[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]

non sparate sul dna , please



da alias di sabato 24 giugno 2000

NON SPARATE SUL DNA, PLEASE
biotecnologie e biodiversita'
di marcello buiatti

Quando si discute di biotecnologie applicate all'agricoltura, tutti si
interrogano sui rischi per la salute umana, molti di meno su quelli per
1'ambiente, relativamente pochi sulle conseguenze socioeconomiche e sui
rapporti Nord=Sud. Quasi nessuno nota gli scarsi successi della nuova
tecnologia (3 0 4 prodotti veramente sul mercato dopo quasi 20 anni di
investiInenti e di ricerca) chiedendosi se questa situazione non sia anche
derivata da errori nelle strategie di ricerca delle imprese leader,
desiderose di guadagnare molto e in tempi brevi per recuperare almeno parte
degli investimenti.
A me pare che risulti evidente una forte discrepanza fra quello che si sa
delle dinamiche della vita e i modi con cui si tenta di cambiarle. Ora, gli
esseri viventi sono costituiti da elementi collegati fra loro in una rete
che é in continuo cambiamento per rispondere alle modificazioni dei
contesri intemo ed estemo. In particolare i fattori ereditari (i geni)
portano ognuno 1'informazione per la costruzione di uno strumento (una
proteina). Una notevole parte delle proteine (gli enzimi), sono capaci di
riconoscere molecole più piccole, complessarsi con esse, e modificarle. Ad
esempio nei nostri occhi, il colore scuro é dato da una piccola molecola
(chiamiamola A) che deriva dalla trasformazione di un precursore (B) da
parte di un enzima. A sua volta il precursore viene da una molecola C
modificata da un altro enzima, e così via. In altre parole, la molecola
colorata é il risultato di una lunga e ramificata catena di eventi ognuno
dei quali é mediato da un enzima a sua volta «codificato», come si dice, da
un gene.
E' owio da questo che se io interrompo la catena, rendendo inattivo il gene
che codifica per il primo enzima, impediro' che awengano tutte le
trasformazioni a valle e influenzero' quindi una parte della rete tanto
piu'grande quanto più importante é il gene che colpisco. Qualcosa di simile
può anche succedere se io non elimino il gene ma faccio sì che funzioni
molto di più o molto di meno di quanto era previsto. In altre parole,
perché la vita si svolga bene c'é bisogno di un fine equilibrio fra le
intensità di espressione dei diversi geni i quali fra 1'altro non
«lavorano» sempre, né in tutte le cellule, ma solo quando ce n'é bisogno.
Il pigmento nero infatti é presente nell'occhio e sulla pelle ma la sua
quantità può variare a seconda del livello di esposizione alla luce solare.
Ogni gene infatti ha a monte un pezzo di Dna che serve a modularne I'azione
ma non a modificarne la qualità.
L'importanza del ruolo del Dna regolatore e' evidente se si pensa che
nell'uomo solo il 7-8% del corredo genetico e' fatto di geni mentre il 92%
ha funzione regolatrice o ignota. Dei 100.000 geni che abbiamo inoltre,
solo due o tremila si esprimono in ogni cellula . Da tutto questo appare
evidente che ogni intervento dall'esterno dovra' tenere conto della estrema
complessita' e vulnerabilita' del sistema che si é armonizzato durante il
processo evolutivo raggiungendo un fragile equilibrio dinamico. Non é
allora davvero consigliabile intervenire «a martellate» modificando
porzioni vitali della rete mediante 1'introduzione di geni che provengono
da organismi molto diversi e lontani dal punto di vista evolutivo,
soprattutto se si vuole ottenere una razza o una varietà con buone
caratteristiche produttive.
La «martellata» non funzionerà per aumentare la quantità di prodotto ma
ancora meno per modificame la qualità, il cui miglioramento dipende dalla
nostra capacità di fare produrre di più sostanze ad alto valore nutritivo e
che accentuano i sapori e gli odori graditi e di meno altre ad effetto
negativo per 1'uomo o comunque non apprezzato. Tutto questo é noto a chi ha
da sempre cercato di migliorare la produzione incrociando individui della
stessa specie in animali e piante o anche di specie diverse ma interfeconde
nel caso di queste ultime, per poi scegliere i migliori fra i prodotti
dell'incrocio.
E lo sanno anche i biotecnologi i cui tentativi di migliorare la qualità
sono tutri per ora falliti proprio per la scarsa conoscenza dei meccanismi
di modulazione e la pretesa di cambiare tutto in una volta, inserendo geni
