Il Movimento No Coke Alto Lazio ha
incontrato le popolazioni di Brindisi:
"Abbiamo pianto con loro, per loro e per
noi"
Che fosse una
centrale maledetta lo sapevamo. La decisione di portare nei nostri territori una
testimonianza diretta di quanto accadeva intorno alla centrale a carbone
Federico II di Brindisi nasceva proprio dalle tante denunce di cui avevamo avuto
eco. Ma quando siamo partiti, insieme a una delegazione del “Comitato dei Cittadini Liberi” giovedì
27 marzo, alle quattro della mattina, non avevamo la piena consapevolezza di
quello che avremmo trovato, della crudezza delle testimonianze che avremmo
raccolto. Non potevamo certo sapere la rabbia, mista a dolore ed incredulità,
che avremmo trovato negli occhi degli agricoltori che ci hanno mostrato i loro
ortaggi, tra cui il famoso carciofo brindisino, intrisi dei veleni emessi dal
carbone, lasciati a marcire sui campi a migliaia.
Né il grido di dolore delle madri che ci
hanno incitato a lottare e non mollare per difendere il futuro dei nostri figli;
loro con bambini in braccio di pochi anni e già il futuro compromesso da gravi
malattie legate all'inquinamento.
Non potevamo sapere che avremmo pianto con
loro, per loro e per noi.
E non potevamo sapere che il monito unanime
lanciatoci da amministratori, medici, oncologi, semplici cittadini fosse uno
solo: non la fate accendere, dopo non sarete più in tempo. Questa esperienza è
stata dura, perché ci ha sbattuto in faccia la concretezza di quanto andiamo
denunciando da anni, e insieme bellissima per la generosità di coloro che abbiamo incontrato. Uomini
e donne che hanno messo a disposizione la loro testimonianza di sofferenza di
persone e di territorio nel tentativo di fornire un contributo alla nostra
lotta, che è poi la loro. Questo ci da una certezza in più: dobbiamo continuare
a lottare contro un mostro che devasta territori e coscienze perché abbiamo,
dalla nostra, la forza della ragione. I campi bruciati, il mare morto per i
miliardi di litri di acqua calda che vi è riversata quotidianamente dentro, il
dolore di quanti stanno pagando con la vita loro e dei loro cari la protervia
dell'ENEL di attribuire ai "caminetti" e ai "falò delle potature di ulivo" i
picchi enormi di PM10, ed ancora la denuncia dura degli oncologi, l'inutilità di
ogni forma di controllo e monitoraggio denunciato dagli amministratori, le
decine di promesse non mantenute dall'ENEL e dalla politica e lo scoprire che il
tutto è stato irrorato da tangenti versate addirittura per ogni tonnellata di
carbone scaricata al porto di Brindisi, ci hanno dato la certezza che la storia
rischia di ripetersi. Anche a Brindisi l'ENEL aveva raccontato del suo
grande impegno a tutela dell'ambiente, di un ingente incremento
dell'occupazione, di diminuzione del costo dell'elettricità, aveva firmato
convenzioni, promesso riconversione a metano della centrale dopo pochi
anni. Ed invece complice una
politica che, come raccontatoci dal Presidente della Provincia di Brindisi
Michele Errico, si è piegata ed adattata agli interessi economici abdicando al
suo ruolo di governo degli stessi, per anni l'ENEL ha immesso, e continua ad
immettere, centinaia di tonnellate di veleni sul territorio. Oggi i terreni e le
falde acquifere sono inquinati da arsenico mercurio e benzene, la cui principale
fonte antropica è la combustione dei combustibili fossili, i campi limitrofi al
nastro trasportatore sono sotto ordinanza di blocco delle coltivazioni per
centinaia di metri e nessuno acquista più i prodotti, una volta di eccellenza,
di Cerano e dell'area del Brindisino ormai riconosciuta sito inquinato
nazionale. Gli oncologi sono concordi: il monitoraggio conta solo i danni; che
il carbone emetta numerose sostanze cancerogene è ormai evidenza scientifica.
Unica soluzione è il non utilizzare questo combustibile e chiunque ignora tale
assunto si rende responsabile delle gravissime percentuali di mortalità e
morbilità che affliggono quanti hanno la disgrazia di vivere attorno a tali
impianti. Ancora di più oggi possiamo affermare che la volontà di portare al 50%
la produzione di energia derivante dal carbone, come preannunciato dall'ENEL nel
proprio piano industriale, è una volontà criminale, e criminale è chi, nelle
istituzioni, acconsentendo a tale scelta, si rende complice della devastazione
di interi territori, con le loro popolazioni e le loro economie. E ciò senza
fare riferimento alcuno all'incremento di produzione di anidride carbonica, e il
conseguente aggravamento dell'effetto serra, che la combustione del carbone
comporta. Di questa nostra esperienza abbiamo voluto farne un documentario, che
sarà proiettato il 4 aprile a Tarquinia, (Top 16 ore 17) e in seguito a
Civitavecchia, perché la sofferenza delle popolazioni di Brindisi, di
Torchiarolo e dei paesi attorno sia da monito e da stimolo a quanti per
rassegnazione, stanchezza o sfiducia pensano non ci sia più niente da fare per
fermare la riconversione a carbone della centrale di Torre Valdaliga Nord di
Civitavecchia o altri mostri simili.
Ancora di più oggi ne siamo convinti: la
nostra è una battaglia di legittima difesa; non vi e non ci daremo tregua finché
non riusciremo a scongiurare questa ipoteca sul futuro dei nostri figli e del
nostro territorio. Vogliamo infine ringraziare gli abitanti di Torchiarolo
e di Cerano, ed in particolare Giovanni Liaci, senza i quali ogni cosa non
sarebbe stata la stessa, nemmeno la forza che abbiamo riportato a
casa.
Movimento No Coke Alto Lazio
www.nocoketarquinia.splinder.com
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