articoli su TEBIO



Dal manifesto 23.5.00 pagina 6

A Genova in pullman e treno

Treni e pullman partiranno da tutt’Italia tra la notte del 24 e la prima
mattina del 25 alla volta di Genova. A Ro-ma, dove si concentrerà tut-to lo
spezzone del centro sud, l’appuntamento è alle 22 di mercoledì alla
stazione Termini. Il treno parte alle 23,15, ma è consigliabile essere in
anticipo alla stazione. Dal nord si parte la mattina di giovedì. Treno da
Milano, pullman da Bologna.


LA CRISI DEI SEMI BIOTECH  L’industria biotecnologica si mette in vetrina
alla Fiera di Genova. Ma l’agricoltura biotech è in crisi.
	MARINA FORTI
Sembrava un settore in pieno boom,  l’equivalente agricolo della new
economy. In solo quattro anni,  tra il 1996 e il 1999 compreso, la
superficie coltivata a specie «geneticamente modificate» era aumentata di
venti volte, da 2 milioni di ettari a quasi 40 milioni di ettari, I titoli
delle aziende produttrici di sementi transgeniche, e in generale biotech,
erano tra i più coccolati da Wall Street Poi, d’improvviso, la doccia
fredda: questa primavera del 2000 la superfice coltivata a specie
transgeniche è  diminuita, secondo le prime stime, di addirittura un quarto
rispetto al ‘99. 1 valori azionari scendono. D’improvviso,  l’industria
biotech appare in seria crisi. 
Cosa è successo? Semplicemente, che dove i consumatori hanno cominciato a
chiedersi cosa mai stanno mangiando...  Guardiamo il quadro tracciato dal
World Watch Institute di Washington  (Porlroit of an Industry in Trouble,
ricerca coordinata da Brian Halweil, febbraio 2000). Intanto bisogna dire
che la stupenda crescita dell’agricoltura transgenica è stata finora
concentrata in tre paesi: Stati uniti. Argentina e Canada. 
Che da soli contano per il 99 per cento di quei 40 milioni di ettari
piantati a sementi genericamente modificate. C’è da nove notare che il boom
riguarda pochissime specie, quelle più rilevanti dal punto di vista
commerciale: soja. mais e colza sono ai primi posti.
Ebbene, cosa è successo? Che i «consumatori» hanno cominciato a chiedersi
cosa mai stiano mangiando. Gli argomenti di ambientalisti e scienziati
«dub-biosi» hanno cominciato a farsi strada. In Europa un numero crescente
di su-permercati ha cominciato a togliere gli alimenti in odore di
transgenico dagli scaffali, e le aziende alimentari hanno cominciato a
garantire che loro di ingredienti «modificati» non ne useranno più. Gli
stessi governi che prima parla-vano con tanta fiducia di «novel foods»,
«cibi nuovi», ora borbottano che bisogna tenere conto delle preoccupazioni
del pubblico. Così l’Unione europea. dopo aver di fatto sospeso ogni
decisione sulla coltivazione di specie transgeniche sul vecchio continente,
nell’ottobre ‘99 ha anche approvato il regolamento che obbliga a
etichettare i prodotti che contengono oltre l’1% di ingredienti
tran-sgenici. Certo, resta un regolamento lacunoso: si applica ai prodotti
finiti ma non alle gementi, ad esempio. Così l’azienda Advanta Seeds che
negli ultimi due anni ha importato dal Canada sementi di colza in parte
transgeniche, senza saperlo e senza dirlo, dal punto di vista legale non ha
fatto nulla di male.
Eppure, ben prima che le etichette fossero obbligatorie, «il mercato» ha
cambiato direzione. Le esportazioni di soja dagli Stati uniti all’Europa
sono crollate da 11 milioni di tonnellate nel 1998 a 6 milioni di
tonnellate l’anno scorso il mais è sceso da 2 milioni di tonnellate a
137m11a tonnellate nello stesso periodo: una perdita combinata di un
miliardo di dollari per l’export agricolo americano. Il motivo è semplice
le aziende alimentari e grandi catene di distribuzione, se vogliono davvero
garantire prodotti non transgenici ai loro clienti, hanno bisogno materia
prima non modificata e negli Usa non c’è alcun obbligo di separare soja etc
transgenici da quelli normali.
L’effetto è trascinante, per 1’imdustria biotech. Nel maggio 1999 la
Deutsche Bank ha raccomandato ai suoi clienti- investitori di vendere i
titoli di aziende attive nell’ingegneria genetica, che gli Ogm (organismo
genericamente modi-ficati) «sono morti». Si sta formando una sorta di
doppio mercato, avvertiva: dove sono le materie prime agricole non
transgeniche a comandare il prezzo. In effetti, fa notare la ricerca del
World-Watch Institute, le maggiori aziende che trattano i prodotti agricoli
hanno cominciato a vendere a prezzi scontati i raccolti transgenici, che
comportano per loro un maggiore rischio finanziano. Senza contare che anche
negli Stati Uniti, che restano il primo mercato per soja. mais, colza etc
modificati, il vento cambia: anche là i consumatori cominciano a chiedersi
cosa stanno mangiando. Nel novembre scorso le maggiori associazioni di
farmers hanno avvertito i coltivatori: potreste essere considerati
responsabili di danni ambientali, e dover pagare danni per cui non siete
assicurati. Prospettiva preoccupante - che ha convinto molti a tornare a
specie normali.


