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Figlio della Thatcher arrestato per tentato golpe
JOHANNESBURG - Il figlio dell’ex premier britannica Margaret Thatcher,
Mark, è stato arrestato oggi a Città del capo (sud-ovest del Sudafrica) per
il suo presunto coinvolgimento in un tentativo di colpo di stato effettuato
da un gruppo di mercenari in Guinea Equatoriale. Lo riferisce l’agenzia
sudafricana Sapa. Mark Thatcher, il cui arresto era stato chiesto dalla
Guinea, avrebbe finanziato insieme ad altri l’operazione militare, guidata
dal mercenario britannico Simon Mann.
Scopo del fallito colpo di stato sarebbe stato rovesciare il presidente
della Guinea Equatoriale Teodoro Obiang e installare al suo posto
l’oppositore Severo Moto, attualmente in esilio in Spagna. A finanziarlo
sarebbero stati il broker anglo-sudafricano Eli Calil ed altri finanzieri
stranieri, nella speranza di poter sfruttare gli enormi giacimenti
petroliferi del Paese.
La Guinea Equatoriale, con 350.000 barili estratti al giorno, è diventato
il terzo Paese africano produttore di petrolio.
Per il fallito colpo di stato, settanta presunti mercenari sono detenuti in
Zimbabwe e altri 19 uomini sono sotto processo a Malabo, capitale della
Guinea Equatoriale. Il 90/mo imputato, un tedesco, è morto in prigione per
sospette torture, secondo quando ha denunciato Amnesty International.
Fra i detenuti in Guinea Equatoriale c’è anche il trafficante d’armi
sudafricano Nick du Toit che ieri al processo, apertosi a Malabo lunedì, ha
sostenuto che i mercenari arrestati non sapevano per cosa erano stati
reclutati.
Il colpo di stato era stato preparato, ha detto, da finanzieri stranieri.
I mercenari, incriminati per tentato omicidio del capo dello stato,
possesso illegale di armi ed esplosivi, terrorismo e tradimento, rischiano
pene fino ad 86 anni di prigione, mentre Nick du Toit potrebbe essere
condannato a morte.
Quanto all’arresto di Mark Thatcher, un portavoce della Procura sudafricana
ha detto alla Bbc che è in corso una perquisizione dell’abitazione a Città
del Capo di un cittadino britannico sospettato di aver finanziato e offerto
aiuto logistico alle persone coinvolte nel presunto tentativo di colpo di
stato.
Il portavoce ha inoltre detto che probabilmente la Procura non si opporrà a
una richiesta di libertà su cauzione a condizione che l’indiziato non lasci
il Paese.
Intanto, l’ufficio londinese di Margaret Thatcher ha precisato che l’ex
primo ministro è in vacanza negli Usa e ha sostenuto che non è stata ancora
contattata. Il ritorno di Lady Thatcher in Gran Bretagna è atteso per venerdì.
25/8/2004
chi è Nick du Toit?
Un vecchio Boeing bloccato sulla pista di Harare: a bordo, 64 mercenari
guidati da un ex colonnello dei Sas uscito da Eton. Una storia che sembra
la trama di un romanzo di Forsyth, ma che imbarazza governi e multinazionali.
Domenica 7 marzo un vecchio Boeing 727-100 cargo è fermo sulla pista
dell'aeroporto di Harare, capitale dello Zimbabwe. Sono le 19.30 ora
locale. Il sole è già tramontato dietro le acacie dell'altopiano e sulla
fusoliera bianca si distingue appena il numero di matricola del velivolo:
N4610. Solo la cabina è illuminata. Il pilota, che ha chiesto alla torre di
controllo il permesso di atterrare per fare rifornimento, ha spento le luci
e ha dichiarato un equipaggio di tre membri. Ma a bordo, accucciati al buio
tra casse di materiale bellico, valigie piene di radio ricetrasmittenti e
zaini militari, ci sono 64 passeggeri: sudafricani, angolani, congolesi,
namibiani. Mercenari in missione di guerra.
Nessuno fiata. Come il loro capo, Simon Witherspoon, ex commando delle
forze speciali di Pretoria, sono quasi tutti veterani del 32° Buffalo
battalion, l'unità utilizzata negli anni Settanta e Ottanta dal regime
dell'apartheid per le «dirty wars» in Angola e in Namibia. Passano i
minuti. Il piano prevede che durante il rifornimento vengano caricate
sull'aereo armi e munizioni, procurate sul posto dal cervello
dell'operazione, l'ex colonnello dei Sas britannici Simon Mann. Serviranno
per rovesciare Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, il tiranno al potere dal 1979
in Guinea Equatoriale, minuscolo paese sulla costa atlantica che ha
scoperto giacimenti di greggio ed è finito nel mirino delle multinazionali
del petrolio.