non coadattatisi con quelli dell'ospite durante la evoluzione. La scelta
altemativa, mirata al recupero rapido degli investimenti é stata quella di
inserire pochi geni, provenienti da specie lontanissime (spesso batteri),
che non interferiscono con il metabolismo delle piante. Senza pensare che
sarebbe stata 1'interazione fra queste, gli esseri umani, gli ecosistemi ad
essere posta sotto giudizio, proprio perché anche questi sono sistemi
viventi e ci sono dubbi sulla dinamica conseguente alla presenza degli
organismi modificati e soprattutto all'uso che ne fanno quelli che li
posseggono. Nulla é stato invece prodotto nel campo animale perchè noi
animali sopportiamo molto peggio delle piante cambiamenti drastici nella
rete metabolica
Chiunque si occupi di ambiente vede giomo per giorno awerarsi le proprie
nere previsioni degli effetti di una economia globalmente basata su una
visione meccanica e deterministica del mondo.Ma tutto cio' non e'
inevitabile, come sostengono gli economisti ambientali, perché é
percorribile una via che tenga conto della complessità dei sistemi in cui
si opera, dei livelli di imprevedibilità sugli effetti delle nostre azioni
ed elabori modelli di economia a sviluppo sostenibile. Questo é possibile
anche in campo biotecnologico. Basterebbe usare le potenti tecniche
molecolari per aiutare la normale opera di incrocio e selezione rendendola
più rapida ( ci vogliono adesso almeno 15 anni per produrre una nuova
varieta' con i metodi tradizionali) ed anche piu' mirata. Per fare qualche
esempio ,la biodiversità di uso agricolo in termini di di varietà di specie
coltivate e anche di specie affini a queste é ancora grande nei Paesi in va
di sviluppo. Si tratta,previo accordo con questi, di analizzarla con met«di
molecolari che permettono di individuare subito le caratteristiche utili,
che potranno essere poi trasferite per incrocio nel qual caso sarà molto
più facile e rapido scegliere, con i metodi molecolari i prodotti di
incrocio utili. Non solo, ma nel caso che si debba trasferire un solo
carattere da una varietà o specie affine altrimenti scadente, ad una buona,
coltivata abitualmente,ma che non lo presenta, invece di iniziare una
lunghissima serie di incroci tendente ad eliminare, dopo il primo incrocio,
i caratteri scadenti della pianta donatrice lasciando solo quello utile, il
gene relativo può anche essere isolato fin dall'inizio ed inserito da solo.
In questo caso il prodotto finale é identico a quello ottenuto per incrocio
e quindi non avrà effetti altrimenti non previsti mentre il tempo
necessario per ottenerlo potrebbe diventare di soli 3 0 4 anni. Molte altre
cose si potranno ottenere se si capirà di più sulla dinamica dei corredi
genetici. Per far questo la ricerca deve essere potenziata e i criteri
restano 1'uso di organismi della stessa specie o ìnterfecondi, la scelta
della modulazione e non del cambiamento drastico, 1'individuazione di
caratteri compatibili con i bisogni alimentari e con la nuova agricoltura
che si vuole costruire.Va da sé che un cambiamento drastico di strategia di
questo genere é possibile solo con una decisa azione antitrust mondiale,
che permetta a ogni Paese di prodursi a sufficienza il cibo che desidera
Devono quindi essere attuati gli accordi previsti dalla Convenzione per la
Biodiversità del 1992 per quanto riguarda i rapporti NordSud, inserendo la
discussione del problema biotecnologico nell'ambito del dibattito sul
rapporto fra economia e ambiente e su chi e come deve governare la
globalizzazione in corso. Non é indifferente, perché ci si capisca gli uni
con gli altri,la discussione, recentemente quasi interrotta, sulla
struttura e dinamica della vita. Non sarebbe male se si comprendesse che i
geni non sono un «programma» rigidamente prefissato ma una serie di
strumenti che permettono di svolgere moltissimi programmi, e se si
smettesse di chiedere, alle persone come lo scrivente, genetista
molecolare, di trovare con una qualche magia «i1 gene per...» che risolve
tutto e non costa nulla in termini di impegno collettivo e sociale.
Cambiare qualche gene può forse aiutare ma senz'altro non è la soluzione
del problema della fame nel mondo, così come nessuno mai diventerà buono,
intelligente, ricco e felice perché qualcuno, magari dietro congrua
remunerazione, gli ha inserito il gene necessario.

*genetista all'università di Siena, Presidente mazionale dell'Associazione
Ambiente e Lavoro