Re: [Disarmo] Stop alla vendita di bombe all'Arabia Saudita? Non proprio.



grazie Rossana, era sfuggita anche a me questa cosa


Il giorno mar 22 ott 2019 alle ore 08:41 rossana <disarmo at peacelink.it> ha scritto:
Secondo gran parte dei mass media, il governo M5S/Lega avrebbe fatto
votare, mercoledì scorso alla Camera dei Deputati, uno “stop alle
esportazioni di armi ai sauditi per l'uso in Yemen”. In realtà, le cose
non sono andate proprio così. Vediamo perché.
1 luglio 2019 di Patrick Boylan

A leggere i titoli dei principali giornali, sembrerebbe che la Camera
dei Deputati abbia votato mercoledì scorso, 26.6.2019, la fine delle
esportazioni di armi verso l'Arabia Saudita – o perlomeno di quelle armi
che potrebbero essere utilizzate nella crudele “guerra di sterminio” che
i sauditi conducono da quattro anni contro gli yemeniti.
Il titolo del Sole 24 ORE è eloquente: “Yemen, M5S-Lega: stop alla
vendita di bombe ad Arabia ed Emirati”. Dello stesso tenore sono i
titoli dell'Huffington Post: “Stop export armi saudite contro lo Yemen.
Passa mozione Lega-M5S” e di Avvenire: “Yemen. Camera approva mozione
per stop all'esportazione di bombe.”
Il governo gialloverde, dunque, sarebbe diventato improvvisamente
pacifista? O si tratta di un abbaglio?

Altre testate, infatti, sono state più caute – per esempio l'ANSA:
“Italia verso blocco armi a sauditi.” Cioè, secondo l'ANSA, non c'è
stato l'embargo mercoledì scorso bensì un passo verso il blocco delle
esportazioni di armi. Come per Repubblica: “Yemen, anche l'Italia prende
posizione sulle esportazioni di armi nei Paesi coinvolti nel conflitto”.
Ovvero, con la votazione di mercoledì scorso, il governo ha
semplicemente preso posizione. E poi? Quali vincoli contro le
esportazioni belliche verranno posti in essere – concretamente – a
partire da quella presa di posizione? È tutto da vedere. La mozione
varata non impone nulla.
Ma, allora, a che cosa è servita la mozione che M5S e Lega hanno fatto
approvare, se non ferma realmente le esportazioni delle armi? Semplice.
E' servita per poter silurare una mozione che stava già all'ordine del
giorno, formulata da Liberi e Uguali (La Sinistra), e che, qualora fosse
stata approvata, avrebbe realmente portato al blocco effettivo delle
esportazioni di armi.
Quello che è successo alla Camera mercoledì, dunque, è stato, in realtà,
un atto di insabbiamento fatto passare per un atto deciso e concreto a
favore della pace. Il governo non poteva affossare – e basta – la
mozione di LeU (La Sinistra) senza passare per guerrafondaio. Perciò ha
preferito varare una propria mozione “contro” le esportazioni belliche
che somiglia nella forma alla mozione di LeU (La Sinistra) ma che, nei
fatti, non vieta nulla. Quanto basta, però, per giustificare la
bocciatura della mozione LeU (La Sinistra) e, nel contempo, per farsi
dipingere con i colori dell'arcobaleno dai titolisti dei giornali.
Il deputato Stefano Fassina annuncia la sua mozione per un embargo
contro l'Arabia Saudita alla manifestazione indetta dalla Rete NoWar a
piazza San Silvestro, Roma, il 27 febbraio 2019. Alla sua destra,
Vincenzo Miliucci, COBAS; alla sua sinistra, Angelo Cremone, Sardegna
Pulita.
Per apprezzare la finezza (e l’ambiguità) della mossa governativa,
bisogna confrontare punto per punto la mozione M5S/Lega con quella
originale, appunto, di LeU (La Sinistra). Essa è nata da una mozione che
il deputato LeU, Stefano Fassina, che è anche consigliere comunale a
Roma, aveva fatto votare dal Campidoglio lo scorso 12 febbraio, nonché
una vecchia mozione di Sinistra Italiana del 2017 di cui Fassina era
cofirmatario. (Si può leggere la mozione capitolina cliccando qui e la
mozione del 2017 cliccando qui.)
La mozione LeU (La Sinistra) presentata alla Camera mercoledì scorso
impegna il governo su cinque fronti:

