[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]
Città militarizzate. Resoconto del Convegno di Taranto del 20 novembre
- Subject: Città militarizzate. Resoconto del Convegno di Taranto del 20 novembre
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it>
- Date: Wed, 24 Nov 2004 21:18:43 +0100
Convegno nazionale "Nessuna Base Nessuna Guerra"
http://italy.peacelink.org/disarmo/indices/index_1724.html
Il convegno è stato organizzato dal Comitato dei 2 NO di Taranto (no al
rischio nucleare e no a ogni ulteriore insediamento militare). Sintesi
degli interventi curata da Tarantosociale.
--- Alessandro Marescotti - PeaceLink (http://www.peacelink.it)
Dal settembre 2000 siamo a conoscenza di un piano per l’emergenza nucleare
che si è potuto conoscere grazie all’azione di richiesta pressante delle
associazioni.
Abbiamo portato al Comune, alla Commissione ambiente, con Zanotelli,
documenti ufficiali del Pentagono che classificavano Taranto come Base Nato
per la flotta americana e un dossier sul rischio nucleare. I consiglieri,
impressionati, hanno preso tempo per consultare altre fonti poi non ci
hanno fatto sapere più nulla. Siamo in un impasse, questo convegno può
essere occasione per rilanciare la vertenza, e gli amici che vengono da
altre città con basi militari ci daranno conferma dei rischi che stiamo
correndo.
L’idea è quella di rilanciare la proposta di una rete tra i comitati delle
città con basi militari.
Abbiamo chiesto con 15 quesiti al Consiglio Comunale di Taranto chiarimenti
su tutta una serie di problemi (es. cosa fare in caso di fuoriuscita di
cesio o di altre sostanze radioattive, per cui occorrerebbe avere a
disposizione farmaci per impedirne l’assorbimento da parte della tiroide).
Per legge la popolazione ha diritto di conoscere le misure che devono
essere attuate per proteggerla da eventuali rischi derivanti da incidenti
nucleari. Nulla di tutto questo è attuato. Il piano di emergenza nucleare
che abbiamo potuto avere parla di trascinare al largo il sommergibile
incidentato: e se fosse in fiamme, o affondato sul fondale?
Le inadempienze evidenti ci portano a porre al Consiglio Comunale di
Taranto la richiesta: nessun attracco e nessun transito per sommergibili e
navi con armi o con motori a propulsione nucleare.
La legge 232/95 che prevede gli adempimenti per far fronte agli incidenti
prevedeva decreti attuativi, ciò è rimasto lettera morta con tutti i
governi che si sono succeduti.
Un’altra questione che poniamo, ai parlamentari, è questa: Taranto è
chiamata a fronteggiare un rischio, ma nessuna assicurazione effettua
assicurazioni sul rischio di incidenti nucleari.
E’ uscita una nuova legge che punisce chi diffonde notizie militari con la
reclusione fino a 5 anni, questo è un modo per mettere il bavaglio
all’informazione, finora abbiamo diffuso notizie del Pentagono.
--- Francesco Polcaro (Comitato scienziati/e contro la guerra)
Nel nostro comitato siamo accomunati dal desiderio di mettere le nostre
conoscenze e competenze al servizio dei movimenti che si battono contro le
guerre e le armi. Il contributo che vi presenterò è un lavoro mio
(ingegnere aeronautico), di Massimo Zucchetti docente di "Sicurezza e
Analisi di Rischio" e "Protezione e Impatto Ambientale dei Sistemi
Energetici" al Politecnico di Torino e di Francesco Iannuzzelli (informatico).
Un mezzo a propulsione nucleare è alimentato mediante un reattore,
contenuto in un reparto apposito, isolato con il piombo per evitare le
radiazioni all’equipaggio; esso produce calore, per un meccanismo a catena
che si crea. L’acqua riscaldata a 300 gradi e ad alta pressione va da uno
scambiatore di calore da cui esce vapore che alimenta una turbina.
