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le paure del 2000
LE MONDE diplomatique - Dicembre 2000
Le paure del 2000
di Ignacio Ramonet
«Nella storia delle collettività, afferma lo storico
Jean Delumeau, le paure cambiano, ma la paura
resta (1).» Fino al XX secolo, le sciagure umane
erano causate per lo più dalle forze della natura -
intemperie, devastazioni, carestie - e da flagelli
quali la peste, il colera, la tubercolosi, la sifilide.
L'umanità era circondata da costanti minacce. Le
disgrazie erano in agguato quotidianamente.
La prima metà del XX secolo fu segnata dalle due
spaventose guerre del 1914-1918 e del 1939-1945.
La morte su scala industriale, le distruzioni di
massa, i campi di deportazione e di sterminio. In
Europa occidentale, la seconda metà del secolo è
stata caratterizzata dal progressivo spegnersi di
conflitti armati mentre si affermava una prosperità
quasi generale. Le condizioni di esistenza sono
migliorate in maniera spettacolare, e la speranza di
vita ha raggiunto un livello senza precedenti.
Un giorno gli storici delle mentalità si chiederanno
quali fossero le paure del 2000. E scopriranno che al
posto di quelle di ordine politico o militare (conflitti,
guerre, terrore atomico) sono subentrate paure di
carattere ecologico (sconvolgimento della natura e
dell'ambiente), personale (salute, alimentazione) o
di identità (procreazione artificiale, ingegneria
genetica).
Queste nuove paure - e in particolare le ansie
suscitate dalla malattia della «mucca pazza» e dagli
organismi geneticamente modificati (Ogm), nascono
dalla delusione, dal disincanto nei confronti
dell'evoluzione tecnica. L'utilità del progresso
scientifico, assorbito dal mondo economico e
fortemente strumentalizzato dalle imprese
essenzialmente avide di profitto, non appare più
tanto evidente. Troppe volte la confusione tra
interesse pubblico e interessi industriali si è risolta
a vantaggio di questi ultimi. E in questi ultimi
vent'anni la voga dei neoliberismo, l'idolatria del
mercato, il riemergere di situazioni di grave
precarietà e di stridenti disuguaglianze sociali hanno
contribuito a rafforzare l'idea che il progresso tecnico
abbia tradito la promessa di migliorare la sorte di
tutti. Ognuno di noi ha potuto constatare che le
istituzioni responsabili di garantire la sicurezza
(parlamento, governo, esperti), hanno più volte
mancato alla loro missione, dando prova di
imprudenza e di negligenza. Tra l'altro, i «decisori»
si sono abituati a ipotecare le sorti della collettività
senza curarsi di chiedere preventivamente il parere
degli interessati, cioè dei cittadini. Sono stati così
alterati i termini del patto democratico (2).
Conseguenza: un sospetto tenace si è venuto
insinuando sistematicamente nelle menti. Con una
tendenza crescente a rifiutare di delegare a questi
«responsabili» il potere di mettere a repentaglio la
sorte collettiva autorizzando pratiche fondate su
innovazioni scientifiche rischiose e
insufficientemente sperimentate. Una nuova
diffidenza investe gli apprendisti stregoni del neo-
scientismo.
Di fatto, le clamorose rivelazioni su alcuni «flagelli
silenziosi» hanno dimostrato a posteriori la tragica
incompetenza delle autorità e degli esperti. Non solo
il caso del sangue contaminato, ma anche quello
dell'amianto, che in Francia provoca oggi circa 10mila
morti l'anno tra gli operai. O le infezioni
nosocomiali, cioè contratte durante una degenza in
ospedale, responsabili di circa 10mila decessi l'anno
(più di quelli dovuti agli incidenti stradali, che nel
1999 sono stati 8.487). Altri dati ci informano che
l'inquinamento atmosferico, dovuto per il 60% ai
trasporti su gomma, provoca ogni anno in Francia il
numero veramente allucinante di 17mila morti
premature (3), mentre i decessi dovuti alla diossina,
sostanza cancerogena emessa dagli inceneritori di
rifiuti solidi urbani, sono annualmente tra 1.800 e
5.200 (4).
Basta leggere il recente rapporto di un'inchiesta
svolta in Gran Bretagna, pubblicato il 26 ottobre
2000, sull'epizootia da encefalite spongiforme
bovina (Bse), per comprendere l'attuale diffidenza
delle società europee nei confronti della carne
bovina. Misure aberranti, avallate da «esperti», sono
state adottate in spregio alle leggi della natura (5)
e dei più elementari principi cautelativi. Poi, quando
è apparso evidente che la malattia si estendeva e si
propagava agli esseri umani, è stato un succedersi
di menzogne e di dissimulazioni.
A fronte dei ritardi, delle smentite, delle
mistificazioni e dell'atteggiamento irresponsabile
delle autorità, l'opinione pubblica britannica non
poteva che sentirsi ingannata. E dato che in tutto il
resto dell'Europa il comportamento delle autorità
non è stato sostanzialmente diverso, perché mai i
cittadini non dovrebbero dar prova di un'identica
diffidenza?
Soprattutto quando, come in Francia, possono
constatare che in materia di Ogm è già stata
autorizzata la commercializzazione di alcune varietà
di mais transgenico.
Non parliamo dunque di psicosi della sicurezza
assoluta o del rischio zero, ma della legittima
preoccupazione dei cittadini per la priorità troppe
volte attribuita dai poteri pubblici ai gruppi
economici o agli egoismi corporativi, anziché al bene
comune e all'interesse generale. La definizione del
rischio accettabile, che si pretende di delegare agli
«esperti», non riguarda forse noi tutti?
note:
(1) Jean Delumeau, Les Malheurs des temps, Larousse, Parigi, 1987.
(2) Leggere Olivier Godard, «De la nature du principe de précaution»,
in Le principe de précaution. Significations et conséquences, sotto la
direzione di Edwin Zaccai e Jean-Noël Missa, Editions de l'Université de
Bruxelles, Bruxelles, 2000.
(3) Due droghe lecite, veri flagelli sociali, provocano in Francia un
numero di vittime ancora maggiore: l'alcool e il tabacco, responsabili
rispettivamente di 42.963 e 41.777 decessi (cifre del 1997).
(4) Tra il 1975 e il 1995, con il moltiplicarsi degli inceneritori di
rifiuti in
Francia, il numero dei casi di cancro è aumentato del 21% tra gli uomini e
del 17% tra le donne.
(5) Fin dal 1923, Rudolf Steiner, ispiratore dell'agricoltura biodinamica,
metteva in guardia dai pericoli della trasformazione dei bovini in
carnivori.
Le Monde, 6 maggio 1996.