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questo cibo e' cosi' transgenico che produce la sua estinzione



dal corriere economia di lunedi 12 febbraio 2001



BIOTECH I prodotti geneticamente modificati sono «morti». Ecco come

                      Questo cibo è così transgenico che produce la sua
estinzione

                      La Monsanto ha ammesso la sua «arroganza». Ma era
ormai tardi

Promettevano di rivoluzionare l’agricoltura mondiale, di risolvere il
problema della fame nelle regioni più povere del pianeta, di creare un
nuovo, ricco filone di ricerca e di industria.Quindici anni dopo la loro
comparsa sui mercati, invece, i prodotti agricoli modificati con la
bioingegneria per renderli resistenti a insetti e muffe, più ricchi di
sostanze nutritive e capaci di rese molto maggiori di quelli tradizionali,
vengono rifiutati dai consumatori, mentre le aziende
che per crearli hanno investito in ricerca centinaia di milioni di dollari
boccheggiano. Nei Paesi anglosassoni li chiamano Gm, iniziali di
genetically modified, altrove sono i «cibi di Frankenstein». «Le
biotecnologie alimentari sono morte», ha detto al New York Times , che
riporta questa sentenza in una inchiesta sulla débâcle degli alimenti
modificati con la genetica, il dottor Henry Miller, lo
scienziato che, dal 1979 al 1994, aveva diretto il dipartimento
          biotecnologie della Food and Drug Administration (Fda), l’ente
federale                      americano responsabile della certificazione
di cibi e medicinali. Una morte                      causata, è la tesi
alla quale giunge l’inchiesta dell’autorevole quotidiano
  americano, più dagli errori strategici del primo e maggiore produttore di
                     alimenti biotecnologici, l’americana Monsanto, che
dalla potenziale                      pericolosità per la salute dei Gm. Lo
ha ammesso lo stesso responsabile                      della campagna
condotta negli anni Novanta da Monsanto per imporre i
Gm al mercato, Robert Shapiro, oggi alto dirigente di Pharmacia, il
             gruppo farmaceutico americano che ha assorbito Monsanto,
stremata                      dalle perdite causate dalla débâcle
biotecnologica. La sua società, ha                      ammesso Shapiro
parlando a una conferenza di attivisti di Greenpeace, si
  era resa colpevole di «condiscendenza e anche di arroganza». Shapiro,
                 comunque, crede nella rinascita dei Gm. Gli errori di
Monsanto, però, erano cominciati molto prima dell’arrivo di Shapiro,
all’inizio degli anni Novanta. La società, come dimostra un documento
interno del 1986 citato dal New York Times , era consapevole che l’avvento
dei Gm avrebbe provocato forti opposizioni da parte degli
   ecologisti, di politici opportunisti e di giornalisti ignoranti di
               biotecnologia. Lo stesso documento suggeriva una strategia
«morbida»                      basata sulle pubbliche relazioni e
sull’informazione. Una campagna su                      scala
internazionale, insomma, diretta ai politici e ai dirigenti degli enti
                responsabili della salute pubblica, con la quale Monsanto
avrebbe cercato                      anche di convincere «le organizzazioni
che difendono il pubblico                      interesse, i consumatori e
gli ecologisti ad adottare posizioni favorevoli                      alla
biotecnologia, e a diventare consulenti» della società. In attesa di
              mettere in opera questa strategia, però, i dirigenti di
Monsanto avevano                      forzato i tempi, immettendo sul
mercato, senza un’adeguata preparazione                      psicologica e
scientifica, il primo prodotto realizzato dai loro laboratori,
        ossia un ormone che, favorendo la crescita dei bovini, consente
agli                      agricoltori di aumentare considerevolmente la
produzione di latte. Ma il                      latte è un alimento
destinato in larga parte ai bambini e il timore di
conseguenze negative per la loro salute aveva provocato un’immediata
              levata di scudi. Con questa affrettata decisione Monsanto
aveva ottenuto                      l’effetto di rafforzare i movimenti
contrari alle biotecnologie alimentari e di                      convincere
importanti fondazioni americane a finanziare con milioni di
     dollari questi stessi movimenti. L’anno dopo, nel 1987, un’altra
società                      americana, Advanced Genetic Sciences, aveva
cominciato a sperimentare                      un batterio per proteggere
le verdure dalle gelate, e le fotografie degli                      addetti
alla spruzzatura, vestiti con abiti protettivi che li facevano
        somigliare ad astronauti, erano state pubblicate dalla stampa di
tutto il                      mondo. Le reazioni erano state immediate e
unanimemente negative,                      soprattutto in Europa. 
A questo punto era arrivato sulla scena Shapiro, che aveva deciso di
              utilizzare il peso economico di Monsanto per imporre al
mercato quello                      che i consumatori rifiutavano. E aveva
trovato nella prima                      amministrazione Bush un alleato.
Così, nel maggio 1992, il vice presidente                      Dan Quayle
aveva annunciato il «nuovo corso» del governo Usa nel
campo delle biotecnologie alimentari: essenzialmente, mano libera ai
              produttori. A nulla erano valse le proteste di scienziati
governativi, che                      sottolineavano, nel loro memorandum
riservati, l’assenza di studi                      tossicologici che
garantissero senza ombra di dubbio la sicurezza dei cibi
  geneticamente modificati. 
Nonostante le reazioni negative dei consumatori nazionali e internazionali,
                     Monsanto aveva continuato a premere sul governo di
Washington anche                      durante l’amministrazione Clinton,
che era giunta a minacciare la guerra                      commerciale con
l’Europa in difesa dei cibi Gm (Mickey Kantor,
plenipotenziario di Clinton per i negoziati commerciali, amico personale di
                     Shapiro, è diventato membro del consiglio
d’amministrazione di                      Monsanto). Neanche la «linea
dura» di Washington, però, è riuscita ad                      abbattere il
muro eretto dai consumatori di tutto il mondo contro i «cibi di
         Frankenstein». E l’industria, se non è già morta come sostiene il
dottor                      Miller, è sull’orlo dell’estinzione. 
                                                  Umberto Venturini