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soluzioni al fenomeno immigrazione
- Subject: soluzioni al fenomeno immigrazione
- From: rossana <rossana123@libero.it>
- Date: Wed, 22 Oct 2003 08:41:57 +0200
SCHIUMA
La schiuma al peperoncino viene sparata attraverso idranti modificati sulle
imbarcazioni che stanno tornando indietro, con a bordo i soli scafisti. La
schiuma, una sostanza adesiva, crea un effetto paralizzante temporaneo e
impedisce agli scafisti
di proseguire il loro viaggio
dando il tempo alle forze dell’ordine
di bloccarli
SIRINGHE
Con un lanciarazzi modificato possono essere sparate le siringhe caricate
con sedativi. Hanno un effetto sedativo sulle persone che vengono colpite.
In questo modo gli scafisti non possono proseguire il viaggio di rientro.
Anche questa è un’arma non letale, «concepita per incapacitare persone per
brevi periodi senza arrecare loro danni permanenti»
RADIAZIONI
È la soluzione più sconsigliata. Si chiama «Vmads»: è un sistema di
radiazioni a onde corte paralizzanti messo a punto dall’Aeronautica
militare degli Stati Uniti con un investimento da 40 milioni di dollari.
Provoca un rapidissimo riscaldamento della pelle e un forte dolore. Il
rischio è quello di causare danni permanenti agli occhi
BUCCIA DI BANANA
Questa soluzione si chiama «buccia di banana istantanea». Consiste nel
lancio, attraverso idranti modificati, di una sostanza polimerica che viene
«sparata» sulla superficie della barca. La sostanza rende il pavimento
dell’imbarcazione molto scivoloso, tanto che chi è a bordo non riesce a
stare in piedi. La soluzione è adatta se a bordo ci sono solo gli scafisti
«Siluri intelligenti per fermare gli scafisti»
IL MISSILE SUB
E' un missile subacqueo filoguidato che quando arriva vicino all'obiettivo
rilascia una rete e una serie di cavi di gomma con anima in nylon che si
aggrovigliano intorno all'elica del motore facendola bloccare. Può partire
da una nave della Marina militare attraverso lanciarazzi oppure da
postazioni immobili in mare aperto
Può andare alla velocità di 50 nodi
Un piano elaborato da esperti coordinati dal generale Jean. Previsto anche
un comando navale della Nato
ROMA - Sembra quasi di essere in un film di James Bond. Siluro
intelligente, buccia di banana istantanea, schiuma paralizzante al
peperoncino. Ma 007 non c’entra. Questi sono gli strumenti che la
tecnologia offre per fermare gli scafisti, senza pericolo per chi su quella
barca è solo un disperato. Strumenti suggeriti da un rapporto elaborato dal
Centro studi di geopolitica economica e dalla Scuola superiore
dell’economia e delle finanze. E che si dovrebbero aggiungere ad una
maggiore collaborazione tra i Paesi europei. La ricerca («Il controllo dei
traffici migratori illeciti nel mare Mediterraneo», oltre 400 pagine,
commissionata dal ministero dell’Economia) è stata realizzata in più di un
anno di lavoro da un gruppo coordinato dal generale Carlo Jean, consigliere
militare del Quirinale ai tempi di Cossiga, oggi presidente della Sogin, la
società che gestisce la dismissione delle ex centrali nucleari. Verrà
presentata ufficialmente nei prossimi giorni.
SILURO INTELLIGENTE - Per fermare i flussi in arrivo è la soluzione su cui
si insiste di più, perché in grado di «minimizzare la possibilità di
provocare danni fisici alle persone». Si tratta di un missile subacqueo
filoguidato capace di viaggiare ad una velocità di 50 nodi. Non colpisce lo
scafo ma lo blocca: quando è vicino all’obiettivo, rilascia una rete di
cavi di gomma con anima in nylon che si aggroviglia intorno all’elica del
motore. Basterebbe modificare un siluro, l’A 184, già in dotazione alle
nostre forze armate. Anzi, lo studio dice di più: «Sembra che la Marina
abbia un eccesso di siluri nei suoi magazzini e stia cercando di rivenderli
a prezzo di realizzo. Per cui potrebbe esistere la possibilità di una
interessante diminuzione del prezzo d’acquisto del singolo pezzo», che
viene stimato in un milione di euro. Il costo per ogni lancio è di 150 mila
euro. Lo stesso missile può essere utilizzato fino a 100 volte.
ARMI NON LETALI - Il discorso cambia se l’imbarcazione non sta facendo
rotta verso l’Italia ma sta tornando verso il porto di partenza. A bordo ci
sono solo gli scafisti e quindi la mano può essere più pesante. Il rapporto
fa l’elenco delle cosiddette armi non letali, «concepite per incapacitare
persone per brevi periodi senza arrecare loro danni permanenti». E propone
di utilizzare quelle a più basso impatto. Qualche esempio. La «buccia di
banana» istantanea: un liquido che rende scivolosa la superficie della
barca in fuga facendola diventare ingovernabile. La «schiuma al
peperoncino»: una sostanza adesiva che può bloccare gli scafisti a bordo.
Oppure le siringhe di sedativi che possono essere sparate con un
lanciarazzi modificato. Prudenza, invece, per il Vmads, il sistema di
radiazioni paralizzanti messo a punto dall’Aeronautica militare Usa con un
investimento da 40 milioni di dollari. Provoca un rapidissimo riscaldamento
della pelle e un forte dolore. Il rischio è quello di causare danni
permanenti agli occhi. Il gruppo di lavoro «non ritiene di suggerirne
l’adozione in attesa di adeguati approfondimenti sperimentali». Ma aggiunge
che «vale la pena di effettuare uno studio di fattibilità».
