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articoli su TEBIO
- Subject: articoli su TEBIO
- From: bruno at aleph.it
- Date: Tue, 23 May 2000 09:35:53 +0200
Dal manifesto 23.5.00 pagina 6 A Genova in pullman e treno Treni e pullman partiranno da tutt’Italia tra la notte del 24 e la prima mattina del 25 alla volta di Genova. A Ro-ma, dove si concentrerà tut-to lo spezzone del centro sud, l’appuntamento è alle 22 di mercoledì alla stazione Termini. Il treno parte alle 23,15, ma è consigliabile essere in anticipo alla stazione. Dal nord si parte la mattina di giovedì. Treno da Milano, pullman da Bologna. LA CRISI DEI SEMI BIOTECH L’industria biotecnologica si mette in vetrina alla Fiera di Genova. Ma l’agricoltura biotech è in crisi. MARINA FORTI Sembrava un settore in pieno boom, l’equivalente agricolo della new economy. In solo quattro anni, tra il 1996 e il 1999 compreso, la superficie coltivata a specie «geneticamente modificate» era aumentata di venti volte, da 2 milioni di ettari a quasi 40 milioni di ettari, I titoli delle aziende produttrici di sementi transgeniche, e in generale biotech, erano tra i più coccolati da Wall Street Poi, d’improvviso, la doccia fredda: questa primavera del 2000 la superfice coltivata a specie transgeniche è diminuita, secondo le prime stime, di addirittura un quarto rispetto al ‘99. 1 valori azionari scendono. D’improvviso, l’industria biotech appare in seria crisi. Cosa è successo? Semplicemente, che dove i consumatori hanno cominciato a chiedersi cosa mai stanno mangiando... Guardiamo il quadro tracciato dal World Watch Institute di Washington (Porlroit of an Industry in Trouble, ricerca coordinata da Brian Halweil, febbraio 2000). Intanto bisogna dire che la stupenda crescita dell’agricoltura transgenica è stata finora concentrata in tre paesi: Stati uniti. Argentina e Canada. Che da soli contano per il 99 per cento di quei 40 milioni di ettari piantati a sementi genericamente modificate. C’è da nove notare che il boom riguarda pochissime specie, quelle più rilevanti dal punto di vista commerciale: soja. mais e colza sono ai primi posti. Ebbene, cosa è successo? Che i «consumatori» hanno cominciato a chiedersi cosa mai stiano mangiando. Gli argomenti di ambientalisti e scienziati «dub-biosi» hanno cominciato a farsi strada. In Europa un numero crescente di su-permercati ha cominciato a togliere gli alimenti in odore di transgenico dagli scaffali, e le aziende alimentari hanno cominciato a garantire che loro di ingredienti «modificati» non ne useranno più. Gli stessi governi che prima parla-vano con tanta fiducia di «novel foods», «cibi nuovi», ora borbottano che bisogna tenere conto delle preoccupazioni del pubblico. Così l’Unione europea. dopo aver di fatto sospeso ogni decisione sulla coltivazione di specie transgeniche sul vecchio continente, nell’ottobre ‘99 ha anche approvato il regolamento che obbliga a etichettare i prodotti che contengono oltre l’1% di ingredienti tran-sgenici. Certo, resta un regolamento lacunoso: si applica ai prodotti finiti ma non alle gementi, ad esempio. Così l’azienda Advanta Seeds che negli ultimi due anni ha importato dal Canada sementi di colza in parte transgeniche, senza saperlo e senza dirlo, dal punto di vista legale non ha fatto nulla di male. Eppure, ben prima che le etichette fossero obbligatorie, «il mercato» ha cambiato direzione. Le esportazioni di soja dagli Stati uniti all’Europa sono crollate da 11 milioni di tonnellate nel 1998 a 6 milioni di tonnellate l’anno scorso il mais è sceso da 2 milioni di tonnellate a 137m11a tonnellate nello stesso periodo: una perdita combinata di un miliardo di dollari per l’export agricolo americano. Il motivo è semplice le aziende alimentari e grandi catene di distribuzione, se vogliono davvero garantire prodotti non transgenici ai loro clienti, hanno bisogno materia prima non modificata e negli Usa non c’è alcun obbligo di separare soja etc transgenici da quelli normali. L’effetto è trascinante, per 1’imdustria biotech. Nel maggio 1999 la Deutsche Bank ha raccomandato ai suoi clienti- investitori di vendere i