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Legambiente-Slow food: sapori perduti



26 Ottobre 2000 

    LEGAMBIENTE E SLOW FOOD ALLEATE A BRUXELLES 

    Potrebbe chiamarsi ufficio dei sapori perduti o, con maggior rigore,
agenzia per la difesa dell'ambiente e della salute dei cittadini, per lo
sviluppo della tipicità e della tradizione enogastronomica del nostro
Paese. Nei fatti sarà anche molto di più: una lobby del gusto, una
sentinella dell'ambiente al servizio di consumatori, operatori e aziende
del settore che ha come obiettivo quello di contribuire attivamente
all'evoluzione e alla promozione del nuovo modello alimentare europeo.
Eccole le principali linee-guida del nuovo Ufficio Europeo che Legambiente
e Slow Food hanno da poco aperto a Bruxelles. Dal Salone del Gusto di
Torino i presidenti nazionali delle due associazioni, Ermete Realacci e
Carlo Petrini, hanno oggi illustrato caratteristiche e finalità
dell'iniziativa, cogliendo l'occasione della presentazione ufficiale del
progetto "Arca del Gusto e Presidi Slow Food". Subito l'Ufficio Europeo
Legambiente-Slow Food dovrà misurarsi con una questione assai delicata per
un prodotto tipico del "made in Italy": il vino biotech. Come noto
l'Europarlamento ha approvato martedì a maggioranza a Strasburgo un
provvedimento che consente, per la produzione vinicola, l'uso di "materiali
di moltiplicazione vegetativa della vite" geneticamente modificati. In
parole povere nel bicchiere potrebbe finire un barbera o un chianti, un
pinot o un barolo nostrano manipolato geneticamente. Si prepara dunque già
una forte opposizione al provvedimento, a partire da una pressante
richiesta indirizzata al consiglio dei ministri dell'agricoltura Ue, cui
ora passa la palla, di rovesciare completamente l'insensata posizione
pro-ogm di Strasburgo. La struttura - coordinata da Mauro Albrizio - è una
naturale risposta alla crescente importanza delle norme Ue in campo
alimentare ed è contestualmente un necessario rafforzamento "continentale"
delle tradizionali attività di Slow Food e Legambiente. Le due
associazioni, infatti, negli ultimi anni hanno posto sempre più al centro
della loro azione la valorizzazione della nostra "economia doc", fatta di
un patrimonio culturale unico e irriproducibile, della ricchezza
rappresentata da centinaia di centri storici, delle produzioni
agroalimentari tipiche, del prezioso intreccio tra natura e cultura
incarnato in particolare nelle aree protette e soprattutto in quelle
interne e montane. Settori questi dove la "dimensione europea" - come detto
- sta diventando determinante. Basta pensare al proposito al Libro Bianco
della Commissione Europea sulla Sicurezza Alimentare nel quale sono
delineate più di 80 nuove iniziative legislative che nei prossimi anni
avranno un forte impatto sullo sviluppo delle nostre produzioni tipiche e
quindi anche sul nostro territorio rurale. Non va poi assolutamente
trascurata la minaccia, anzi il rischio concreto, che una sempre più
invadente omologazione industriale, la pressione degli Ogm, leggi
iperigieniste, degrado ambientale e grande distribuzione schiaccino i
prodotti rappresentativi della nostra eccellenza gastronomica. E alla
perdita di sapori, laddove scompare la piccola produzione tipica, si
associa sul territorio una perdita di qualità ambientale e, sotto l'aspetto
sanitario, una perniciosa sostituzione dei "cibi sani" con i prodotti di
una agricoltura e di una zootecnia sempre più artificiale, fatta di
fertilizzanti e pesticidi e da una perdita costante di biodiversità. In
questo contesto appare di grande importanza il confronto sulla promozione
del modello alimentare europeo avviato lo scorso settembre nel Consiglio di
Biarritz. Secondo i quindici ministri dell'agricoltura deve esserci un
approccio integrato "dai campi alla tavola" fondato sui principi di
diversità, qualità e sicurezza dei prodotti agroalimentari. Proprio in
questa ottica si pensa anche di finalizzare gli aiuti comunitari alla
sottoscrizione di un "contratto di qualità" con gli agricoltori europei.
Una grande opportunità, questa, per il nostro paese, che Legambiente e Slow
Food intendono cogliere a pieno, grazie alla loro presenza organizzata a
Bruxelles.