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la spiaggia scomparsa - accesso negato
- Subject: la spiaggia scomparsa - accesso negato
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Sun, 08 Jul 2001 18:06:19 +0200
da boiler di martedi 3 luglio 2001 La spiaggia scomparsa elaborazione da “Mare Monstrum 2001”, dossier di Legambiente UN METRO DI SPIAGGIA in meno ogni anno. È questo il ritmo implacabile con cui procede l’erosione di gran parte dei circa 7.500 chilometri di coste della nostra penisola. Un fenomeno che assume ormai dimensioni drammatiche, determinato da un utilizzo delle aree costiere da parte dell’uomo spesso eccessivo e traumatico. La destabilizzazione dell’ambiente costiero è il frutto bacato di diversi fattori, a partire dall’intensa antropizzazione a fini turistici e industriali, e dall’impoverimento dell’apporto di materiale solido dei fiumi al mare, determinato dalla massiccia estrazione di materiale dagli alvei e dagli interventi di regimazione dei corsi d’acqua, che in molti casi si sono rivelati inutili o dannosi. Normalmente, infatti, l’azione continua delle onde sulla riva viene bilanciata dalla formazione di nuove spiagge e banchi di sabbia, a seguito dei sedimenti trasportati dai fiumi e quindi deposti dal mare sulla costa, oppure dall’interazione di onde e vento con gli ambienti dunali e rocciosi. Questo processo naturale di reintegrazione viene però notevolmente ostacolato dalle attività umane. Quando si costruisce una diga lungo un fiume, per esempio, i sedimenti un tempo trasportati fino al mare vengono trattenuti nel bacino artificiale. Sul banco degli imputati, dunque, la cementificazione dissennata del territorio che in molti tratti ha interrotto, o ridotto in misura drastica, il processo naturale di ripascimento delle spiagge. L’attacco alle coste procede simultaneamente dalla terra ferma e dal mare: all’effetto delle infrastrutture realizzate sui fiumi e delle escavazioni condotte nei loro letti, infatti, si somma l’impatto di porti e porticcioli protesi sull’acqua, che modificando il gioco delle correnti marine hanno privato delle loro spiagge zone tradizionalmente ricche di sabbia. Questa vera e propria aggressione si traduce in una costante riduzione delle aree umide della costa e delle dune sabbiose. Così dei circa 700 mila ettari di paludi costiere esistenti in Italia all’inizio del Ventesimo secolo, nel 1972 ne restavano 192 mila e nel 1994 meno di 100 mila. Stesso discorso sul fronte dei sistemi dunari, la cui perdita è stata altissima in tutti gli Stati che si affacciano sul Mediterraneo, Italia in testa: quattro quinti delle dune della penisola, infatti, nel periodo compreso tra il 1900 e il 1990 sono state perdute. L’erosione delle coste interessa tutte le regioni bagnate dal mare, ma la situazione risulta essere particolarmente grave in Calabria e Campania, dove la maggioranza della fascia costiera è caratterizzata da un rischio molto elevato. Arenili che in passato godevano di notevoli spazi in profondità per stabilimenti balneari e file di ombrelloni, infatti, a distanza di pochi decenni sono ridotti a strette lingue di sabbia.Accesso negato elaborazione da “Mare Monstrum 2001”, dossier di Legambiente UN SENTIERO CROLLATO e le recinzioni costruite dai privati rendono ormai impossibile l’accesso alla Spiaggia di Galenzana all’Isola d’Elba. Un cancello di ferro sbarra l’ingresso alla spiaggia della Vedova in pieno Parco regionale del Conero, vicino Ancona. Un biglietto d’ingresso “obbligato” regolamenta l’ingresso all’ex-spiaggia libera delle Scissure vicino Gaeta. Un club privato sbarra la deliziosa spiaggetta di Copanello in Calabria. Sono questi alcuni dei casi più eclatanti di violazione al diritto di accedere liberamente alle spiagge e alle coste. Una disputa che da anni oppone da una parte ambientalisti e comitati di cittadini che rivendicano il diritto alla spiaggia, dall’altra proprietari di residence, di villaggi vacanze, di stabilimenti balneari e di ville con annessa spiaggia privatizzata. Nonostante nel mese di febbraio la Corte di Cassazione, con la sentenza per il caso dello Sbarcatello all’Argentario, abbia definitivamente messo fine alla lunghissima querelle dei liberi accessi al mare, dichiarando che «nessuna proprietà privata e per nessun motivo può impedire l’accesso al mare alla collettività se la proprietà stessa è l’unica via per raggiungere una determinata spiaggia» sono ancora molti i casi di “privatizzazione” di fatto che impediscono ai cittadini di usufruire liberamente di spiagge, cale e scogliere, anche se queste appartengono al demanio statale e sono quindi funzionalmente destinate alla pubblica fruibilità. Si passa da Lerici, in Liguria, a Itri nel Lazio, da Capo d’Arco sull’isola d’Elba a Capo Gallo in Sicilia. Piccoli e grandi soprusi che evidenziano un malcostume, anzi un vero e proprio reato, tutto italiano.
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