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soluzioni al fenomeno immigrazione



SCHIUMA
La schiuma al peperoncino viene sparata attraverso idranti modificati sulle 
imbarcazioni che stanno tornando indietro, con a bordo i soli scafisti. La 
schiuma, una sostanza adesiva, crea un effetto paralizzante temporaneo e 
impedisce agli scafisti
di proseguire il loro viaggio
dando il tempo alle forze dell’ordine
di bloccarli

SIRINGHE

Con un lanciarazzi modificato possono essere sparate le siringhe caricate 
con sedativi. Hanno un effetto sedativo sulle persone che vengono colpite. 
In questo modo gli scafisti non possono proseguire il viaggio di rientro. 
Anche questa è un’arma non letale, «concepita per incapacitare persone per 
brevi periodi senza arrecare loro danni permanenti»

RADIAZIONI

È la soluzione più sconsigliata. Si chiama «Vmads»: è un sistema di 
radiazioni a onde corte paralizzanti messo a punto dall’Aeronautica 
militare degli Stati Uniti con un investimento da 40 milioni di dollari. 
Provoca un rapidissimo riscaldamento della pelle e un forte dolore. Il 
rischio è quello di causare danni permanenti agli occhi

BUCCIA DI BANANA

Questa soluzione si chiama «buccia di banana istantanea». Consiste nel 
lancio, attraverso idranti modificati, di una sostanza polimerica che viene 
«sparata» sulla superficie della barca. La sostanza rende il pavimento 
dell’imbarcazione molto scivoloso, tanto che chi è a bordo non riesce a 
stare in piedi. La soluzione è adatta se a bordo ci sono solo gli scafisti

«Siluri intelligenti per fermare gli scafisti»
IL MISSILE SUB
E' un missile subacqueo filoguidato che quando arriva vicino all'obiettivo 
rilascia una rete e una serie di cavi di gomma con anima in nylon che si 
aggrovigliano intorno all'elica del motore facendola bloccare. Può partire 
da una nave della Marina militare attraverso lanciarazzi oppure da 
postazioni immobili in mare aperto
Può andare alla velocità di 50 nodi


Un piano elaborato da esperti coordinati dal generale Jean. Previsto anche 
un comando navale della Nato

ROMA - Sembra quasi di essere in un film di James Bond. Siluro 
intelligente, buccia di banana istantanea, schiuma paralizzante al 
peperoncino. Ma 007 non c’entra. Questi sono gli strumenti che la 
tecnologia offre per fermare gli scafisti, senza pericolo per chi su quella 
barca è solo un disperato. Strumenti suggeriti da un rapporto elaborato dal 
Centro studi di geopolitica economica e dalla Scuola superiore 
dell’economia e delle finanze. E che si dovrebbero aggiungere ad una 
maggiore collaborazione tra i Paesi europei. La ricerca («Il controllo dei 
traffici migratori illeciti nel mare Mediterraneo», oltre 400 pagine, 
commissionata dal ministero dell’Economia) è stata realizzata in più di un 
anno di lavoro da un gruppo coordinato dal generale Carlo Jean, consigliere 
militare del Quirinale ai tempi di Cossiga, oggi presidente della Sogin, la 
società che gestisce la dismissione delle ex centrali nucleari. Verrà 
presentata ufficialmente nei prossimi giorni.
SILURO INTELLIGENTE - Per fermare i flussi in arrivo è la soluzione su cui 
si insiste di più, perché in grado di «minimizzare la possibilità di 
provocare danni fisici alle persone». Si tratta di un missile subacqueo 
filoguidato capace di viaggiare ad una velocità di 50 nodi. Non colpisce lo 
scafo ma lo blocca: quando è vicino all’obiettivo, rilascia una rete di 
cavi di gomma con anima in nylon che si aggroviglia intorno all’elica del 
motore. Basterebbe modificare un siluro, l’A 184, già in dotazione alle 
nostre forze armate. Anzi, lo studio dice di più: «Sembra che la Marina 
abbia un eccesso di siluri nei suoi magazzini e stia cercando di rivenderli 
a prezzo di realizzo. Per cui potrebbe esistere la possibilità di una 
interessante diminuzione del prezzo d’acquisto del singolo pezzo», che 
viene stimato in un milione di euro. Il costo per ogni lancio è di 150 mila 
euro. Lo stesso missile può essere utilizzato fino a 100 volte.
ARMI NON LETALI - Il discorso cambia se l’imbarcazione non sta facendo 
rotta verso l’Italia ma sta tornando verso il porto di partenza. A bordo ci 
sono solo gli scafisti e quindi la mano può essere più pesante. Il rapporto 
fa l’elenco delle cosiddette armi non letali, «concepite per incapacitare 
persone per brevi periodi senza arrecare loro danni permanenti». E propone 
di utilizzare quelle a più basso impatto. Qualche esempio. La «buccia di 
banana» istantanea: un liquido che rende scivolosa la superficie della 
barca in fuga facendola diventare ingovernabile. La «schiuma al 
peperoncino»: una sostanza adesiva che può bloccare gli scafisti a bordo. 
Oppure le siringhe di sedativi che possono essere sparate con un 
lanciarazzi modificato. Prudenza, invece, per il Vmads, il sistema di 
radiazioni paralizzanti messo a punto dall’Aeronautica militare Usa con un 
investimento da 40 milioni di dollari. Provoca un rapidissimo riscaldamento 
della pelle e un forte dolore. Il rischio è quello di causare danni 
permanenti agli occhi. Il gruppo di lavoro «non ritiene di suggerirne 
l’adozione in attesa di adeguati approfondimenti sperimentali». Ma aggiunge 
che «vale la pena di effettuare uno studio di fattibilità».
AZIONI DIMOSTRATIVE - Il rapporto liquida in poche parole l’ipotesi di 
speronare le imbarcazioni dei clandestini: «una metodologia che appare 
controindicata». Ma dice anche che l’Italia «si è schierata con i più 
tolleranti fra i Paesi europei», creando un «sistema che vede il nostro 
Stato fra quelli preferiti» come punto d’arrivo. Per questo le «azioni di 
contrasto in mare aperto», cioè respingere senza arrivare al contatto, 
«sarebbero di indubbia efficacia», e con un «forte impatto sull’opinione 
pubblica». Queste operazioni «potrebbero essere tentate a scopo 
dimostrativo sulle navi che celano i migranti nelle stive per poi 
trasbordarli su unità più piccole, "a perdere", impiegate per raggiungere 
le coste italiane». In ogni caso andrebbe potenziata la rete costiera di 
radar.
PIU’ EUROPA - In tutto questo, però, l’Italia non può restare sola. Il 
gruppo di lavoro «auspica un accordo fra le Marine militari europee per 
operazioni congiunte da portare a termine in alto mare». Aggiungendo che il 
coordinamento potrebbe essere affidato a un «organismo internazionale 
individuabile in una comando navale della Nato». Non solo. Perché viene 
proposta anche la creazione di un «commissariato immigrazione e sicurezza a 
livello europeo». Dovrebbe essere «strettamente collegato» con i sistemi di 
intelligence degli Stati di partenza e di arrivo dei flussi. Uno dei suoi 
obiettivi dovrebbe essere quello di facilitare la conclusione di accordi 
multilaterali. Ma avrebbe anche un altro compito: «Curare una sorta di 
contingentamento e di distribuzione degli immigrati tra i vari Paesi 
europei, onde evitare squilibri e diversità di atteggiamento, certamente 
nocivi ai fini di una coerente politica unitaria».
L’Italia vuol dare radar alla Libia