IL TRUCCO DEI CIBI MODIFICATI Dal settore alimentare a quello militare :
gli effetti della biotecnologia spiegati in un convegno a Genova ANNA PIZZO


Chi minimizza sui possibili effetti pericolosi degli organismi
geneticamente modificati dice, tra l’altro, che si temono perché non si
conoscono. Tanto che al primo convegno internazionale sulle biotecnologie,
che si terrà a Genova da domani, è stato dato il titolo suadente e
fuorviante di «Informarsi è naturale».
Autogol pazzesco perché il convegno che si è tenuto sabato scorso al teatro
della Tosse di Genova, organizzato dal Coordinamento Mobilitebio (formato
da associazioni, centri sociali riuniti contro il convegno i dei biotec),
ha dimostrato esattamente il contrario: e cioè che più se ne sa, più c’è di
che preoccuparsi. Denso di informazioni, il contro- convegno ha mostrato
che, da qualsiasi parte la si guardi, questa storia che le manipolazioni
genetiche sono una grossa risorsa dell’umanità è un trucco perché non solo
non risolve-ranno i problemi della fame del mondo ma anzi li aggraveranno.
Come ha facilmente dimostrato il segretario generale del Wwf, Gianfranco
Bologna, citando alcuni dati: tra il 1998 e il ‘99 la superficie coltivata
con piante transgeniche è aumentata nel mondo del 44%, passando da 27,8 a
39,9 milioni di ettari. E la straordinaria biodiversità sul nostro pianeta,
ha detto Bologna, «è oggetto di una vera e propria estinzione di massa». Se
si pensa che Monsanto e altre multinazionali del transgenico hanno ideato
un seme che «dura» un solo anno e che l’anno successivo  non è più attivo,
questo dimostra te più di ogni ragionamento quanto poco la lotta biotec
contro un determinato parassita è incommensurabilmente impari rispetto agli
effetti perversi della concentrazione del potere di coltivare in pochissime
mani. Anche Vandana Shiva che, per sopraggiunti e gravissimi problemi nel
suo paese, l’India, non è potuta arrivare in tempo, ha però inviato una
comunicazione nella quale, tra l’altro, sottolinea come «l’ascesa delle
nuove biotecnologie ha cambiato no il significato e il valore della
biodiversità: da risorsa vitale per la sopravvivenza delle comunità povere,
a fonte di materie prime per le grandi corporation». Aggiungendo che al «le
imprese occidentali sono responsabili di veri e propri atti di biopirateria
finalizzati alla colonizzazione un della vita stessa». Ha creato un
silenzio pesante e del carico di inquietudini sulla platea anche
l’intervento di Achille Lodovisi, ricercatore dell’Ires toscana. E’ stato
agghiacciante ascoltare il ricercatore raccontare dell’euforia
dell’apparato militare attorno alla  «scoperta» delle armi biologiche,
molto meno costose di quelle convenzionali o nucleari o chimiche e
dall’effetto devastante assai maggiore. Insomma, con cinismo, si potrebbe
affermare che, nel rapporto rischio-maleficio, alle armi biologiche spetta
il primo posto. «C’è il concreto pericolo — ha detto Lodovisi — che si
sviluppi una nuova generazione di armi biologiche devastanti che
mu-terebbero la stessa concezione di arma di distruzione di massa e
inaugu-rerebbero un’era nella quale le mani-polazioni genetiche verrebbero
im-piegate per sterminare intere e ben selezionate popolazioni».
A restituire un clima disteso ma fermo alla sala ha provveduto don Andrea
Gallo, della comunità San Benedetto: «La nave dello sviluppo ha fatto
naufragio e mentre sul Titanic l’orchestra continua a suonare, sembra che
una possibilità di salvezza venga da quanti, persa ogni speranza di tornare
a bordo, fanno di necessità virtù, piuttosto che dagli altri, per niente
disposti a interrompere le danze». Allude alla Rete che Mobiltebio è
riuscito a creare: nato sull’onda della contestazione alla potente lobby
dei transgenici, il coordinamento rappresenta ora un’altra cosa, destinata
a non esau-rirsi nella due giorni genovese (il 25 e 26 maggio) che prevede
una manife-stazione, diverse performances e perfino lo «sbarco dei 1000
Organi-smi globalmente mobilitati» da una piccola ma agguerrita flotta.


