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Chi lo abbia gia` letto,questo pezzo che e` un
ottimo distillato di categorie marxiane ben applicate,mi
perdonera` se lo riposto copincollandolo,ma e` per
attrarre su di esso l`attenzione d`occhi frettolosi o
distratti. Con l`aggravarsi della crisi assisteremo ad
un`escalation di gesti ``eclatanti``,di segno
autolesionistico,dove e` possibile che uomini e donne
disperate,maleducati dalla miseria sindacale che alligna
da decenni, divengano letteralmente pire umane,anziche`
coordinarsi e slatentizzare la forza
``incendiaria``.Cio` presupporrebbe una coscienza che
solo dei comunisti possono instillare .So bene che gli
stessi estensori dell`articolo ripudierebbero in
toto l`ultima affermazione o che la emenderebbero in
mille modi,eppure lasceremo ancora sul terreno dello
scontro di classe morti a milioni per ogni latitanza in
tal senso.Chi disponga dell`armamentario teorico idoneo
e delle condizioni operative adeguate agisca di
conseguenza,senza temere il termine ``costruzione``.Ogni
osservazione sara` la benvenuta.
Chiudete agli
uomini quelle dannate miniere!
I minatori
inglesi del carbone tornano in lotta. Rispuntano vecchie
parole d'ordine: "Opponetevi alla chiusura dei pozzi!
lottate per la rinazionalizzazione!". L'industria
mineraria parastatale era fallita, ora si chiede di
tornare al punto di partenza. E di difendere il "diritto
al lavoro". Per scendere nei pozzi più vecchi, profondi
e insicuri del mondo. Come vent'anni fa, quando un anno
di sciopero a oltranza non aveva impedito centomila
licenziamenti e il passaggio dall'energia del carbone a
quella del petrolio. Quella terribile sconfitta non ha
insegnato nulla.
In luglio la più grande azienda
estrattiva d'Inghilterra ha annunciato la chiusura dei
pozzi e il licenziamento di 2.000 minatori. Altri 3.000
posti andranno persi nelle attività "indotte". La storia
si ripete: nell'82 le industrie che non erano fallite
erano state privatizzate. Ad esse erano state concesse
le miniere più redditizie in cambio dell'impegno di
mantenere i posti di lavoro. Adesso come allora il
sindacato accusa l'industria di aver "stuprato" le
miniere, di averle sfruttate fino all'estremo senza fare
investimenti. Si legge sui cartelli: "Ci hanno preso a
calci nei denti". Nella lotta a volte succede. Non è
detto che debba essere sempre così; ma sedere a tavolino
e scendere sul terreno dei padroni mettendosi a fare
calcoli di redditività è come chiedere: dateci tanti
calci sui denti. Dicono che la perdita di 5 milioni di
tonnellate di produzione su 17 sarà la fine anche delle
altre miniere; che i piani governativi (tracciati dagli
stessi politici che vent'anni fa usarono lo sciopero
contro la Tatcher) prevedono per il 2012 il passaggio
all'energia da gas per il 70% del totale; che il gas
sarà importato per il 90%; che oggi l'estrazione da
pozzi profondi in Inghilterra è meno costosa che altrove
e perciò conveniente; che la rinuncia al glorioso
carbone britannico non è molto patriottica e danneggia i
lavoratori.
Il carbone inglese costa meno proprio
perché non si fanno investimenti. Cosa che nelle miniere
vuol dire mancanza di sicurezza, di aerazione, di
filtraggio e, soprattutto, di macchine che scavano e
trasportano il minerale al posto degli uomini. Nel caso
di tutte le miniere assassine, la teoria marxiana della
rendita dimostra che la morte in miniera è dovuta alla
resa differenziale: dove il terreno è "fertile" di
minerale, a pari investimento il profitto è maggiore.
Dove il terreno è difficile, sono magri investimento e
profitto. In tal caso l'uomo è più redditizio della
macchina. A causa della rendita differenziale, sale nei
pozzi la tendenza all'omicidio da risparmio di capitale.
E quando non basta si uccide anche la miniera: "La fame
di sopralavoro non solo estorce ai vivi tanta forza
lavoro da abbreviarne l'esistenza, ma rende un buon
affare la distruzione di lavoro morto [capitale fisso],
al fine di sostituirlo con altro lavoro vivo. Il
capitalismo, oppressore dei vivi, è omicida anche dei
morti" (cfr. Omicidio dei morti, 1951).
Le
miniere verranno dunque "uccise". Chiedere come
vent'anni fa, come adesso, che vengano tenute aperte
significa chiedere che sia aumentato il rischio di
morire. Difesa del posto di lavoro! Il luogo comune più
deleterio per l'operaio, condannato così ad una
castrante assuefazione all'esistente. Un proletario non
corrotto da decenni di opportunismo sindacale si
spingerebbe a rivendicare il salario per i disoccupati,
non l'impossibile inversione delle leggi del
capitalismo. Mai rischierebbe l'omicidio del lavoro vivo
a favore dell'accumulo di lavoro morto. Per quanto tempo
ci toccherà ancora vedere scioperanti che occupano le
gallerie più profonde per implorare il diritto alla
"morte
differenziale"? |