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L'illusione di un ‘ritorno alle armi' |
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Il ritorno in discussione alla Camera dei Deputati del
tema del commercio delle armi, in riferimento alla legge 185/90, ancor
prima che preoccuparci nel contenuto delle modifiche, è una chiara
indicazione del clima di paura che, dopo l'11 settembre, ha innescato un
‘ritorno' al valore della difesa violenta, di una sicurezza ottenuta
attraverso la forza militare e gli armamenti. |
Per la Caritas Italiana, che da 30 anni educa alla pace
anche attraverso il segno e il servizio dell'obiezione di coscienza alle
armi, questo ‘ritorno alle armi' preoccupa sul piano culturale, educativo
e di una consapevolezza politica che affida alle armi piuttosto che a una
coscienza comune di pace, la sicurezza di un futuro migliore per il
Paese. |
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Le guerre e l'informazione: troppe dimenticanze
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Proprio invece nell'ottica di rilanciare insieme scelte
di giustizia, di perdono, di pace, la Caritas Italiana ha anticipato i
risultati di una ricerca sui “Conflitti dimenticati” che verrà pubblicata
nei prossimi mesi e che include un sondaggio a livello nazionale.
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I dati confermano una realtà drammatica: negli anni '90
si sono registrate 56 guerre in 44 Paesi, in massima parte deflagrazioni
civili combattute per il controllo del governo o del territorio. Il 90%
delle guerre dopo il 1945 ha avuto luogo nei Paesi poveri. A pagarne il
prezzo maggiore sono stati degli innocenti: 2 milioni di bambini morti
dal ‘90 al 2000; circa 27 milioni di morti tra i civili dal dopoguerra ad
oggi (il 90% del totale delle vittime); 35 milioni di rifugiati. A ciò si
aggiungano i danni personali, sociali, ambientali ed economici spesso
cause di ulteriori sofferenze e del sottosviluppo di interi continenti.
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La Ricerca si concentra in particolare su alcuni
conflitti (Angola, Colombia, Sierra Leone, Sri Lanka, Guinea Bissau ),
paragonati ad altri (Kosovo, Palestina) e rileva come e quanto nel tempo
siano stati posti al centro dell'attenzione dei principali attori
sociali. |
Raccogliendo poi l'invito che il Papa ha lanciato da
Assisi, “Avanzate verso il futuro tenendo alta la fiaccola della pace”,
la Caritas Italiana si è anche rivolta alle massime autorità
istituzionali e politiche. |
Ha così sottolineato che le istituzioni politiche hanno
la responsabilità di cambiare rotta, poiché da quanto emerso dalla
ricerca, si evidenzia una scarsa attività, soprattutto preventiva, dei
governi nei grandi e piccoli scenari di crisi a livello internazionale,
mentre il ruolo della comunità internazionale di fronte a situazioni di
guerra o di grave conflitto, secondo il 70% del campione intervistato nel
sondaggio, deve essere quello della mediazione politica preventiva e
dell'adozione di soluzioni non-violente. |
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Le guerre e lo sviluppo |
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Ogni crescita della corsa agli armamenti, va invece
drammaticamente in senso opposto. Anche in termine di risorse, diventa
inevitabilmente una battuta di arresto nei progetti di sviluppo. La
guerra si ripercuote con effetti più intensi sui Paesi impoveriti,
indebitati, spesso senza una storia democratica. Lavorare per la
cooperazione internazionale, continuare a costruire un Mercato e una
Finanza internazionale che nei suoi meccanismi non penalizzi e
indebolisca ma sostenga i Paesi indebitati, favorire una sicurezza
sociale e politica a garanzia della tutela dei diritti di ogni persona e
minoranza significa lavorare per la giustizia che è un ‘nome', un ‘volto'
della pace, significa lavorare per lo sviluppo dei popoli, condizione
indispensabile per la stabilità e la sicurezza di un Paese. |
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Sulle modifiche in corso alla normativa del commercio
delle armi |
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Ecco perché siamo fortemente preoccupati di quello che
sta per accadere alla Camera dei Deputati in materia di commercio delle
armi. In altre parole l'accordo tra Italia, Francia, Spagna, Regno Unito
e Svezia, grazie all'introduzione della così detta “licenza globale di
progetto”, pur lasciando inalterato l'impianto della disciplina vigente
(legge 185/90), pone un'eccezione che diventa o rischia di diventare in
sostanza la nuova regola. |
Le imprese che ottengono tale licenza (per programmi
intergovernativi attuati con Paesi con i quali l'Italia abbia
sottoscritto specifici accordi), vengono a godere di una libertà di
movimento assai più ampia rispetto alle altre imprese. In particolare non
sarà più necessaria un'autorizzazione caso per caso, come previsto nella
legge del '90, ma sarà data in termini complessivi, per blocchi di
produzione e con termini più diluiti ai fini delle verifiche. Preoccupa
anche il fatto che mentre si affievolisce la competenza dello Stato
italiano, non si configura una competenza dell'Unione Europea, se non per
un generico riferimento ad un codice di condotta, comunque non
vincolante. |
In ogni caso con l'introduzione di simili modifiche
sembra definitivamente tramontata e archiviata l'idea di una revisione
organica della legge sul commercio delle armi, che aveva trovato
espressione in un apposito disegno di legge governativo (4431/2000),
rimasto lettera morta. |
Oltre a queste considerazioni di carattere generale,
nello specifico esprimiamo forte preoccupazione per tre effetti deleteri:
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1. si attenua il divieto di esportazione e di transito
verso i Paesi che pongono problemi in tema di diritti umani. La legge 185
parlava di “accertate violazioni delle convenzioni internazionali in
materia di diritti umani”, mentre ora si parla solo di “gravi
violazioni”, senza peraltro specificare a chi spetti la valutazione e con
quali criteri; |
2. si esentano le imprese operanti in regime di
“licenza globale” dagli obblighi fin qui previsti e cioè: comunicare al
Ministero degli Esteri la conclusione delle operazioni autorizzate,
inviandone in tempi certi la documentazione analitica (bolletta
doganale); |
3. si esentano inoltre le suddette imprese dall'obbligo
di notifica delle transazioni bancarie al Ministero del Tesoro.
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Conclusioni: lavorare politicamente per la pace
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Alla luce delle considerazioni fatte, chiediamo
pertanto che anche sul piano politico non si offrano segnali di ‘ritorno
alle armi', ma segnali e gesti di educazione alla pace e di sostegno allo
sviluppo dei Paesi impoveriti e in una situazione drammatica di violenza
e di guerra. |
Sul piano delle modifiche della legge 185/90, chiediamo
che ci si limiti ad una pura e semplice ratifica della Convenzione tra i
5 Paesi interessati, demandando ad un disegno di legge ad hoc e ad una
disciplina europea, da promuovere con urgenza, la regolamentazione di
tutti gli altri delicati e controversi aspetti che rischiano di
stravolgere la normativa vigente. |
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