A fine 2000 la Russia aveva 52 sommergibili, gli USA 72, la domanda è: come
mai ci sono solo 16 navi di superficie, e solo 5 sono navi civili
(rompighiaccio russi che operano nell’Artico)? I vantaggi sono notevoli, a
parità di ingombro, un propulsore nucleare è molto più potente, non
richiede aria (es. nei sommergibili è ideale) e l’autonomia è notevole. Gli
svantaggi però sono enormi: il costo di progettazione e realizzazione
(20.000 milioni di euro per 4 vascelli), la sicurezza dei vascelli esposti
a gravi incidenti.
Ecco perché le navi sono pochissime: alcune hanno funzionato 9-10 anni e
poi sono state smantellate e riusate con propulsioni convenzionali, a causa
dei costi eccessivi. Per i rompighiaccio è andata “un po’ meglio”. Le
condizioni di sicurezza lasciano a desiderare (102 incidenti in 8 anni,
molti dei quali di tipo nucleare). Alcuni noccioli sono stati direttamente
scaricati a mare.
In ambito militare però le cose cambiano, poiché non mancano le risorse e
la sicurezza è subordinata ad altri interessi.
Il più pericoloso tipo di incidente è la fusione dl nocciolo, mentre il più
comune è il lOCA , incidente che rilascia acqua del circuito, comunque
contaminate.
Statistiche incidente URSS: 12 emergenze nucleari, 4 sommergibili
affondati, 2 casi di fusione, 3 casi di inquinamento Radiologico, 15 casi
di sovrairraggiamneto, 75 morti per sovrairraggiamento, oltre 100 per i
morti del Kirsk.
USA: 2 sottomarini nucleari affondati (Skorpion), più altri incidenti, tra
cui la dispersione nel Mediterraneo di due noccioli, in seguito ad
incidenti aerei.
--- Tonino Camuso – Osservatorio sui Balcani di Brindisi
Le basi nascono spesso sottotono, chiedendo un punto di appoggio e
ampliando successivamente gli insediamenti, come sta accadendo a La Maddalena.
Tutto il mondo rientra in un progetto, data la guerra globale permanente e
preventiva, di essere base di appoggio per gli attacchi.
Stiamo lavorando con vari soggetti per avere una mappatura dei siti
militari aggiornato. A Brindisi è stata strutturata durante la guerra
fredda e la crisi balcanica in determinati modi, ospitando le navi che
servivano. Ora c’è la richiesta per appoggiare navi e sommergibili di forze
NATO e USA, ed è attualmente base del battaglione S.Marco, presente sempre
nelle operazioni di cosiddetta peacekeeping. Si usa anche un aeroporto
civile per taluni passaggi di mezzi militari. Il tutto rientra in un quadro
di utilizzo dei territori strategici in funzione della guerra permanente e
globale che sta dominando questo periodo. La popolazione, ovviamente, è
tenuta fuori dalle informazioni, che sono secretate.
Sappiamo che solo dopo lo scandalo dell’uranio impoverito è saltato fuori
si è scoperto che molti proiettili sono stati scaricati sull’Adriatico, nei
poligoni dove si sono esercitate le forze statunitensi. Da Gioia si sono
alzati aerei che trasportavano questo tipo di munizioni.
La Puglia è al centro di queste dinamiche, di fatto è nei progetti (ed è
già utilizzata) come una maxi base logistica per le operazioni belliche,
come nel caso del Kossovo, in cui furono messi a disposizione gli aeroporti
civili per le operazioni di guerra. Lo stesso è accaduto per i porti, per i
trasporti ferroviari, in generale tutta le rete di trasporto civile nelle
su varie articolazioni. Una nazione che ripudia la guerra – come afferma la
Costituzione -, non può essere soggiogata agli interessi militari,
espropriata dei propri diritti di sovranità.