titoli di aziende attive nell’ingegneria genetica, che gli Ogm (organismo genericamente modi-ficati) «sono morti». Si sta formando una sorta di doppio mercato, avvertiva: dove sono le materie prime agricole non transgeniche a comandare il prezzo. In effetti, fa notare la ricerca del World-Watch Institute, le maggiori aziende che trattano i prodotti agricoli hanno cominciato a vendere a prezzi scontati i raccolti transgenici, che comportano per loro un maggiore rischio finanziano. Senza contare che anche negli Stati Uniti, che restano il primo mercato per soja. mais, colza etc modificati, il vento cambia: anche là i consumatori cominciano a chiedersi cosa stanno mangiando. Nel novembre scorso le maggiori associazioni di farmers hanno avvertito i coltivatori: potreste essere considerati responsabili di danni ambientali, e dover pagare danni per cui non siete assicurati. Prospettiva preoccupante - che ha convinto molti a tornare a specie normali. IL TRUCCO DEI CIBI MODIFICATI Dal settore alimentare a quello militare : gli effetti della biotecnologia spiegati in un convegno a Genova ANNA PIZZO Chi minimizza sui possibili effetti pericolosi degli organismi geneticamente modificati dice, tra l’altro, che si temono perché non si conoscono. Tanto che al primo convegno internazionale sulle biotecnologie, che si terrà a Genova da domani, è stato dato il titolo suadente e fuorviante di «Informarsi è naturale». Autogol pazzesco perché il convegno che si è tenuto sabato scorso al teatro della Tosse di Genova, organizzato dal Coordinamento Mobilitebio (formato da associazioni, centri sociali riuniti contro il convegno i dei biotec), ha dimostrato esattamente il contrario: e cioè che più se ne sa, più c’è di che preoccuparsi. Denso di informazioni, il contro- convegno ha mostrato che, da qualsiasi parte la si guardi, questa storia che le manipolazioni genetiche sono una grossa risorsa dell’umanità è un trucco perché non solo non risolve-ranno i problemi della fame del mondo ma anzi li aggraveranno. Come ha facilmente dimostrato il segretario generale del Wwf, Gianfranco Bologna, citando alcuni dati: tra il 1998 e il ‘99 la superficie coltivata con piante transgeniche è aumentata nel mondo del 44%, passando da 27,8 a 39,9 milioni di ettari. E la straordinaria biodiversità sul nostro pianeta, ha detto Bologna, «è oggetto di una vera e propria estinzione di massa». Se si pensa che Monsanto e altre multinazionali del transgenico hanno ideato un seme che «dura» un solo anno e che l’anno successivo non è più attivo, questo dimostra te più di ogni ragionamento quanto poco la lotta biotec contro un determinato parassita è incommensurabilmente impari rispetto agli effetti perversi della concentrazione del potere di coltivare in pochissime mani. Anche Vandana Shiva che, per sopraggiunti e gravissimi problemi nel suo paese, l’India, non è potuta arrivare in tempo, ha però inviato una comunicazione nella quale, tra l’altro, sottolinea come «l’ascesa delle nuove biotecnologie ha cambiato no il significato e il valore della biodiversità: da risorsa vitale per la sopravvivenza delle comunità povere, a fonte di materie prime per le grandi corporation». Aggiungendo che al «le imprese occidentali sono responsabili di veri e propri atti di biopirateria finalizzati alla colonizzazione un della vita stessa». Ha creato un silenzio pesante e del carico di inquietudini sulla platea anche l’intervento di Achille Lodovisi, ricercatore dell’Ires toscana. E’ stato agghiacciante ascoltare il ricercatore raccontare dell’euforia dell’apparato militare attorno alla «scoperta» delle armi biologiche, molto meno costose di quelle convenzionali o nucleari o chimiche e dall’effetto devastante assai maggiore. Insomma, con cinismo, si potrebbe affermare che, nel rapporto rischio-maleficio, alle armi biologiche spetta il primo posto. «C’è il concreto pericolo — ha detto Lodovisi — che si sviluppi una nuova generazione di armi biologiche devastanti che mu-terebbero la stessa concezione di arma di distruzione di massa e inaugu-rerebbero un’era nella quale le mani-polazioni genetiche verrebbero