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energia:onda su onda fino alla lampadina
dal manifesto di mercoledi 27 settembre 2000
Onda su onda, fino alla lampadina
FRANCO CARLINI
In Scozia in queste settimane viene inaugurato un impianto per produrre
energia elettrica a partire dalle onde del mare. Si chiama Limpet ed è
stato realizzato a Islay, nelle isole Ebridi. Produrrà solo 500 kilowatt (a
malapena bastanti per il fabbisogno di 300 abitazioni), ma tuttavia è
importante per almeno due motivi. Il primo è che se avrà successo,
allora l'idea da molti accarezzata di estrarre energia elettrica da quella
meccanica del mare potrebbe infine prendere consistenza e credibilità.
Teoricamente è certa e provata; in vasca e nei prototipi lo si è già fatto,
ma altro è avere un impianto funzionante e a regime. In passato le
speranze erano state affidate a un altro esperimento, quello di Osprey,
che però venne distrutto nel 1995 dalla furia delle onde. Osprey
prometteva una maggiore potenza, pari a due megawatt, ma differiva
per un elemento fondamentale: era in mare aperto, mentre Limpet è
collocato sulla costa e ospitato in solide costruzioni di cemento.
Qui appunto si apre la discussione, con le relative colonne dei pro e dei
contro. In entrambi i casi il fenomeno fisico sottostante è quello che i
tecnici chiamano Owc (colonna d'acqua oscillante). Si tratta di
incanalare le onde in movimento in un condotto; all'interno di esso
l'energia meccanica viene imprigionata per comprimere e dilatare l'aria e
questa alternanza di movimenti viene utilizzata per muovere una
turbina, la quale a sua volta genera elettricità.
Se si opera al largo, su fondali di almeno 40 metri, l'energia convogliata
da ogni metro lineare del fronte ondoso è elevata, pari a 70 kilowatt;
nei pressi della costa, invece, ne sono disponibili solo venti per la
successiva trasformazione. D'altra parte, come testimonia la storia di
Osprey, una costruzione in mare aperto è più costosa a realizzarsi e
soggetta a maggiori rischi di rottura; e poi richiede lunghi cavi elettrici
per immettere l'elettricità in rete. "Abbiamo bisogno di un successo, per
far vedere che la tecnologia può funzionare e che non stiamo facendo un
altro Osprey", ha dichiarato alla rivista New Scientist uno dei
responsabili del progetto, Richard Yemm, di Edimburgo.
Una strada intermedia tra gli impianti terrestri e quelli marini viene
tentata dall'azienda australiana Energetech. A Port Kembla, 80
chilometri a sud di Sydney, stanno costruendo un impianto che dovrebbe
cominciare a funzionare nel prossimo maggio; è solidamente basato sul
terreno della costa ma, per aumentare l'energia che raccoglie, davanti
alle sue imboccature sono stati costruite delle sorta di canalizzazioni a
forma parabolica che aumentano fino a tre volte l'altezza delle onde in
arrivo: è un po' come se davanti a un orifizio venisse posta una lente
che focalizza e concentra le perturbazioni in arrivo. Non solo: le pale
delle turbine sono regolabili (ci pensa un computer, automaticamente)
per massimizzare la trasformazione dell'energia, sfruttando il più
possibile quella in entrata.
Un altro progetto è in corso in Romania, per opera di un'azienda
olandese: un cilindro pieno d'aria è fissato al fondo marino e le
oscillazioni che muovono le turbine sono anche in questo caso prodotte
dal passaggio delle onde.
I costi sono tuttora elevati; l'energia di Limpet verrà inserita nella rete
elettrica al prezzo di 5,95 pence per kilowattora, mentre quella prodotta
con le centrali tradizionali costa solo 2,5 pence. Ma i progettisti sono
ottimisti, perché una volta che una tecnologia risulti provata e
affidabile, allora anche i suoi costi sono destinati a diminuire. Citano a
esempio positivo il caso dell'energia eolica, che inizialmente costava
dieci pence e che oggi viene prodotta sotto i due. Per questi motivi il
debutto di Limpet verrà seguito con attenzione anche dall'Unione
europea, che ha parzialmente finanziato il progetto. Tutti gli esperti
sanno infatti che ormai la tendenza storica del petrolio è alla crescita;
l'unica strada sensata è provarle tutte (le fonti alternative) e investire
pesantemente nelle più promettenti, anche se bizzose e violente come
le onde dell'Atlantico.