Infine, i casi di dismissione, in cui pezzi di territorio a disposizione
dei militari vengono restituiti alle popolazioni dopo anni, decenni, (a
differenza dei tempi brevissimi che occorrono per concedere gli spazi
civili ai militari), talvolta mai, assoggettati a tempi e modi incerti, che
scoraggiano gli investimenti in tali zone con vocazione
turistico-paesaggistiche. A S.Vito dei Normanni la presenza statunitense è
teoricamente scomparsa, ma la porzione di territorio relativa alla base non
è riconvertita a scopo civile. C’è un accordo ‘bipartisan’ per avere una
base per esercitazioni di peacekeeping.
Ancora, siamo in presenza di una base in cui gli statunitensi lavorano per
il NSA - National Security Agency - funzionale ad Echelon, la grande rete
che spia tutto, strumento di danni commerciali ai danni dell’Europa.
E’ auspicabile (c’è un sito, www.vialebasi.net) una connessione in rete di
tutte le realtà che lavorano per ridurre il militare, in un periodo in cui
il ‘partito della guerra’ è comunque trasversale, dato che vi lavorano
ditte e società di ogni tipo, anche le cosiddette cooperative rosse.
Ci si sta abituando alla guerra permanente e ai suoi effetti di crescente
militarizzazione, così come ci si era abituati alla guerra fredda e ai suoi
muri.
--- On. Mauro Bulgarelli (Verdi)
Ci sono 72 guerre in atto (e non parliamo di guerre di liberazione o
guerriglia o altro del genere), la guerra sta diventando l’elemento che
governa l’economia, che ridisegna il diritto e le modalità della politica.
Prendiamo l’esempio della guerra infinita Israele-Palestina, che riassume
il paradigma delle guerre attuali: la polizia lavora come l’esercito, con i
carri armati. In Afghanistan c’è ancora un contingente italiano in
‘peacekeeping’, in un paese considerato ora ‘libero’, dove Garzai a
malapena riesce a fare le funzioni del sindaco di Kabul.
Un criminale, senza qui voler esprimere giudizi etici, produce ricchezza:
un codice penale, un sistema giudiziario, un sistema carcerario, con
secondini, funzionari, un sistema di polizia, con tanti dipendenti ecc.
A bene vedere, gli interessi che riesce a creare un criminale sono
vastissimi. Lo stesso, in proporzioni colossali, con la guerra: interessi
civili, militari, corsi sulla sicurezza ecc.
Un breve riflessione su Genova. Trovo suggestiva l’ipotesi che quello che è
successo sia successo perché nelle sale di comando c’erano gli esponenti di
AN. In verità è accaduto, per la prima volta, a Napoli, senza nessun
esponente di AN nel governo, che un corteo fosse chiuso per un’operazione
di mattanza.
Vedo che c’è una attacco concentrico alla Costituzione, usando parole che
distorcono: la guerra non esporta la democrazia, la sgretola, perché dove
c’è guerra c’è censura, c’è tortura, sia sa. L’80% dei soldati statunitensi
è di immigrati che non ha la cittadinanza statunitense e che l’avrà al
ritorno della guerra. Eppure tutti vanno lì per lavorare, convinti che
quello che stanno facendo è il lavoro che devono fare. La guerra muove un
meccanismo poderoso di interessi e lavoro e riduce la democrazia.
I restringimenti di informazione sono evidenti: prendiamo il caso
dell’incidente a La Maddalena si è saputo perché si sono immersi
abusivamente dei sub a prendere materiale da analizzare (e solo così si è
saputo della presenza del Torio. Sempre per puro caso abbiamo appreso da un
giornale locale statunitense che alcune persone, della loro città, erano
state rimosse dall’incarico alla base della Maddalena. Questo dopo
l’incidente di tipo nucleare, fortuitamente verificato noi. Tutto viene
sistematicamente nascosto. Le informazioni sugli accordi USA-Italia sono
secretate, questo significa che neanche i rappresentanti eletti in
Parlamento vi hanno accesso.
I militari americani non possono essere sottoposti a giudizio nel paese
dove operano, l’abbiamo imparato con la tragedia del Cermis.
