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i veleni in agricoltura
dal manifesto di domenica 21 gennaio 2001
Agricoltura moderna e nuovi avvelenamenti
Pesticidi, atrazina, uova alla salmonella: una carrellata sugli episodi
più significativi di
attentati alla sanità pubblica italiana
ALESSANDRA BARBERIS
Pomodori quadrati e mucche pazze, polli e maiali alla diossina, Coca
Cola contaminata, hamburger al batterio. Il menù dei veleni degli ultimi
decenni è lungo e vario. Possiamo cominciare dal "pomodoro al Temik"
che in Italia fece la sua comparsa negli anni Ottanta. La Confcoltivatori
denunciò l'uso del potente insetticida-nematocida sulle coltivazioni dei
pomodori San Marzano nell'area del nolano. Gli ambientalisti
cominciarono una campagna contro la "sporca dozzina", dodici pesticidi
tra i più pericolosi. La Union Carbide, la multinazionale nota per
l'avvelenamento di Bhopal, in India, fu messa sotto accusa. Nell'estate
del 1985 i controlli alla fine sentenziarono che il Temik era stato
effettivamente usato sui pomodori - contro la legge italiana che lo
vietava - ma i residui erano in quantità non tossica. Il caso del
pomodoro al Temik fece molta impressione. La pommarola saliva sul
banco degli imputati, il San Marzano, principe della cucina genuina e
popolare, perdeva forse per la prima volta la sua credibilità. Gli italiani
scoprivano che anche il pomodoro stava diventando di plastica e si
avviavano rassegnati verso questo destino.
Ai tempi del pomodoro al Temik l'esigenza di produrre di più al minor
costo possibile era ormai venuta meno in Europa occidentale, la fame
del Dopoguerra era passata da molti anni. La stessa Comunità europea,
stanca di passare le arance sotto le ruspe, di stoccare i cereali e di
congelare il burro, si orientava verso la nuova politica agricola comune
basata sul contenimento della produzione, attraverso la messa a riposo
dei terreni, il regime delle quote agricole, i premi per l'abbattimento dei
capi. Alcuni illuminati aprivano il discorso sulla qualità, sui prodotti
tipici, sulla valorizzazione del ruolo ambientale dell'agricoltura. Ma
intanto l'agricoltura continuava a spingere sull'acceleratore delle rese
agricole e continuava a inquinare.
La fine degli anni Ottanta porta l'amara sorpresa dell'atrazina nelle
falde acquifere. Il veleno - usato per controllare le piante infestanti in
diverse colture, facilmente solubile - fu trovato in quantità superiore
alla norma nelle acque potabili del Piemonte meridionale, dove si
coltiva prevalentemente il mais per l'allevamento e dove i suoli sono
tendenzialmente sabbiosi e molto permeabili. A Casale Monferrato si
chiusero i rubinetti e arrivarono le autobotti per rifornire gli abitanti di
acqua. Nel 1987 il ministro della sanità Carlo Donat Cattin emise due
ordinanze con le quali proibiva l'uso dei principi attivi atrazina, molinate
e bentazone in via cautelativa. Con un'ordinanza del 31 marzo 1988,
firmata anch'essa da Donatt Cattin l'acqua di Casale tornò magicamente
potabile. Le soglie di rischio stabilite da un decreto dell'85 che
indicavano in 0,1 microgrammi di atrazina per litro di acqua il limite
massimo consentito non dovevano essere prese alla lettera, diceva
l'ordinanza. Secondo il ministro si trattava di obiettivi tendenziali di
qualità per le acque potabili, non di valori legati a un rischio specifico.
Nei Comuni interessati da mais in monocoltura il limite era perciò
elevato a 1 microgrammo per litro. A Casale Monferrato era tornata la
normalità.
Nel 1989 la Gran Bretagna scoprì invece che gran parte delle uova
prodotte negli allevamenti di tipo intensivo erano infettate dalla
Salmonella. Gli allevamenti industriali non garantivano quindi condizioni
igieniche sicure, malgrado l'abbondante somministrazione di
medicamenti agli animali e la meccanizzazione dell'asporto delle uova.
In realtà la sovrappopolazione dei capannoni per l'allevamento avicolo
aiuta la diffusione delle infezioni e le epidemie di salmonellosi tra le
galline sono piuttosto frequenti. Nel 1998 nel napoletano sono stati
abbattuti oltre 4.000 polli infettati dalla salmonella. A Hong Kong
invece tra dicembre 1997 e gennaio 1998 è stata necessaria una strage
che ha eliminato tutti i polli dell'area: un virus influenzale aveva
contaminato gli allevamenti e, passato all'uomo, aveva ucciso sette
persone.
Il resto è storia più recente. Tra il 1996 e il 1997 il batterio Escherichia
Coli ha seminato il terrore in Scozia: un ceppo particolarmente maligno
di questo microrganismo - normalmente presente nell'intestino e molto
usato come cavia da laboratorio - ha infettato hamburger industriali
prodotti con scarsa igiene, facendo ammalare 400 persone e provocando
20 morti.
Il 1999 è stato un anno particolarmente tossico. Il Belgio si è trovato al
centro di una serie di scandali alimentari, che si sono aggiunti ad altri
guai dando al paese un'aria sinistra. Nei polli sono stati scoperti residui
di diossina, derivanti probabilmente da sostanze grasse di dubbia
provenienza aggiunte ai mangimi. La diossina si è estesa poi alle uova,
ai maiali, al latte. Poco dopo è toccato alla Coca Cola prodotta in
Belgio, colpevole di una misteriosa intossicazione. Infine è toccato al
governo belga, sostituito da una nuova coalizione nella quale
debuttavano i Verdi.
Intanto la mucca pazza continuava la sua cavalcata per l'Europa.