È Witherspoon ad accorgersi che qualcosa sta andando storto: Simon Mann non
risponde ai tentativi di contatto radio e il pilota avverte che invece
dell'autobotte con il carburante sono sbucate da un hangar jeep e
camionette stipate di soldati. Una trappola. I mercenari, presi in consegna
dalla polizia politica di Robert Mugabe, vengono rinchiusi in un carcere di
Harare e adesso rischiano la condanna alla pena capitale.
Sembra la sceneggiatura di un film tratto dal bestseller di Frederick
Forsyth The Dogs of War, storia di una spietata banda di «mastini della
guerra» che tenta un colpo di stato nell'immaginaria repubblica africana di
Zangaro, traboccante di platino. Ma la realtà supera la fantasia dello
scrittore. Il giallo non finisce in Zimbabwe e ha risvolti politici e
diplomatici inquietanti.
Lunedì 8, su segnalazione dei servizi segreti angolani e sudafricani, la
polizia guineana arresta a Malabo altri 15 stranieri di nazionalità
sudafricana, tedesca, armena e kazaka: è il team avanzato che attendeva il
Boeing con le armi e i rinforzi. Il loro leader è una vecchia conoscenza
dei servizi di sicurezza di Londra e di Pretoria: il colonnello Nick Du
Toit, 48 anni, ex ufficiale dell'esercito sudafricano, che avrebbe ricevuto
5 milioni di dollari per portare a termine la missione.
Per conto di chi? I governi di Malabo e di Harare non hanno dubbi: dietro i
mercenari ci sarebbero la Cia, l'Mi6 britannico e il Centro nacional de
inteligencia spagnolo, decisi a spodestare Teodoro Obiang (appena rieletto
per altri 7 anni e in pessimi rapporti con il Fondo monetario
internazionale e la Banca mondiale) per rimpiazzarlo con il più malleabile
capo dell'opposizione Severo Moto Nsa, in esilio a Madrid con una condanna
in contumacia a 100 anni di reclusione per un tentato putsch nel 1997.
Il golpe sarebbe stato ispirato dalle compagnie petrolifere occidentali
(Exxon Mobil, Chevron, TotalFina, Repsol) ansiose di sfruttare le riserve
del paese, terzo produttore africano di greggio dopo Nigeria e Angola,
quarto beneficiario subsahariano degli investimenti americani e
protagonista negli ultimi anni (i pozzi sono entrati in produzione nel
1996) di una crescita economica che registra uno spettacolare tasso di
espansione del 60 per cento annuo, il più elevato al mondo. Una manna che,
lungi dal temperare la miseria della popolazione, alimenta la dilagante
corruzione e ingrassa i conti svizzeri di una nomenklatura che venera il
dittatore come una divinità: «Egli può uccidere senza rendere conto ad
alcuno e senza andare all'inferno» proclama Radio Malabo «perché egli
stesso è Dio».
Questa versione del complotto, contestata da Severo Moto il quale sostiene
trattarsi di una montatura per screditarlo, è invece corroborata dal
mercenario Du Toit: «Non intendevamo uccidere il presidente» ha dichiarato
alle telecamere della tv locale. «Volevamo solo sequestrarlo, trasportarlo
in Spagna e sostituirlo con il leader dell'opposizione». Simon Mann, nel
frattempo, ha affermato di essere giunto ad Harare in febbraio con
l'intenzione di acquistare armi da un'azienda statale zimbabwena, la
Defence Ministries, per conto della società Logo Logistics, impegnata in
una non meglio definita «operazione di sicurezza».
Charles Burrow, portavoce della Logo, ha in un primo tempo affermato che i
64 esperti militari erano diretti nella Repubblica democratica del Congo
per tutelare gli interessi di un ente minerario. Ma lo stesso Mann ha poi
confessato, forse sotto tortura, i dettagli del fallito golpe: i servizi
segreti occidentali avrebbero convinto i più alti gradi della polizia e
dell'esercito di Malabo a non opporre resistenza in cambio di posti nel
futuro governo; e lo stesso Severo Moto avrebbe promesso a Mann i diritti
di sfruttamento su alcuni giacimenti petroliferi.
Il piano sembrava ben congegnato: la Logo Logistics è la stessa società di
Johannesburg che ai primi di marzo ha comprato il vecchio Boeing 727 dalla
Dodson Aviation, con sede a Ottawa nel Kansas. Il cargo, dopo uno scalo a
Johannesburg, ha proseguito per un piccolo aeroporto non lontano da
Pretoria dove ha imbarcato i 64 mercenari e ha poi decollato verso Harare.
Ma l'intera vicenda ha molti punti oscuri.
Nick Du Toit, ora accusato di essere «un losco trafficante di armi e di
diamanti», non era affatto uno sconosciuto in Guinea. A Malabo era arrivato
lo scorso luglio, su invito del governo, per addestrare l'esercito
regolare: lui e i suoi uomini erano al soldo di Obiang.
tratto da: Panorama