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ACCIAIO SENTENZA SHOC IL TAR SPEGNE IL FORNO ELETTRICO



DA REPUBBLICA DI MARTEDI 30 GENNAIO 2001


                            Acciaio, sentenzachoc
                            il Tar spegne il forno 

                                BRUNO PERSANO 

                     L’ACCORDO di programma, così com’è, non
                     ha alcun valore. La realizzazione del forno
                     elettrico va respinta perché contraria alle leggi in
                     vigore. Le intese raggiunte faticosamente fra
                     tutte le parti in causa non hanno tenuto conto
                     delle norme e quindi sono nulle, almeno per la
                     parte che prevede la produzione di acciaio
                     attraverso il forno elettrico. Lo dice il Tribunale
                     amministrativo. Il ricorso di 32 genovesi blocca
                     la trattativa sulla riconversione industriale a
                     Cornigliano. "Niente caldo", scrive il giudice,
                     "neppure il forno elettrico". Ventidue pagine per
                     spiegare che l’Accordo di programma e il
                     decreto presidenziale della Regione che rende
                     esecutivo il contratto, sono decaduti. 
                     C’è una palese contraddizione tra l’Accordo di
                     programma e la legge sulla tutela ambientale del
                     ‘98. L’Accordo parla di "chiusura del ciclo
                     integrale di produzione" usando una locuzione
                     che, a parere del giudice, è "riduttiva" rispetto
                     alla formulazione della legge che ordina invece la
                     "chiusura delle lavorazioni a caldo". "In
                     concreto — è scritto nella sentenza — le attività
                     produttive a caldo si identificano con le
                     lavorazioni a ciclo integrale". L’uno è sinonimo
                     dell’altro, quindi: se la legge dice "niente caldo",
                     l’Accordo non può lasciare spazio neppure ai
                     forni elettrici. Giuridicamente la sentenza del
                     Tribunale amministrativo riforma l’Accordo
                     solo nella parte dove il contratto lascia spazio
                     all’alternativa del forno elettrico, ma cancellando
                     l’ipotesi di Riva, l’intero documento resta
                     svuotato dell’incastellatura che lo reggeva.
                     Ineccepibile il ragionamento del giudice:
                     l’Accordo deve sottostare alla legge del
                     Parlamento; se non ricalca i presupposti, è
                     illegittimo. Il relatore bacchetta anche la Regione
                     quando si tratta di giudicare il punto di vista i
                     legali di via Fieschi. Riferendosi alla legge 426
                     del ‘98, è scritto: "Con tale chiarezza legislativa,
                     non appare sostenibile la posizione della
                     Regione. La legge non poteva essere interpretata
                     diversamente". 
                     L’articolo a cui si riferisce il relatore è il 4,
                     comma 9, prima parte. Così è scritto nella legge:
                     L’autorità portuale di Genova è incaricata di
                     realizzare programmi di razionalizzazione e
                     valorizzazione delle aree che rientrano nella sua
                     disponibilità a seguito della cessazione del
                     rapporto di concessione derivante dalla chiusura
                     delle lavorazioni siderurgiche a caldo". 
                     Il Tar, equiparando il forno elettrico ad una
                     lavorazione a caldo, sancisce che ogni accordo
                     che preveda una continuazione della lavorazione
                     a caldo, sia pure con forno elettrico anziché con
                     altoforno, contrasta con la norma primaria
                     voluta dal Parlamento. 
                     Il ricorso al Tar contro l’accordo di programma
                     era stato presentato il primo gennaio 1999. Alla
                     vigilia dell’udienza, fissata per il 30 marzo 1999,
                     la giunta Mori aveva approvato un decreto che
                     dava esecutività all’Accordo. Il ricorso fu
                     quindi riformulato e ripresentato nell’aprile
                     1999. L’udienza del Tar nella quale è stato
                     discusso la causa è di appena dieci giorni fa. 
                     La sentenza risponde ad altre due domande che
                     erano contenute nel ricorso: risarcimento danni e
                     legittimità delle firma del consigliere regionale
                     Gianfranco Gadolla nel ricorso. Al primo
                     quesito, il Tar risponde con un no secco: niente
                     soldi "perché l’Accordo di programma non è
                     ancora posto in essere quindi è impossibile
                     individuare il danno". Illegittimo anche il
                     coinvolgimento di Gadollla "perché il consigliere
                     non è titolare di interesse da salvaguardare". Gli
                     altri 31 ricorrenti un interesse invece lo avevano
                     e legittimo: sono commercianti e residenti che
                     vivono a Cornigliano. 

