Appello presentato in occasione del convegno di
Italia Nostra, Roma 28 gennaio 2005. Primi firmatari Desideria Pasolini
dell’Onda, Edoardo Salzano, Vezio De Lucia, Piero Bevilacqua, Vittorio
Emiliani, Gaia Pallottino, Giuseppe Barbera, Giuseppe Gisotti, Alberto
Magnaghi ... |
La Camera dei Deputati si appresta a votare la
riforma del governo del territorio, nel testo approvato dalla VIII
commissione parlamentare. Il testo, in gran parte dovuto al presidente
della commissione on. Lupi, sopprime il principio stesso del governo
pubblico del territorio, che rappresenta una della principali conquiste
del pensiero liberale e accomuna tutti i paesi sviluppati, e cancella i
risultati di importanti conquiste per la civiltà e la vivibilità della
condizione urbana e la tutela del territorio ottenute nell’ultimo mezzo
secolo dalle forze sociali e politiche e dalla cultura italiana.
Nella legge si sostituiscono gli “atti autoritativi”, e
cioè la normale attività pubblica di pianificazione, con gli “atti
negoziali con i soggetti interessati”. La relazione di accompagnamento
della legge specifica che i soggetti interessati non si identificano –
come sarebbe auspicabile - con la pluralità dei cittadini che hanno
diritto ad avere una ambiente urbano vivibile e salubre, ma si
identificano invece con la ristretta cerchia degli operatori economici. Un
diritto collettivo viene dunque sostituito con la sommatoria di interessi
particolari: prevalenti, quelli immobiliari. I luoghi della vita comune,
le città e il territorio vengono affidati alle convenienze del mercato.
Nella legge si sopprime l’obbligo di riservare determinate
quantità di aree alle esigenze di verde, servizi collettivi (scuole,
sanità, sport, cultura, ricreazione) e spazi di vita comuni per i
cittadini, ottenuto decenni fa grazie a un impegno massiccio delle
associazioni culturali, delle organizzazioni sindacali, del movimento
associativo e di quello femminile, delle forze politiche attente alle
esigenze della società. Gli “standard urbanistici” sono infatti sostituiti
dalla raccomandazione di “garantire comunque un livello minimo” di
attrezzature e servizi, “anche con il concorso di soggetti privati”.
L’obbligo del rispetto quantitativo degli standard urbanistici è già
rispettato nei comuni dove la corretta pianificazione urbanistica è un
risultato consolidato, ma è un traguardo ancora molto lontano in
numerosissime città italiane.
Nella legge si esclude la tutela del
paesaggio e dei beni culturali dagli impegni della pianificazione
ordinaria delle città e del territorio. Contraddicendo una linea di
pensiero che, da oltre mezzo secolo, aveva tentato di integrare con la
pianificazione i diversi aspetti e interessi sul territorio in una visione
pubblica unitaria, contraddicendo gli indirizzi culturali e legislativi
che dalle leggi del 1939 e del 1942 avevano condotto alla “legge Galasso”
e alle successive leggi regionali, paesaggio e trasformazioni territoriali
sono divisi: affidati a leggi diverse, a uomini diversi, a strumenti
diversi. Non c’è dubbio a chi spetterà la parola in caso di contrasti: non
certo a chi rappresenta i musei e il bel Paese, ma a chi investe, occupa,
trasforma, agli “energumeni del cemento armato”, pubblico e privato.
Ci siamo limitati a sottolineare alcuni aspetti più negativi della
legge, che ci sembrano sufficienti per esprimere un giudizio preoccupato e
severo: preoccupato per gli effetti, severo nei confronti non solo di chi
l’ha proposta, ma anche di chi non l’ha contrastata.
E’ grave il
silenzio della stampa.
E’ grave l’atteggiamento minimalista dei
gruppi parlamentari dell’opposizione che, nel migliore dei casi, si sono
limitati a un’azione di piccoli emendamenti e di espressione di parziale
dissenso a una linea radicalmente eversiva.
E’ grave il silenzio
dei partiti politici, che si presentano di nuovo alle elezioni senza aver
espresso con chiarezza il loro orientamento (anzi, le loro decisioni) su
un argomento così rilevante per il futuro del paese, per le condizioni di
vita dei suoi abitanti, per la sorte stessa della democrazia.
Roma, 28 gennaio 2005
I primi firmatari: Desideria
Pasolini dell’Onda, Edoardo Salzano, Vezio De Lucia, Piero Bevilacqua,
Vittorio Emiliani, Gaia Pallottino, Giuseppe Barbera, Giuseppe Gisotti,
Alberto Magnaghi, Francesco Canestrini, Antonio di Gennaro, Raffaele
Mazzanti, Mario Ghio, Gabriella Corona, Vittoria Calzolari, Domenico
Luciani, …
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