AZIONI DIMOSTRATIVE - Il rapporto liquida in poche parole l’ipotesi di
speronare le imbarcazioni dei clandestini: «una metodologia che appare
controindicata». Ma dice anche che l’Italia «si è schierata con i più
tolleranti fra i Paesi europei», creando un «sistema che vede il nostro
Stato fra quelli preferiti» come punto d’arrivo. Per questo le «azioni di
contrasto in mare aperto», cioè respingere senza arrivare al contatto,
«sarebbero di indubbia efficacia», e con un «forte impatto sull’opinione
pubblica». Queste operazioni «potrebbero essere tentate a scopo
dimostrativo sulle navi che celano i migranti nelle stive per poi
trasbordarli su unità più piccole, "a perdere", impiegate per raggiungere
le coste italiane». In ogni caso andrebbe potenziata la rete costiera di
radar.
PIU’ EUROPA - In tutto questo, però, l’Italia non può restare sola. Il
gruppo di lavoro «auspica un accordo fra le Marine militari europee per
operazioni congiunte da portare a termine in alto mare». Aggiungendo che il
coordinamento potrebbe essere affidato a un «organismo internazionale
individuabile in una comando navale della Nato». Non solo. Perché viene
proposta anche la creazione di un «commissariato immigrazione e sicurezza a
livello europeo». Dovrebbe essere «strettamente collegato» con i sistemi di
intelligence degli Stati di partenza e di arrivo dei flussi. Uno dei suoi
obiettivi dovrebbe essere quello di facilitare la conclusione di accordi
multilaterali. Ma avrebbe anche un altro compito: «Curare una sorta di
contingentamento e di distribuzione degli immigrati tra i vari Paesi
europei, onde evitare squilibri e diversità di atteggiamento, certamente
nocivi ai fini di una coerente politica unitaria».
L’Italia vuol dare radar alla Libia
ROMA - «La situazione libica è ormai al collasso. Senza un intervento che
blocchi le frontiere terrestri, le partenze aumenteranno ogni giorno. Sono
migliaia le persone che attendono di imbarcarsi». Le notizie che arrivano
dagli ufficiali di collegamento italiani in missione a Tripoli forniscono
un quadro allarmante. Ma parlano anche di un atteggiamento «poco chiaro»
del colonnello Gheddafi, diviso tra la volontà di non perdere terreno
rispetto al mondo islamico e quello di premere sull’Europa perché sospenda
l’embargo (l’Onu ha già concesso il via libera). Una situazione che rischia
di incidere negativamente sull’Italia, meta dei clandestini che hanno
ripreso i loro viaggi della speranza. Di questo parlerà oggi pomeriggio
alla Camera il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu nella sua informativa
sull’emergenza immigrazione. E si appellerà ai partner dell’Ue affinché si
arrivi ad uno sforzo comune, senza escludere un intervento umanitario in
quei Paesi africani dai quali si muove un vero e proprio esodo, come il
Ciad, la Somalia, il Ghana e l’Eritrea. Il titolare del Viminale assicura
che l’intesa siglata agli inizi di luglio con i libici continua a
funzionare. Ma i tecnici sottolineano che l’accordo è soprattutto
«diplomatico», vista l’impossibilità di concedere le apparecchiature
adeguate per un monitoraggio delle coste. Non a caso, nel gennaio scorso
l’Italia aveva chiesto a Bruxelles una deroga all’embargo che consentisse
la fornitura di alcuni radar per il controllo del territorio e di
motovedette «doppio uso». «Sino a quando non sarà possibile usare questi
strumenti - chiarisce un esperto - i controlli restano affidati
esclusivamente alle forze di polizia e si concentrano nei porti». Una
difficoltà incontrata anche dai nostri ufficiali di collegamento che troppo
spesso non riescono a segnalare tempestivamente le partenze. L’attività
degli italiani si sta concentrando soprattutto sui confini interni, con
un’opera di intelligence che verifica i flussi migratori e tenta di creare
filtri più severi alle frontiere. «Un’attività - chiariscono i tecnici -
che non è comunque sufficiente a bloccare gli arrivi, anche perché non ci
sono sanzioni da imporre in caso di mancato rispetto dei patti». Non
bisogna dimenticare, infatti, che quello siglato con la Libia non è un
trattato ma «un’intesa operativa con le autorità di sicurezza e con la
polizia di frontiera». Ben diverso il rapporto instaurato con la Tunisia.
Alla Camera Pisanu spiegherà che «la collaborazione è efficace» e citerà
probabilmente quanto avvenuto ieri al largo di Pantelleria. Tre
imbarcazioni che trasportavano 28 clandestini sono state avvistate dal
reparto aeronavale della Guardia di Finanza di Palermo e bloccate in mare.
Dopo una trattativa avviata con le autorità tunisine, il Viminale ha
disposto l’immediata consegna degli immigrati e a 14 miglia dalla costa è
avvenuto il trasbordo.
Potrebbero non essere rispediti in patria i somali salvati domenica al
largo di Lampedusa. «Se presenteranno domanda di asilo e ci saranno i
requisiti potranno rimanere in Italia come profughi». Lo sostiene il
direttore del Dipartimento per l’immigrazione del Viminale, Alessandro
Pansa (nella foto) .