1. a “denunciare la gravissima crisi umanitaria in corso nello Yemen,
causata anche “dall'intensificarsi degli attacchi aerei ad opera della
coalizione guidata dall'Arabia Saudita...[con] attacchi indiscriminati
contro civili” e contro le “infrastrutture civili e mediche”;
2. a “sospendere immediatamente ogni esportazione di materiali
d'armamento e articoli correlati, prodotti in Italia e destinati
all'Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti che potrebbero venire
utilizzati dai due Paesi nel conflitto in Yemen”;
3. a “non autorizzare il transito e l'utilizzo di porti e aeroporti in
Italia da parte di cargo aerei e navali che trasportino materiali
d'armamento destinati all'Arabia Saudita e a tutti i Paesi coinvolti nel
conflitto armato in Yemen”;
4. a chiedere al Consiglio dell'UE “un embargo di materiale militare di
tutta l'Unione europea verso i Paesi coinvolti nel conflitto in Yemen”;
5. ad attuare “la conversione a fini civili delle industrie nel settore
della difesa [...] anche per sottrarre i lavoratori e le comunità al
'ricatto occupazionale' causato da questo tipo di produzioni in
territori con alti livelli di disoccupazione”. Il governo viene
impegnato a rifinanziare la riconversione in virtù di due leggi
esistenti, la 149/93 e la 237/93, che “prevedono un adeguato
stanziamento pluriennale e destinano almeno il 70% di tale importo alle
attività di riconversione dell'industria bellica.”