Gli spazi territoriali, oltre a quelli della democrazia e
dell’informazione, si riducono, per lasciare spazio a ciò che è militare. I
numerosi poligoni di tiro, i rischi connessi all’uso delle munizioni
durante le esercitazioni. Ci preoccupiamo dei militari che muoiono per
l’uranio impoverito, ai quali non è riconosciuta neanche la causa di
servizio. Pensiamo anche alle miglia di persone che nei territori
bombardati scontano la contaminazione dell’uranio impoverito e ai tanti
profughi che scappano via dalla guerra e alimentano il circuito
dell’emigrazione. Tutti meccanismi scatenati dall’enorme affare che si
nutre e si espande con la guerra
--- Nicola Occhiofino (Assessore Provincia Bari)
E’ sempre più urgente costruire una cultura della pace. Il compito di
costruire il cammino della pace spetta alle forze popolari. Le armi
acuiscono la barbarie, le disuguaglianze, le povertà.
In primo luogo, a nessuno spetta decidere sulla testa dei cittadini, gli
Enti Locali devono essere collegati in modo continuo alla popolazione
perché essa partecipi delle scelte che riguardano il territorio.
Alla pace non c’è alternativa. Si devono preparare nuovi paradigmi e le
istituzioni sono chiamate ad una nuova stagione, devono avere un cuore per
capire i bisogni e le speranze. Un livello molto importanti rivestono le
città, che ha molteplici potenzialità. E’da queste che prendono vita le
identità, esse vanno messe al riparo dal degrado, hanno una vocazione alla
pace. C’è una relazione tra città e civiltà. Ogni ferita o mutilazione è la
ferita di tutte, che sono chiamate a solidarizzare con quella colpita. Il
Mediterraneo deve diventare un mare di cooperazione e sviluppo, generatore
di cultura, sintesi di identità, crocevia di popoli che deve disegnare
nuove pagine di storia. Un mare di pace e non un teatro di guerre e di armi
puntate verso nemici artatamente costruiti. Un mare che genera vita e
lavoro, non più un mare che genera diffidenza, morte e guerra.
Dobbiamo costruire in Puglia una forte cultura della pace, riprendendo un
cammino che viene da lontano. La marcia Gravina-Altamura deve diventare
permanente, momento di un permanente movimento contro la guerra e la
militarizzazione del territorio, bisogna che le istituzioni si muovano.
--- Giovanni Berardi - Comitato di quartiere Città Vecchia (Taranto)
E’ difficile portare avanti una battaglia antimilitarista in una città che
convive da oltre un secolo con l’apparato militare e che si nutre, sia pure
in modo parassitario, del sistema economico connesso.
Diventa sempre più difficile costruire momenti di dissenso, visti anche gli
sviluppi che hanno avuto a Taranto le vicende giudiziarie che coinvolgono
esponenti del movimento tarantino. Il 2 dicembre comincerà a Cosenza un
processo con un teorema accusatorio gravissimo, occorre dimostrare
solidarietà verso gli indagati, dato che è il diritto al dissenso ad essere
messo in discussione, e la cosa, quindi, ci riguarda veramente tutti.
--- Padre Michele Stragapede (Missionari Comboniani Bari)
Per far crescere una vertenza contro le basi dobbiamo porci interrogativi,
per far crescere la partecipazione e non fare sempre incontri tra pochi, su
problemi relativi allo sviluppo, al rapporto tra militarizzazione e
ricchezza (o povertà), agli sbocchi futuri (accordi, corridoio 8 ecc.)
--- Maja Maioni – Comitato di La Maddalena
Si chiede che l’isola di S.Stefano diventi un punto di approdo per
sommergibili a propulsione nucleare. La Costituzione vieta la cessione del
territorio italiano ad altri paesi per scopi bellici.
Proprio per sembrare un punto d’appoggio, e non una vera e propria base, i
militari americani stanno in container di metallo. Il 20 ott. 2003 alle
23,45 c’è stato l’incidente al sottomarino. Ufficialmente sbatte contro una
secca che i maddalenini conoscono benissimo e che sono capaci di evitare di
notte e di giorno.
