ILVA dove tutto è PERMESSO "NESSUN COLPEVOLE"





Da: Fabio Principale [mailto:oaprinci at tin.it]
Inviato: martedì 25 gennaio 2005 16.59
A: ANSA
Oggetto: ILVA dove tutto è PERMESSO "NESSUN COLPEVOLE"

Processo Breda/Ansaldo per la morte da amianto
dell'operaio Giocarlo Mangione


Le motivazioni della storica sentenza


Dirigenti colpevoli: alla Breda- Ansaldo si moriva d'amianto ed i dirigenti
che tutto sapevano nulla hanno fatto per tutelare i lavoratori. Questo sta
scritta nella sentenza depositata ieri.

Nelle motivazioni della sentenza sul processo per la morte da amianto  di
Giancarlo Mangione, il giudice dott. Ambrogio Moccia del tribunale di
Milano riconosce in pieno le tesi che il nostro Comitato va affermando da
anni:
« la nocività dell'amianto era nota da tempo immemorabile; che la vittima è
stata esposta a dosi consistenti di amianto nei periodi di permanenza in
carica di ciascuno  degli imputati qui ritenuti responsabili»; «
l'esposizione successiva all'innesco ha avuto incidenza negativa sulla
durata della latenza e quindi sulla sopravvivenza del Mangione»; «
l'amianto, e solo l'amianto respirato sul luogo di lavoro può qualificarsi
causa del mesotelioma letale» del lavoratore;  «se il dovere di sicurezza
(e di igiene) è da sempre posto specificamente a carico del datore di
lavoro, dirigenti e preposti, allora è indubbio che, nella misura in cui
avevano il compito di individuare e gestire le strategie produttiveŠ,
avevano l'obbligo giuridico di attivarsi, obbligo del tutto disatteso» .
Le motivazioni della concessione delle attenuanti generiche ai 9 dirigenti
ritenuti colpevoli, facendo quindi scattare la prescrizione che li ha
salvati, sono dovute  «Šall'età degli imputati ( tutti ultra settantenni,
due sono 90enni,),  infine l'incensuratezza».
Inoltre il giudice ritiene che agli imputati « non possono essere
addebitate oltre misura responsabilità che sono state sì individuali, ma
che hanno affondato le loro radici nel "sistema" industriale dell'epoca,
sistema che non tocca ad un organo giurisdizionale giudicare».
Questa sentenza è importante sia per le motivazioni, sia perché è la prima
volta che in Italia vengono sostanzialmente condannati dei dirigenti per
una vicenda in cui l'amianto non figura come oggetto di  produzione
industriale, ma come strumento usato nell'attività lavorativa e di
protezione dei lavoratori.
Anni di lotte nelle fabbriche, nelle piazze, nei luoghi di lavoro, nei
tribunali, con la partecipazione dei lavoratori e dei cittadini, hanno
rotto il muro dell'indifferenza, dell'omertà e delle complicità che tutte
le istituzioni (padroni, magistratura, medicina ufficiale, partiti e
sindacati) avevano creato contro la nostra lotta - contribuendo a
sensibilizzare l'opinione pubblica sui pericoli derivati dall'amianto.
L'unico, profondo,  rammarico per noi e per tutti coloro che con noi hanno
lottato è che questa sentenza arriva dopo che sono morti 73 nostri compagni
di lavoro della Breda e migliaia in tutta Italia.
Non solo, se la stessa magistratura si dichiara impotente a perseguire un
sistema che, di tutti i diritti umani, riconosce solo il diritto al
profitto, fatto sulla pelle dei lavoratori, allora ai lavoratori e a chi si
batte per la salute non resta che combatterlo sui luoghi di lavoro e nelle
piazze.