ROMA - «La situazione libica è ormai al collasso. Senza un intervento che 
blocchi le frontiere terrestri, le partenze aumenteranno ogni giorno. Sono 
migliaia le persone che attendono di imbarcarsi». Le notizie che arrivano 
dagli ufficiali di collegamento italiani in missione a Tripoli forniscono 
un quadro allarmante. Ma parlano anche di un atteggiamento «poco chiaro» 
del colonnello Gheddafi, diviso tra la volontà di non perdere terreno 
rispetto al mondo islamico e quello di premere sull’Europa perché sospenda 
l’embargo (l’Onu ha già concesso il via libera). Una situazione che rischia 
di incidere negativamente sull’Italia, meta dei clandestini che hanno 
ripreso i loro viaggi della speranza. Di questo parlerà oggi pomeriggio 
alla Camera il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu nella sua informativa 
sull’emergenza immigrazione. E si appellerà ai partner dell’Ue affinché si 
arrivi ad uno sforzo comune, senza escludere un intervento umanitario in 
quei Paesi africani dai quali si muove un vero e proprio esodo, come il 
Ciad, la Somalia, il Ghana e l’Eritrea. Il titolare del Viminale assicura 
che l’intesa siglata agli inizi di luglio con i libici continua a 
funzionare. Ma i tecnici sottolineano che l’accordo è soprattutto 
«diplomatico», vista l’impossibilità di concedere le apparecchiature 
adeguate per un monitoraggio delle coste. Non a caso, nel gennaio scorso 
l’Italia aveva chiesto a Bruxelles una deroga all’embargo che consentisse 
la fornitura di alcuni radar per il controllo del territorio e di 
motovedette «doppio uso». «Sino a quando non sarà possibile usare questi 
strumenti - chiarisce un esperto - i controlli restano affidati 
esclusivamente alle forze di polizia e si concentrano nei porti». Una 
difficoltà incontrata anche dai nostri ufficiali di collegamento che troppo 
spesso non riescono a segnalare tempestivamente le partenze. L’attività 
degli italiani si sta concentrando soprattutto sui confini interni, con 
un’opera di intelligence che verifica i flussi migratori e tenta di creare 
filtri più severi alle frontiere. «Un’attività - chiariscono i tecnici - 
che non è comunque sufficiente a bloccare gli arrivi, anche perché non ci 
sono sanzioni da imporre in caso di mancato rispetto dei patti». Non 
bisogna dimenticare, infatti, che quello siglato con la Libia non è un 
trattato ma «un’intesa operativa con le autorità di sicurezza e con la 
polizia di frontiera». Ben diverso il rapporto instaurato con la Tunisia. 
Alla Camera Pisanu spiegherà che «la collaborazione è efficace» e citerà 
probabilmente quanto avvenuto ieri al largo di Pantelleria. Tre 
imbarcazioni che trasportavano 28 clandestini sono state avvistate dal 
reparto aeronavale della Guardia di Finanza di Palermo e bloccate in mare. 
Dopo una trattativa avviata con le autorità tunisine, il Viminale ha 
disposto l’immediata consegna degli immigrati e a 14 miglia dalla costa è 
avvenuto il trasbordo.
Potrebbero non essere rispediti in patria i somali salvati domenica al 
largo di Lampedusa. «Se presenteranno domanda di asilo e ci saranno i 
requisiti potranno rimanere in Italia come profughi». Lo sostiene il 
direttore del Dipartimento per l’immigrazione del Viminale, Alessandro 
Pansa (nella foto) .