L’anno dopo, nel 1987, un’altra
società americana, Advanced Genetic Sciences, aveva
cominciato a sperimentare un batterio per proteggere
le verdure dalle gelate, e le fotografie degli addetti
alla spruzzatura, vestiti con abiti protettivi che li facevano
somigliare ad astronauti, erano state pubblicate dalla stampa di
tutto il mondo. Le reazioni erano state immediate e
unanimemente negative, soprattutto in Europa.
A questo punto era arrivato sulla scena Shapiro, che aveva deciso di
utilizzare il peso economico di Monsanto per imporre al
mercato quello che i consumatori rifiutavano. E aveva
trovato nella prima amministrazione Bush un alleato.
Così, nel maggio 1992, il vice presidente Dan Quayle
aveva annunciato il «nuovo corso» del governo Usa nel
campo delle biotecnologie alimentari: essenzialmente, mano libera ai
produttori. A nulla erano valse le proteste di scienziati
governativi, che sottolineavano, nel loro memorandum
riservati, l’assenza di studi tossicologici che
garantissero senza ombra di dubbio la sicurezza dei cibi
geneticamente modificati.
Nonostante le reazioni negative dei consumatori nazionali e internazionali,
Monsanto aveva continuato a premere sul governo di
Washington anche durante l’amministrazione Clinton,
che era giunta a minacciare la guerra commerciale con
l’Europa in difesa dei cibi Gm (Mickey Kantor,
plenipotenziario di Clinton per i negoziati commerciali, amico personale di
Shapiro, è diventato membro del consiglio
d’amministrazione di Monsanto). Neanche la «linea
dura» di Washington, però, è riuscita ad abbattere il
muro eretto dai consumatori di tutto il mondo contro i «cibi di
Frankenstein». E l’industria, se non è già morta come sostiene il
dottor Miller, è sull’orlo dell’estinzione.
Umberto Venturini