Da Tebio, un nuovo ordine sociale
Lo scenario genovese occasione per sperimentare l’incontro tra linguaggi
diversi

ALBERTO ZORATTI Roba dell’Altro mondo, referente Rete Liii-putLiguria

Grande è il disordine sotto la Lanterna, e probabilmente questo spiega solo
il parte quello che si sta sviluppando in questi mesi a Genova, sia il
nuovo protagonismo della società civile, sia le convergenze tra
organizzazioni, culture e identità differenti. L’occasione è la conferenza
inter-nazionale sulle biotecnologie, Tebio, convention mondiale che metterà
attorno a uno stesso tavolo presenze istituzionali, multinazionali e parte
della comunità scientifica, dando così una versione parziale di una realtà
complessa. Un’occasione che si inserisce in un contesto sociale in continua
mutazione ed evoluzione: nessuno avrebbe immaginato un anno fa uno scenario
così ricco e articolato, dove progettualità politica e capacità di
mobilitazione si potessero fondere dando luogo a dinamiche nuove.
Genova come laboratorio politico in cui la credibilità delle organizzazioni
della società civile sta diventando uno dei fattori chiave dello scenario
genovese’ una convergenza tra linguaggi diversi che, con fatica e
determinazione, sono riusciti a rielaborare un nuovo canale di
comunicazione, necessario per un lavoro collettivo. Ri-immaginare linguaggi
significa però anche ridefinire i moli, scardinare nell’immaginario
collettivo la tendenza a classificare ogni attore politico-sociale in
schemi preconfezionati, che si rifanno a scenari superati: il centro
sociale, il cattolico di base, l’ambientalista, tutti con il loro
cartellino di identificazione, con le proprie forme di lotta
standardizzate, con le proprie parole d’ordine.
Il primo passo è quindi riconsiderare il proprio ruolo, mettendo in
soffitta i vestiti ormai laceri del passato, cercando di analizzare la
realtà con le proprie contraddizioni, con le nuove soggettività politiche e
sociali, con i nuovi spazi della pratica politica che si stanno aprendo. E
stato questo l’incipit per cominciare a lavorare assieme e creare un
sistema con nuove caratte-ristiche e potenzialità; facendo comunque leva
sulle rispettive radicalità, non annullando le differenze, ma
valorizzandole. Tutto questo ha portato alla nascita di una nuova
consapevolezza, nella città della deindustrializzazione selvaggia, dove
alle lotte degli anni 60 e 70 sono seguiti momenti di soffocante stasi
sociale. Tebio è stata certamente una potente molla che ha accelerato una
tendenza già in atto a cui le manifestazioni del 25 maggio daranno corpo e
gambe, dimostrando come l’elaborazione politica e la mobilitazione non
siano altro che le due facce della stessa medaglia, disarticolando ancora
una volta quell’immaginario che vorrebbe la società civile contrapposta
alla «politica».
Da sotto la Lanterna parte un percorso che supera Tebio, che vuole arrivare
fino al 2001, quando gli otto paesi più potenti della terra si
incontreranno sulle rive del mar Ligure per discutere di un nuovo ordine
mondiale, che vuole andare oltre dimostrando e sperimentando nuove forme di
partecipazione e di lotta. Un percorso che incrocia Ancona, Bologna e tutte
quelle esperienze di rete che nel nostro paese e nel resto del mondo si
stanno sviluppando. Credo che sia significativo che proprio da Genova.
città di naviganti ed esploratori, parta una nuova sfida, un nuovo modo di
pensare la politica e per contare direttamente a sostegno delle proprie
scelte.


dal Mercantile 23.5.00 pagina 7

AN E CENTRI SOCIALI UNITI NELLA LOTTA Il gruppo anti TEBIO si estende. A
Tursi passa la mozione contro i cibi transgenici. Anche Bertinotti
parteciperà al corteo di Giovedi.