im-piegate per sterminare intere e ben selezionate popolazioni». A restituire un clima disteso ma fermo alla sala ha provveduto don Andrea Gallo, della comunità San Benedetto: «La nave dello sviluppo ha fatto naufragio e mentre sul Titanic l’orchestra continua a suonare, sembra che una possibilità di salvezza venga da quanti, persa ogni speranza di tornare a bordo, fanno di necessità virtù, piuttosto che dagli altri, per niente disposti a interrompere le danze». Allude alla Rete che Mobiltebio è riuscito a creare: nato sull’onda della contestazione alla potente lobby dei transgenici, il coordinamento rappresenta ora un’altra cosa, destinata a non esau-rirsi nella due giorni genovese (il 25 e 26 maggio) che prevede una manife-stazione, diverse performances e perfino lo «sbarco dei 1000 Organi-smi globalmente mobilitati» da una piccola ma agguerrita flotta. Da Tebio, un nuovo ordine sociale Lo scenario genovese occasione per sperimentare l’incontro tra linguaggi diversi ALBERTO ZORATTI Roba dell’Altro mondo, referente Rete Liii-putLiguria Grande è il disordine sotto la Lanterna, e probabilmente questo spiega solo il parte quello che si sta sviluppando in questi mesi a Genova, sia il nuovo protagonismo della società civile, sia le convergenze tra organizzazioni, culture e identità differenti. L’occasione è la conferenza inter-nazionale sulle biotecnologie, Tebio, convention mondiale che metterà attorno a uno stesso tavolo presenze istituzionali, multinazionali e parte della comunità scientifica, dando così una versione parziale di una realtà complessa. Un’occasione che si inserisce in un contesto sociale in continua mutazione ed evoluzione: nessuno avrebbe immaginato un anno fa uno scenario così ricco e articolato, dove progettualità politica e capacità di mobilitazione si potessero fondere dando luogo a dinamiche nuove. Genova come laboratorio politico in cui la credibilità delle organizzazioni della società civile sta diventando uno dei fattori chiave dello scenario genovese’ una convergenza tra linguaggi diversi che, con fatica e determinazione, sono riusciti a rielaborare un nuovo canale di comunicazione, necessario per un lavoro collettivo. Ri-immaginare linguaggi significa però anche ridefinire i moli, scardinare nell’immaginario collettivo la tendenza a classificare ogni attore politico-sociale in schemi preconfezionati, che si rifanno a scenari superati: il centro sociale, il cattolico di base, l’ambientalista, tutti con il loro cartellino di identificazione, con le proprie forme di lotta standardizzate, con le proprie parole d’ordine. Il primo passo è quindi riconsiderare il proprio ruolo, mettendo in soffitta i vestiti ormai laceri del passato, cercando di analizzare la realtà con le proprie contraddizioni, con le nuove soggettività politiche e sociali, con i nuovi spazi della pratica politica che si stanno aprendo. E stato questo l’incipit per cominciare a lavorare assieme e creare un sistema con nuove caratte-ristiche e potenzialità; facendo comunque leva sulle rispettive radicalità, non annullando le differenze, ma valorizzandole. Tutto questo ha portato alla nascita di una nuova consapevolezza, nella città della deindustrializzazione selvaggia, dove alle lotte degli anni 60 e 70 sono seguiti momenti di soffocante stasi sociale. Tebio è stata certamente una potente molla che ha accelerato una tendenza già in atto a cui le manifestazioni del 25 maggio daranno corpo e gambe, dimostrando come l’elaborazione politica e la mobilitazione non siano altro che le due facce della stessa medaglia, disarticolando ancora una volta quell’immaginario che vorrebbe la società civile contrapposta alla «politica». Da sotto la Lanterna parte un percorso che supera Tebio, che vuole arrivare fino al 2001, quando gli otto paesi più potenti della terra si incontreranno sulle rive del mar Ligure per discutere di un nuovo ordine mondiale, che vuole andare oltre dimostrando e sperimentando nuove forme di partecipazione e di lotta. Un percorso che incrocia Ancona, Bologna e tutte quelle esperienze di rete che nel nostro paese e nel resto del mondo si