Si denuncia che l’incidente è accaduto il 25, mentre sappiamo che è stato
il 20.
Un radiologo denuncia che spesso i laboratori di analisi non funzionano per
giorni. Le analisi per l’ASL sono a posto. Un biologo ha rinvenuto tracce
di plutonio in organismi marini.
A settembre 2003 si è deciso di ampliare la base. Prima il presidente della
Regione (di AN) ha chiesto lo smantellamento della base, poi ha cambiato idea.
Sull’Unione sarda è comparso un articolo che riporta, in caso di incidente
nucleare, le misure di sicurezza: spostarsi a 50 km. Senza usare il mare.
In pratica, in un’isola che non ha una dimensione lineare di 50 km., si
chiede di rimanere, in 12.000 abitanti, in trappola.
E’ stato istituito un parco marino, con un Ente Parco che ignora la
presenza della base. Ci piacerebbe che monitorasse lo stato delle persone
così come fa continuamente con i saraghi.
A La Maddalena l’assenza di un dibattito cittadino sulla base (è storico
ormai il rapporto tra maddalenini e presenza militare tanto da aver
determinato assuefazione) ci ha portato ad organizzare incontri, seminari
con esperti, per mettere in luce i rischi che ne derivano e sottolineare i
mancati vantaggi: gli statunitensi usano quasi sempre loro strutture,
aprono propri bar, per la costruzione di alloggi per i militari è stata
fatta una gara via Internet che ha portato a ditte campane vincitrici della
gara. Una fonte di reddito è costituita dall’affitto di case. Ma se
paragoniamo altre realtà meno belle che hanno avuto uno sviluppo turistico,
ci rendiamo conto che siamo mille anni luce indietro. Siamo per la maggior
parte civili, abbiamo bisogno di cose civili. Apprezziamo tutti gli aiuti
che ci possono venire e ci sentiamo vicini agli altri comitati perché
sappiamo cosa significa fare continuamente informazione e vigilanza, cosa
che riescono a fare in modo prezioso solo i comitati.
--- Salvatore De Rosa – ATTAC Taranto
Possiamo chiedere che valga il diritto di gestire il nostro futuro, il
diritto alla salute, all’informazione. Si può chiedere un referendum che
permetta ai cittadini di esprimersi. E’ chiaro che non chiediamo che le
basi non vengano fatte da noi per farle da un’altra parte.
--- Rosario Sciortino - Slai Cobas e Comitato di Sigonella
La Sicilia è conosciuta come la portaerei del Mediterraneo, da dove sono
partiti attacchi aerei per tutte le ultime guerre.
Vi è un investimento per incentivare il soggiorno dei militari, si descrive
la base in continuo aggiornamento, in un paese caldo, dove si possono fare
i bagni dalla primavera all’autunno; la base avrebbe con una ulteriore
funzione strategica sui messaggi militari.
La posizione geostrategica ci porta ad un elevato numero di insediamenti
militari. Non abbiamo approfondito uno studio, oltre a quello sul
censimento degli insediamenti, sull’impatto sull’economia e sullo sviluppo,
cosa che occorrerebbe fare. Si nota però che anche nel nostro caso i
militari cercano di racchiudere la loro vita e le loro attività all’interno
delle loro basi, senza una ricaduta sulle attività produttive. Si nota
anche un forte fenomeno migratorio, che evidentemente non ci sarebbe se
fosse vero il binomio base-sviluppo.
Noi non abbiamo grandi studi sulla presenza delle basi, la mafia sa fare i
suoi affari anche senza grandi studi, gli americani invece fanno molti studi.
