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novita'su variante di valico e ponte sullo stretto



dal sole24ore di giovedi 14 dicembre 2000
                  Primo scontro sulla variante di valico,
                  il Ponte sullo sfondo 

                  ROMAAvrà un bel da fare Francesco Rutelli per tenere
                  insieme la maggioranza di Centro-sinistra da qui alle
                  elezioni sul tema spinosissimo delle grandi opere. Il
rischio
                  che il Governo e i gruppi politici che lo sostengono
diano vita
                  a un teatrino poco edificante è molto alto. E anche il
                  presidente del Consiglio, Giuliano Amato, non ha ancora
                  scelto da che parte stare nella disputa che già è scoppiata
                  tra i suoi ministri.

                  L’evoluzione più probabile sembra, ancora una volta, la
                  paralisi decisionale, magari ammantata di un compromesso
                  formale, come fu quello Ronchi-Di Pietro dell’estate 1997
                  sulla variante di valico. Un compromesso tipicamente
                  politico, più fumo che arrosto, visto che la soluzione della
                  "variantina" si è rivelata tecnicamente impraticabile.

                  Il più decisionista di tutti è il ministro dei Lavori
pubblici,
                  Nerio Nesi, che chiede scelte immediate almeno su quattro
                  infrastrutture di interesse nazionale: la variante di valico
                  autostradale tra Firenze e Bologna, il tunnel di Mestre, il
                  Mose di Venezia e il Ponte sullo stretto di Messina. Nesi
                  dice già da tre mesi di volerle portare al più presto al
                  Consiglio dei ministri, soprattutto le prime due. Ma neanche
                  oggi, dopo il balletto della scorsa settimana
                  sull’approvazione della variante di valico, compare
all’ordine
                  del giorno della riunione collegiale di Governo.

                  Ieri il ministro dei Trasporti, Pier Luigi Bersani, che
nei mesi
                  scorsi, con il Piano generale dei trasporti, si è
sforzato di
                  mettere l’accento sulla necessità di potenziare i servizi
                  logistici a infrastrutture date, prima ancora che sulle
nuove
                  infrastrutture, ha spezzato ieri, al Motorshow di
Bologna, una
                  lancia in favore della variante. Ma ha anche detto che
                  occorre «ascoltare» il territorio, perché «si possono
leggere
                  le cose non solo dall’esigenza dell’automobilista o del
                  camionista, ma anche dall’esigenza del territorio dove andrà
                  la struttura».

                  Resta comunque ferma la posizione del ministro
                  dell’Ambiente, Willer Bordon: «Se il progetto della
variante è
                  nuovo, occorre rifare la valutazione d’impatto
ambientale» ha
                  detto. Ma per il ministero dei Lavori pubblici, abbandonata
                  l’ipotesi della variantina di 18 chilometri, il progetto
torna a
                  essere quello del 1992, «sia pure adeguato ai tempi».

                  Vale la pena di ricordare che tutte queste opere mancano
                  ancora dei progetti esecutivi e, in alcuni casi, anche dei
                  definitivi. E che un buon progetto esecutivo di opere tanto
                  complesse richiede non meno di 12-18 mesi. Non è vero,
                  quindi, che la decisione del Governo Amato ha in palio
                  l’apertura dei cantieri.

                  All’apertura dei cantieri si arriverà, qualora la decisione
                  fosse positiva, in non meno di due o tre anni: nel caso del
                  Ponte, mancherebbero ancora il piano
                  economico-finanziario, la conferenza di servizi, le gare per
                  gli appalti. Pur volendo accelerare tutti i tempi
possibili, sarà
                  forse il prossimo Governo, se riuscirà a durare in carica
per
                  cinque anni, a posare la prima pietra, retorica a parte.

                  L’esperienza dell’Alta velocità dovrebbe insegnare: anche la
                  recente legge di riforma della Conferenza di servizi può
                  effettivamente accelerare i tempi soltanto se il progetto
sarà
                  un buon progetto, che abbia affrontato tutti i nodi
decisionali
                  e sia largamente condiviso sul territorio. Se questa
                  condizione non c’è, non c’è accelerazione procedurale che
                  possa sbloccare le opere.

                  Anche il rapporto presentato dagli advisor sul Ponte dello
                  Stretto (si tratta di un raggruppamento cui partecipano
                  Coopers&Lybrand srl, Pricewaterhouse Coopers, Sic Spa,
                  Sintra Srl, Certet Università Luigi Bocconi) potrebbe non
                  accelerare troppo le decisioni, che pure dovrebbero essere
                  assunte entro 45 giorni dalla consegna, vale a dire nei
primi
                  giorni del 2001. Il ministero dei Lavori pubblici, che ha
                  commissionato il lavoro, sta verificando che lo studio
                  presentato abbia risposto a entrambi i quesiti formulati
                  nell’incarico: se il Ponte sia fattibile sotto il profilo
                  economico-finanziario, ambientale e trasportistico; se siano
                  fattibili le alternative al Ponte, autostrade del mare e
                  aeroporti.

                  Alcuni rilievi mossi dal ministero nei giorni scorsi fanno
                  pensare che Nesi e i suoi collaboratori non siano del tutto
                  convinti che l’advisor abbia svolto il compito al meglio,
                  soprattutto nell’esame delle soluzioni alternative. Il
costo del
                  Ponte, comunque, è già cresciuto dai 7.200 miliardi previsti
                  a lire 1997 (allacci stradali e ferroviari compresi) oltre i
                  diecimila miliardi.

                  Giorgio Santilli