stanno sviluppando. Credo che sia significativo che proprio da Genova. città di naviganti ed esploratori, parta una nuova sfida, un nuovo modo di pensare la politica e per contare direttamente a sostegno delle proprie scelte. dal Mercantile 23.5.00 pagina 7 AN E CENTRI SOCIALI UNITI NELLA LOTTA Il gruppo anti TEBIO si estende. A Tursi passa la mozione contro i cibi transgenici. Anche Bertinotti parteciperà al corteo di Giovedi. Diversi, distanti, politicamente agli antipodi, ma d’accordo nel dire "no" ai cibi transgenici e all’applicazione delle biotecnologie in campo agro-alimentare. La mobilitazione contro Tebio, la mostra-convegno sulle biotecnologie che inizierà domani alla Fiera, sta facendo nascere se non proprio alleanze, quanto meno inedite "corrispondenze". E così succede che il "no", almeno all’uso delle biotecnologie nel settore agroalimentare, trovi d’accordo sia i giovani dei centri sociali che quelli di An, tanto che la federazione provinciale di Azione giovani di Napoli, l’organizzazione giovanile di An, ha dato via Internet la propria adesione a Mobilitebio, il coordinamento delle associazioni che ha già raccolto circa 400 adesioni contro Tebio. I rappresentanti genovesi di AN e di Azione giovani hanno scelto, invece, di non aderire a Mobilitebio, pur condividendo gran parte delle ragioni della protesta. <(Anche da parte nostra c’è una sensibilità forte su questi temi e anche noi (o almeno una parte di noi) riteniamo che si debba bloccare l’uso delle biotecnologie in agricoltura e nel settore alimentare - spiega Francesco Tringale, giovane consigliere di circoscrizione di An non ci piace che la manifestazione della Fiera sia anche una vetrina per le aziende. Noi pensiamo, però, che la ricerca, anche in questi settori, debba andare avanti proprio per conoscere i rischi». Quanto a Mobilitebio: "A Genova abbiamo deciso di non aderire . spiega Tringale - perché non riteniamo che ll’alternativa alla globalizzazione sia l’internazionalismo proposto da questi movimenti catto-comunisti nei quali non ci riconosciamo. Volevamo organizzare, giovedì, un nostro corteo ma purtroppo non ce la facciamo, perché abbiamo degli impegni a Roma». A Mobilitebio, invece, ha aderito la Sinistra giovanile di Genova, l’organizzazione che fa riferimento ai Ds. «Abbiamo fatto questa scelta perché riteniamo che si debba mantenere alta l’attenzione su questo problema -spiega il segretario provinciale Daniele Piacenza - Non siamo per fermare la ricerca sulle biotecnologie ma perché sia utilizzata a fini sociali». E mentre i portavoce di Mobilitebio si preparano a presentare oggi il programma della mobilitazione, il segretario nazionale di Rifondazione comunista, Fausto Bertinotti, ha già annunciato la sua adesione alle iniziative di Mobilitebio e al corteo di giovedì mattina. Ieri, intanto, in consiglio comunale è stata approvata a larghissima maggioranza la mozione presentata da alcuni con-siglieri soprattutto di maggioranza, per chiedere che Sindaco e giunta s’impegnino ((ad impedire che sul territorio del Comune dì Genova vengano coltivati e commercializzati organismi geneticamente modificati». E Oltre alla maggioranza, hanno votato "sì" An e il "sansiano" Barchi, mentre Forza Italia non ha votato e Liguria Nuova e due - sansiani" si sono astenuti. Tremate... Femministe anti-Tebio Marea sulle barricate «Ecofemmniniste: chi sono mai costoro?» Il tema della rivista trimestrale ‘Marea" (che uscirà questa volta con un po’ di anticipo per accoglìere" a modo suo il la mostra-convegno ‘l’ebio) non lascia scampo ad interpretazioni sulla posizione dell’associazione culturale che dà vita alla pubblicazione edita da Erga. "Marea" ha infatti aderito a MobiliTebio, il coordinamento delle associazioni contro Tebio. Nel nuovo numero della rivista si leggono interviste alle ecofemministe storiche Vandana Shiva, Carol Adams, e SandraGuth. Il sito internet dell’associazione"Marea"è www.mareait. Antonio Bruno Vice Presidente del Consiglio Comunale di Genova Altro Polo - Sinistra verde 0339 3442011 bruno at aleph.it
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