Alla militarizzazione ci si abitua, ma quando si va via per un po’ e poi si
torna, ci si stupisce della presenza di tanti muri e di tante zone militari
vietate. La tendenza a militarizzare il territorio si nota anche in
occasione di iniziative che portano a blindare parti delle città come zone
rosse, con la presenza di mezzi di difesa pesanti
Da una relazione per installare un grande poligono: 23.000 ettari di
terreno, diceva la relazione, poco antropizzato, con scarse attività umane,
arretratezza economica, scarsa possibilità di protesta. In realtà con le
mobilitazioni della gente si è riusciti ad evitare il megapoligono. In
altri casi nonostante le mobilitazioni non si è riusciti a spuntare il
risultato, come a Comiso, dove una parte del movimento è anche stato
‘addormentato’ da settori istituzionali che facevano presagire felici ricadute.
--- Ernesto Palatrasio – Slai Cobas Taranto
Avevamo ipotizzato una concomitanza tra manifestazione nazionale e
convegno, che sarebbe stato riempito dai manifestanti. Non è stato
possibile per una concomitanza di tante altre mobilitazioni. E’ impensabile
però che una battaglia su una base, ad esempio quella di Aviano, possa
essere vinta solo con la popolazione di quella città, occorre lavorare di
concerto in una battaglia di tutte le realtà coinvolte nazionali e
internazionali.
Il convegno ha il compito di mettere a fuoco tutti gli aspetti del processo
di militarizzazione. Occorre poi una forte mobilitazione contro la base
militare, anche se partiti e istituzioni sono strettamente legati alla Marina.
Noi abbiamo cercato di mettere insieme le forze che, per radicalità di idee
e convinzioni, facessero parte del Comitato. Pensiamo che altre realtà non
se ne aggregheranno, a meno di cambiamenti da parte loro.
Non si può combattere le basi con le parole, ma con le azioni, anche Gandhi
faceva azioni. Abbiamo cercato di ritardare le partenze con i nostri corpi,
ci siamo misurati con le denunce e le cariche. Così abbiamo mantenuto alta
la bandiera della pace, così come Marescotti che ha scovato le carte del
Pentagono. Dobbiamo poi agganciarci con le masse, fare azioni che mettano
all’attenzione di tutti il problema.
Dobbiamo spiegare che la Marina foraggia i poteri forti e i mezzi di
informazione, la Marina è il potere occulto.
--- Salvatore Fanuri – Comunisti italiani di Manduria (Taranto)
A 19 anni, nel ’65, mi arruolai in Marina, perché non c’era occupazione.
Nel 1981 il movimento antinucleare vinse a Manduria, ma la zona è rimasta
povera. Dovevamo cambiare il movimento del ‘no’ in un movimento ‘per’.
Quando ho fatto volantinaggio contro la guerra e le armi davanti alle
scuole superiori ho dovuto constatare la distanza tra la politica e i
giovani. Bisogna costruire il più ampio consenso della gente, coinvolgendo
lo schieramento dei partiti contro la guerra. Bisogna fare un comitato che
non si batta solo per il ‘no’, ma anche per nuove forme di sviluppo. Sui
temi dello sviluppo bisogna coinvolgere la popolazione; bisogna informare
le scuole sui contenuti di questo convegno.
--- Giuseppe Esposito - Comitato Napoli contro la guerra
Lo spostamento di flotte sembra un gioco di scacchi: da Gaeta a Taranto? Da
Londra a Napoli?
I centri di questa presenza militare: Capodichino, Bagnoli, Giuliano
(vicino Licola) e Castellammare. Non abbiamo informazioni precise, come
sempre. C’è un radar che forse fa parte di Echelon. Alcuni segnali li
cogliamo da chi ha lavorato in imprese che hanno fatto scavi. Facciamo
ipotesi, da informazioni su espropriazione e altro, di spostamenti di
comandi. Abbiamo fenomeni strani. Bagnoli, sede Nato, inaugurata in ottobre
2004, centro di addestramento per le truppe in Irak.Il comitato di
quartiere ha fatto una buona manifestazione, ma dobbiamo superare il limite
della frammentazione. Capodichino non sa cosa fa Bagnoli e viceversa.
