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biotech: piu' garanzie genetiche



da affari e finanza  lunedi 22 Maggio 2000 

  
       Più garanzie genetiche
       L'Europa si ribella al business multinazionale
       di ANTONIO CIANCIULLO

       SETTANTACINQUE milioni di dollari nel 1995, 235 milioni di
       dollari nel 1996, 670 milioni di dollari nel 1997, 1.500 milioni di
       dollari nel '98. La crescita del mercato delle agrobiotecnologie
       è spettacolare: un aumento di venti volte in quattro anni. E
       infatti una recente indagine Nomisma sottolinea la
       performance e rileva come nel primo quinquennio le
       agrobiotecnologie si siano concentrate nel settore a maggior
       valore aggiunto (mais, oleaginose, orticole) mentre, nel campo
       del no food, la ricerca si è rivolta soprattutto al cotone (sei tipi
       diversi). Più recentemente - ricorda Nomisma - l'esame delle
       quasi 8 mila prove sperimentali in campo autorizzate negli
       States e nell'Unione europea a fine '98 mostrano la tendenza
       ad estendere l'innovazione a comparti in precedenza poco
       considerati. Anche Jeremy Rifkin, l'autore del "Secolo
       biotech", sottolinea le dimensioni di questo settore e la sua
       concentrazione in poche mani: le industrie che hanno investito
       sulla manipolazione del Dna controllano il 37 per cento dei 15
       miliardi di dollari annuali del mercato globale delle sementi. E
       le industrie farmaceutiche hanno speso più di 3,5 miliardi di
       dollari nel 1995 per accaparrarsi le aziende biotecnologiche.
       Tuttavia, nonostante questi ingenti investimenti, la partita sul
       futuro dell'ingegneria genetica resta più che mai aperta come
       dimostrano i primi mesi del Duemila. Il 29 gennaio al vertice di
       Montreal il fronte della cautela ha guadagnato punti: cinque
       giorni di braccio di ferro, una notte in bianco e i delegati di
       oltre 130 Paesi hanno deciso di adottare un protocollo sulla
       biosicurezza, obiettivo fallito nella precedente riunione di
       Cartagena in cui il cosiddetto gruppo di Miami (Usa, Canada,
       Australia, Argentina, Cile e Uruguay), cioè i grandi produttori di
       alimenti transgenici, era riuscito a portare lo scontro al punto di
       rottura in modo da lasciare briglia sciolta alle industrie. A
       Montreal invece si è raggiunto un compromesso che autorizza
       i singoli Paesi a chiudere le frontiere ai prodotti geneticamente
       modificati ritenuti pericolosi per l'ambiente o per la salute. Il
       mutamento degli equilibri è dipeso da vari fattori. La vicenda
       Seattle non ha certo giovato al prestigio del Wto, l'organismo
       di controllo del commercio internazionale che spesso ha
       ostacolato la normativa di protezione ambientale. Inoltre anche
       nel paese guida del transgenico, gli Usa, serpeggiano i primi
       dubbi derivanti dalla minaccia europea di bloccare l'import di
       prodotti non garantiti dal punto di vista genetico. E' così che,
       ad aprile, la Monsanto ha messo a segno una mossa destinata
       a farle recuperare qualche posizione sotto il profilo
       dell'immagine: il colosso delle biotecnologie ha annunciato
       che metterà a disposizione della comunità scientifica
       internazionale la mappa del genoma del riso ottenuta dai suoi
       laboratori grazie a un investimento valutato tra i 40 e i 100
       miliardi di lire. Ma a maggio è arrivato un nuovo colpo di freno
       dall'Europa: l'Ufficio europeo dei brevetti (Epo) ha revocato il
       brevetto di un funghicida ottenuto utilizzando un frammento di
       Dna del neem, una pianta indiana utilizzata da millenni per le
       sue proprietà terapeutiche. E' solo una tappa della lunga
       battaglia legale che ha per posta la proprietà della vita, ma è
       un segnale che indica come l'Europa si stia lentamente
       distaccando dall'interpretazione statunitense del diritto globale
       nel campo dell'ingegneria genetica. Quello sul neem è il più
       carico di significati simbolici tra le migliaia di conflitti giudiziari
       che hanno come posta il controllo commerciale sui prodotti
       ricavati dalla manipolazione dei geni. Da una parte ci sono le
       associazioni ambientaliste locali e il governo indiano, che
       rivendicano il diritto di continuare a curarsi con i preparati
       ricavati dalla corteccia del neem e di continuare a usarne i
       semi per la loro capacità insetticide e funghicide. Dall'altra la
       multinazionale che, avendo estrapolato il pacchetto
       miracoloso di geni, ne rivendica la proprietà: se il suo punto di
       vista finisse per prevalere, anche le popolazioni che hanno
       mostrato al mondo i vantaggi del neem custodendo per
       millenni la memoria delle sue proprietà sarebbero costrette a
       pagare un diritto d'autore per mantenere le loro tradizioni. Ora
       questa prospettiva appare più lontana perché sulle 40
       richieste di brevetti presentate in Europa si staglia il no dell'
       Epo. "Aziende con un fatturato simile a quello di un piccolo
       Stato vogliono depredare i popoli di quello che la natura ha
       concesso loro, vogliono brevettare geni che appartengono a
       tutta l'umanità", ha commentato il presidente dei Verdi Grazia
       Francescato. "E' un nuovo colonialismo condotto da biopirati
       ai danni dei popoli più poveri della Terra per sottrarre loro l'
       unica ricchezza: la biodiversità". Il caso neem è la regola, non
       l'eccezione. Decine di altri prodotti tradizionali, ad esempio il
       riso basmati, sono nel mirino dei cacciatori di geni. E i predoni
       del Dna - accusano gli ecologisti - sono sbarcati anche in
       Italia: il trifoglio sardo è stato brevettato da un'azienda
       australiana: se l'iter giuridico di questo procedimento si
       concluderà, i sardi dovranno pagare tassa all'estero. Per
       impedire quest'eventualità il neo ministro per le Politiche
       agricole Alfonso Pecoraro Scanio ha annunciato un ricorso
       internazionale e una ricognizione per verificare l' esistenza di
       casi analoghi. Il problema verrà posto anche a livello europeo.
       Il settore resta comunque estremamente vitale sotto il profilo
       economico e, fuori dall' Ocse, paesi del calibro della Cina si
       muovono con determinazione sulla strada del transgenico.
       Complessivamente i segnali sono così contraddittori da
       rendere difficile ogni previsione.