                           E Biasotti affila le armi
                     oggi l’annuncio di un nuovo ricorso 
                       Verrà chiesto il risarcimento danni per la
                     mancata chiusura dell’altoforno prevista per il
                                  19 gennaio 


                     Biasotti affila le armi e annuncia un nuovo
                     ricorso al Tar. Stamane, in consiglio regionale, il
                     presidente della Regione dichiarerà la sua
                     volontà a ricorrere al Tribunale amministrativo
                     per chiedere la risoluzione dell’Accordo e il
                     risarcimento dei danni provocati dalla mancata
                     chiusura dell’altoforno prevista per il 19
                     gennaio. 
                     L’attenzione resta però puntata sulla sentenza
                     depositata ieri in cancelleria. 
                     Il pronunciamento del giudice riguarda sia il
                     ricorso presentato contro l’Accordo di
                     programma del novembre ‘99, sia il decreto del
                     Presidente della Giunta regionale che ha reso
                     esecutivo il contratto. È una sentenza su ricorsi
                     riuniti, giustificata dalla similitudine degli
                     argomenti contestati. 
                     "Secondo i ricorrenti — è scritto nella sentenza
                     — la chiusura del ciclo integrale contenuto
                     nell’Accordo di Programma lascerebbe intatto
                     la possibilità per l’Ilva di continuare a produrre
                     acciaio mediante il forno elettrico che, seppure è
                     di minore impatto ambientale non porterebbe
                     sensibili benefici". "Obiezione condivisibile",
                     scrive il giudice.
                     La pubblicazione della sentenza lascia spazio a
                     scenari diversi. Sicuramente le parti, a
                     cominciare dai ministeri coinvolti (Industria,
                     Ambiente, Trasporti e Lavoro), proporranno
                     appello al Consiglio idi Stato. I legali dovranno
                     decidere se presentare nel frattempo una
                     richiesta di sospensiva alla sentenza. La
                     sospensiva è un atto più veloce della sentenza,
                     che sospende in modo cautelare il dispositivo e
                     rimanda ad una discussione successiva il merito
                     dell’appello. Generalmente una nuova sentenza
                     del Consiglio di Stato impiega anche un anno o
                     più per essere pronunciata; un’ordinanza di
                     sospensione, quattro, cinque settimane. Nel
                     frattempo, con il no al forno elettrico l’intera
                     impalcatura dell’Accordo di programma è
                     sgretolata.
                     (b.p.) 


                            La Commissione Via
                           presenta i suoi "dubbi" 
                       In arrivo il parere dei tecnici sull’impatto
                                  ambientale 
                                 da VIa Fieschi 


                     E TRE. Anche la Commissione Via, di
                     Valutazione di Impatto Ambientale, si appresta a
                     dare il suo giudizio. Dopo quello negativo dei
                     tecnici del Comune che hanno espresso forti
                     riserve sul piano industriale di Riva. Dopo la
                     sentenza del Tar di ieri, oggi potrebbe essere la
                     giornata fatale per il progetto di riconversione
                     presentato dall’industriale dell’acciaio. 
                     Non ci sono stati comunicati e dichiarazioni
                     ufficiali nella giornata di ieri, che nella mattinata
                     ha visto tutti i tecnici di Regione, Comune e
                     Provincia a consulto con la Commissione Via.
                     A tarda sera la dottoressa Minervini ha detto che
                     sulla riunione non avrebbe potuto dire nulla e
                     che solo oggi, alle 9, presenterà alla Regione il
                     verdetto. Secretato. Ma in via Fieschi anche i
                     muri parlano e le voci insistenti, ma anche vicine
                     alle stanze dei bottoni, bisbigliano che la
                     commissione avrebbe già espresso grandi
                     perplessità sul piano industriale. Dovrebbe
                     formalizzare la richiesta di integrazioni, ritenendo
                     tutto il progetto "carente di documentazione".
                     Tradotto, quello di oggi potrebbe essere il terzo
                     stop per Riva. Anche se finora non si può
                     parlare di vere bocciature. Ma di pareri, peraltro
                     consultivi e non vincolanti. La decisione finale
                     spetta infatti alla Commissione Via nazionale, al
                     ministero dell’Ambiente.
                     Comunque, cosa potrebbe succedere da oggi in
                     poi? Intanto Sandro Biasotti e la sua giunta ieri
                     sera hanno studiato "gli elementi che dovranno
                     portare alla rescissione del contratto" dopo la
                     sentenza del Tar. Perciò il presidente della
                     Regione oggi chiederà una verifica di
                     maggioranza al Consiglio. Di pari passo, visti i
                     pareri della Commissione Via regionale,
                     l’assemblea di via Fieschi dovrà dare un
                     giudizio politico: il Consiglio si è infatti
                     dichiarato sovrano nel decidere la vertenza
                     dell’acciaio. 
                     Gli scenari da oggi potrebbero essere due: da
                     una parte il Tar annulla l’accordo di programma
                     e dall’altra la Regione lo ritiene decaduto e
                     dichiara nulli tutta l’istruttoria e i pareri del Via
                     regionale; oppure, Biasotti, ritira la firma
                     dall’intesa, ma inoltra ugualmente il piano
                     industriale al Ministero. 
                     (g.fil.) 

                                Legambiente
                               "No al piano" 
                                  la protesta 


                     Il presidente nazionale di Legambiente, Ermete
                     Realacci, ha sottoscritto le osservazioni negative
                     formulate dal comitato ligure di Legambiente e
                     dall’associazione «Per Cornigliano» al piano di
                     riconversione industriale dell’Ilva. In una lettera
                     spedita ai responsabili dei procedimenti di Via
                     nazionale e regionale, oltre che al ministro
                     Bordon e al presidente Biasotti, Ermete Realacci
                     ha sottoscritto le contestazioni al piano dell’Ilva,
                     formulate dagli esperti delle due associazioni, e
                     la richiesta al ministero dell’ambiente e alla
                     Regione Liguria di «bocciatura per totale
                     insostenibilità ambientale, economica e sociale
                     di questo progetto».