Dobbiamo inoltre evitare di parlare solo degli statunitensi e anche di Nato
e di Europa. Nella Costituzione europea, l’Europa promuove i suoi
interessi, rende operative forze anche fuori da essa. Con questo l’Europa
cerca di colmare un divario, anche di investimenti, che la separa dagli
USA. Gli USA spendono 390 miliardi di dollari, l’Europa molto meno.
Purtroppo i partiti istituzionali sono coinvolti. Ad esempio, abbiamo un
piano di formazione, nella regione Campania, con varie specializzazioni,
tra cui quelle su operazioni di peacekeeping (oltre che di veline).
Occorre magari fare azioni di piccoli gruppi, per tenere alta l’attenzione,
ma occorre soprattutto un coordinamento delle realtà che lottano, porteremo
l’istanza di una manifestazione nazionale a Taranto.
--- Salvatore Stasi – Confederazione Cobas (Taranto)
Il Comitato può essere uno strumento concreto nelle mani della gente. La
propaganda nei luoghi di lavoro, nei quartieri non è stata diffusa, e
dobbiamo rimediare, anche se non è facile, visto che non ci sono risvolti
massmediatici.
Un amico mio coetaneo ha prefigurato che fra 30 anni Taranto sarà
completamente militarizzata, con una popolazione anziana e, aggiungo io,
con una diffusione capillare della malavita. Sono sempre stati forti i
legami tra i poteri forti, la massoneria (Taranto è la città delle 12 logge
segrete) e la Marina. Ci dobbiamo prefigurare un giro di interessi enormi,
un giro di vite sul controllo sociale e sulla repressione del dissenso. Non
è casuale l’assenza dei pezzi forti del Centrosinistra. Si prefigura la
presentazione di Ostillio da parte del Centrosinistra alle prossime
elezioni, un rappresentante politico funzionale ai poteri forti della Marina.
Se la guerra diventa l’elemento unico delle forme della politica, schiaccia
ogni forma di dissenso; non ti puoi opporre alle politiche del G8, se no ti
carico, ti arresto, ti torturo, come è accaduto a Genova, a Bolzaneto.
Durante il periodo di Cito tra le poche voci di dissenso c’era il centro
sociale, che ha lavorato sul territorio nonostante le minacce. Alla
manifestazione contro Cito non c’erano CGIL, CISL, UIL, ma i lavoratori
desiderosi di difendere la democrazia c’erano.
Dobbiamo mobilitarci per la manifestazione del 27 di Cosenza, perché è una
battaglia per difendere il diritto al dissenso di tutti. Il governo di
Berlusconi ci ha chiesto un risarcimento per danno all’immagine di 10
milioni di euro, quando a Genova ci sono stati un morto, feriti, arrestati,
torturati.
Lavoriamo per mettere in cantiere una manifestazione nazionale, nel giro
dei prossimi mesi. Creiamo una rete dei comitati delle varie zone a
presenza militare.
Se loro sono 8, noi siamo 6 miliardi.
--- Enzo Diano - Comitato contro la guerra di Ravenna (Bisignano)
Vengo da una regione ‘rossa’ con una Enichem che ha deciso di vendere: a
Nassirya ci sono situazioni più vantaggiose. Ogni anno a Ravenna c’è un
incontro di grossi produttori di petrolio per decidere strategie e affari.
Il nesso tra politiche governative e politiche internazionali si nutre
della guerra . Questo convegno può dare un contributo alla mobilitazione
contro la guerra. Sono stati utili i contributi dei relatori per darci
informazioni, in un settore dove è difficile averne.
Nella nostra Regione abbiamo notevoli servitù militari. C’è Poggio Renatico
(centro operativo aereo), Parma, S. Damiano a Piacenza, da dove sono
partiti i Tornado nella prima guerra del golfo, Rimini, oggetto di molte
interrogazioni parlamentari, Cervia.