Diversi, distanti, politicamente agli antipodi, ma d’accordo nel dire "no"
ai cibi transgenici e all’applicazione delle biotecnologie in campo
agro-alimentare. La mobilitazione contro Tebio, la mostra-convegno sulle
biotecnologie che inizierà domani alla Fiera, sta facendo nascere se non
proprio alleanze, quanto meno inedite "corrispondenze".
E così succede che il "no", almeno all’uso delle biotecnologie nel settore
agroalimentare, trovi d’accordo sia i giovani dei centri sociali che quelli
di An, tanto che la federazione provinciale di Azione giovani di Napoli,
l’organizzazione giovanile di An, ha dato via Internet la propria adesione
a Mobilitebio, il coordinamento delle associazioni che ha già raccolto
circa 400 adesioni contro Tebio. I rappresentanti genovesi di AN  e di
Azione giovani hanno scelto, invece, di non aderire a Mobilitebio, pur
condividendo gran parte delle ragioni della protesta. <(Anche da parte
nostra c’è una sensibilità forte su  questi temi e anche noi (o almeno una
parte di noi) riteniamo che si debba bloccare l’uso delle  biotecnologie in
agricoltura e  nel settore alimentare - spiega Francesco Tringale, giovane
consigliere di circoscrizione di  An  non ci piace che la manifestazione
della Fiera sia anche  una vetrina per le aziende. Noi  pensiamo, però, che
la ricerca,  anche in questi settori, debba  andare avanti proprio per
conoscere i rischi». Quanto a Mobilitebio: "A Genova abbiamo deciso di non
aderire . spiega Tringale - perché non riteniamo che ll’alternativa alla
globalizzazione sia l’internazionalismo proposto da questi movimenti
catto-comunisti nei quali non ci riconosciamo. Volevamo organizzare,
giovedì, un nostro corteo ma purtroppo non ce la facciamo, perché abbiamo
degli impegni a Roma».
A Mobilitebio, invece, ha aderito la Sinistra giovanile di Genova,
l’organizzazione che fa riferimento ai Ds. «Abbiamo fatto questa scelta
perché riteniamo che si debba mantenere alta l’attenzione su questo
problema -spiega il segretario provinciale Daniele Piacenza - Non siamo per
fermare la ricerca sulle biotecnologie ma perché sia utilizzata a fini
sociali». E mentre i portavoce di Mobilitebio si preparano a presentare
oggi il programma della mobilitazione, il segretario nazionale di
Rifondazione comunista, Fausto Bertinotti, ha già annunciato la sua
adesione alle iniziative di Mobilitebio e al corteo di giovedì mattina.
Ieri, intanto, in consiglio comunale è stata approvata a larghissima
maggioranza la mozione presentata da alcuni con-siglieri soprattutto di
maggioranza, per chiedere che Sindaco
e giunta s’impegnino ((ad impedire che sul territorio del Comune dì Genova
vengano coltivati e commercializzati organismi geneticamente modificati». E
Oltre alla maggioranza, hanno votato "sì" An e il "sansiano" Barchi, mentre
Forza Italia non ha votato e Liguria Nuova e due - sansiani" si sono
astenuti. 

Tremate... Femministe anti-Tebio    Marea sulle barricate

«Ecofemmniniste: chi sono mai costoro?» Il tema della rivista trimestrale
‘Marea" (che uscirà questa volta con un po’ di anticipo per accoglìere" a
modo suo il la mostra-convegno ‘l’ebio) non lascia scampo ad
interpretazioni sulla posizione dell’associazione culturale che dà vita
alla pubblicazione edita da Erga. "Marea" ha infatti  aderito a
MobiliTebio, il coordinamento delle associazioni contro Tebio. Nel nuovo
numero della rivista si leggono interviste alle  ecofemministe storiche
Vandana Shiva, Carol Adams, e SandraGuth. Il sito internet
dell’associazione"Marea"è www.mareait.


Antonio Bruno
Vice Presidente del Consiglio Comunale di Genova
Altro Polo -  Sinistra verde
0339 3442011
bruno at aleph.it