Si parla di un sito di stoccaggio di scorie nucleari militari, di un
deposito di munizioni con componente nucleare. L’inquinamento prodotto è
notevole, anche di tipo acustico: le scuole vicino alle basi lamentano il
passaggio di aerei a bassa quota, con rumori assordanti. La risposta alle
nostre istanze è repressiva, con la reclusione fino a 5 anni per chi
diffonde notizie militari.
Da questo convegno deve partire un percorso di coinvolgimento delle
popolazioni, per avere non solo i pezzi del movimento contro la guerra.
--- Andrea Catone - Movimento contro la guerra nei Balcani – Mostza Beograd
Ci sembra importante questo convegno che sottolinea nuovamente il problema
delle basi militari, al centro di una politica di controllo delle zone del
‘Sud Est’ europeo. La Yugoslavia è stata il centro di uno scontro di due
imperialismi, quello statunitense e quello europeo, con contraddizioni
interne, ma che hanno agito sfruttando contraddizioni interne, per avere
uno smembramento della Yugoslavia. La cosiddetta guerra umanitaria, con
l’uso di bombe a frammentazione e di proiettili all’uranio impoverito, la
distruzione sistematica delle infrastrutture, gli obiettivi colpiti nelle
città.
Il Kossovo è diventato un altro stato, con finanziamenti dall’estero, le
pulizie etniche sono state fatte poi a danno delle minoranze e della
popolazione ‘non UCK’.
Gli argomenti relativi ai rischi nucleari servono per coinvolgere la
popolazione, ma non dobbiamo perdere di vista la funzionalità della base di
Taranto ad un gioco di interessi imperialisti.
Dobbiamo denunciare che la Nato è uno strumento di alleanza aggressiva, non
si é indebolita negli anni ’90, e diventata più forte in funzione di
aggressione militare.
--- Francesco Carri, pastore Valdese di Taranto
Si lamentava stamane l’assenza della Chiesa. In realtà avevo annunciato già
da tempo il nostro intervento come Chiesa Valdese al convegno.
Sta venendo fuori una tendenza al conflitto tra religioni che si appoggia
su una cultura guerrafondaia. Invece dobbiamo andare in controtendenza,
leggendo attentamente la Bibbia, con la linea della smilitarizzazione.
Parlando di due grosse potenze, Isaia dice che l’Assiria sarà dov’è
l’Egitto e viceversa; in altre parole, Isaia dice che ci sarà, laddove si
vuole fomentare uno scontro di civiltà, uno scambio di culture che porterà
ad un arricchimento reciproco. Dobbiamo scardinare il concetto di
cattolicesimo universale che vuole dominare su tutto e tutti, e che rischia
di fomentare gli scontri di religioni e di civiltà.
--- Red Blok
Ci siamo mossi nelle scuole in questi giorni per propagandare il convegno.
Riteniamo importante mobilitarci contro la guerra imperialista di Bush,
appoggiato dal governo Berlusconi, una guerra che uccide civili, tortura le
persone. Che fine ha fatto il movimento per la pace? Zapatero ha ritirato
le truppe dall’Irak. Rovesciando l’imperialismo riusciremo a sconfiggere la
logica della guerra. La repressione nelle scuole è altissima, si minacciano
gli studenti di sospensione per aver partecipato alla manifestazione contro
la riforma Moratti. Noi dobbiamo unirci per sconfiggere tutto questo.
--- Conclusioni
- Creare una rete tra le realtà operanti in zone con basi e insediamenti
militari, con possibilità di scambio di informazioni ed esperienze e di
coordinamento di mobilitazioni.
- Lanciare una vertenza nazionale Taranto sulla questione della terza base
navale.
- Costruire una manifestazione nazionale a Taranto in primavera.
- Diffondere gli atti del convegno.
- Realizzare iniziative simboliche di piccoli gruppi che servano a tenere
alta l’attenzione (anche il presidio del 25 giugno, sia pure operato da
piccoli gruppi, ha dato a molti lavoratori e cittadini la possibilità di
conoscere voci fuori dal coro delle celebrazioni).
Per altre informazioni sul Convegno:
http://italy.peacelink.org/disarmo/articles/art_8248.html