Va segnalato, per completezza, che pure il Partito Democratico aveva
proposto una propria mozione, anch'essa all'ordine del giorno mercoledì
scorso. Somiglia alla mozione LeU (La Sinistra) ma in versione
annacquata. Ad esempio, mentre la mozione LeU (La Sinistra) vieta
l'utilizzo dei porti italiani per il trasporto di armi, la mozione del
PD “plaude” ai portuali di Genova che hanno rifiutato di caricare una
nave saudita con materiale bellico, ma non impegna il governo a porre in
essere precisi divieti per il futuro. Sollecita semplicemente il governo
a “scegliere una posizione da tenere in merito”. Inoltre la mozione PD
non spende una parola sulla riconversione, a fini civili, delle
industrie italiane di materiali belliche – il che è un punto cardine
della mozione LeU (La Sinistra). Infatti, solo così si risolve, alla
radice, il problema delle future esportazioni belliche – cioè,
eliminando o comunque riducendo la loro produzione.
E così arriviamo alla mozione M5S/Lega, presentata in extremis alla
Camera lo scorso mercoledì in fine mattinata. Essa annacqua ancor di più
le altre due mozioni. Infatti, impegna il governo soltanto:
1. a “continuare ad assicurare un'applicazione rigorosa delle
disposizioni della legge 9 luglio 1990, n. 185, e ad adottare gli atti
necessari a sospendere le esportazioni di bombe d'aereo e missili che
possono essere utilizzati per colpire la popolazione civile e loro
componentistica verso l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti sino a
quando non vi saranno sviluppi concreti nel processo di pace con lo Yemen."
Ma che vuol dire “continuare ad assicurare l'applicazione rigorosa” di
una legge, la 185/90, che, in teoria, vieta l'esportazione di armi a
paesi in guerra ma che è stata ripetutamente disattesa in questi anni?
E' stata la conclamata inefficacia della legge 185/90 che ha spinto LeU
(La Sinistra) a formulare la mozione presentata alla Camera, per
bloccare effettivamente ogni esportazione verso l'Arabia Saudita, paese
in guerra.
E poi che significa "adottare gli atti necessari” per sospendere le
esportazioni di bombe? La mozione LeU (La Sinistra) era un atto che,
qualora fosse stato approvato, avrebbe gettato effettivamente le basi
per una CONCRETA sospensione delle esportazioni ai sauditi – e stava
all'ordine del giorno! Invece il governo, facendo leva sulla sua
maggioranza compatta, l'ha bocciato.
2. a "valutare l'avvio e la realizzazione di iniziative finalizzate alla
futura adozione, da parte dell'Unione europea, di un embargo mirato
sulla vendita di armamenti ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti,
prevedendo al contempo consultazioni con gli altri Stati membri dei
consorzi internazionali in relazione ai programmi di coproduzione
industriale intergovernativi attualmente in essere;"
La mozione M5S/Lega, dunque, non chiede al Consiglio dell'UE d’imporre
un embargo immediato sull'export di armi verso l'Arabia Saudita, come fa
quella di LeU (La Sinistra). E non impegna il governo nemmeno a
realizzare iniziative in quella direzione. Lo impegna soltanto a
“valutare” l'opportunità di avviare siffatte iniziative. In altre
parole, non obbliga il governo a fare nulla concretamente;
3. e 4. gli altri due punti della mozione M5S/Lega impegnano il governo
a cercare di “ottenere l'immediato cessate il fuoco” in Yemen e a
proseguire nell'azione umanitaria. Ma non denunciano i bombardamenti
sauditi per quello che sono – atti criminali – come nella mozione di LeU
(La Sinistra) e come in quella del PD, gettando le basi per
un'incriminazione davanti alla Corte Penale Internazionale.
In quanto alle misure per la riconversione industriale delle industrie
belliche, punto cardine della proposta LeU (La Sinistra), il governo
M5S/Lega auspica, nel preambolo alla sua mozione, future “iniziative per
favorire e supportare la riconversione in produzioni civili delle
attività delle aziende attualmente interessate alla produzione di armi”.
Ma, nella parte propositiva della mozione, il governo non impone nulla
di concreto – come fa, invece, la mozione LeU (La Sinistra) che
individua persino le fonti di finanziamento a cui attingere per le
iniziative di riconversione.
In pratica, come si è già detto, la mozione governativa appare solo una
mossa per poter affossare la mozione di Leu (La Sinistra). Nel contempo
da, ai titolisti dei giornali e quindi all'opinione pubblica,
l'impressione di aver posto fine alle esportazioni delle armi verso
l'Arabia Saudita, grazie ai 262 voti compatti di M5S e Lega. (Non c'è
stato nessun voto contrario ma ben 214 astensioni.)
Un'immensa presa in giro, allora?
Più o meno. Ma non del tutto. Perché siamo in Italia dove i cambiamenti
avvengono lentamente, attraverso microscopici riposizionamenti successivi.
Guardiamo indietro di due anni soltanto, quando il PD era al governo e
la Sinistra Italiana, all'opposizione, proponeva una mozione simile a
quella di mercoledì scorso, per bloccare le esportazioni di armi verso
l'Arabia Saudita.
Il 22 Settembre 2017, l'Osservatorio Diritti titolava così un suo
servizio sulla seduta di quel giorno alla Camera dei Deputati: “Guerra
Yemen: Camera non ferma vendita armi”.
Eccone le prime righe: “Rigettando la mozione presentata da Sinistra
italiana – e accogliendo invece la mozione resa nota solo all'ultimo
minuto dal PD – le forze di maggioranza alla Camera hanno
sostanzialmente affermato che, in mancanza di un embargo internazionale,
l'Italia può continuare a fornire bombe e altro materiale bellico alla
coalizione militare guidata dall'Arabia Saudita che da oltre 900 giorni
sta bombardando – senza alcun mandato internazionale – lo Yemen,
causando più della metà degli oltre 10 mila morti tra i civili e
contribuendo alla catastrofe umanitaria che sta devastando il paese.”
Ciò che distingue la votazione alla Camera del 2017 con quella di
mercoledì scorso, a parte il passaggio del PD dalla maggioranza
all'opposizione, è il fatto che il governo di allora non sentiva affatto
la necessità di pretendere di vietare l'esportazione di armi ai sauditi,
come ha fatto mercoledì scorso il governo attuale. Nella mozione che ha
presentato alla Camera, il governo di allora non ha nemmeno sfiorato
l'argomento.
L'unico impegno che il governo di allora si è imposto, nel far approvare
la sua mozione, è stato a livello internazionale: si è impegnato ad
“adeguarsi alle prescrizioni o ai divieti” in materia di esportazioni
che potrebbero essere adottati in futuro “nell'ambito delle Nazioni
Unite o dell'Unione Europea.” In pratica, il governo ha promesso di
rispettare le (eventuali) future normative internazionali. E ci
mancherebbe altro!
Perciò, non c'è dubbio: qualcosa è effettivamente cambiato nei due anni
intercorsi tra il 2017 e oggi, sia nello stile dei leader politici, sia
nella percezione dell'opportunità o meno di vendere armi all'Arabia Saudita.
Infatti, il lavoro di sensibilizzazione dell'opinione pubblica riguardo
agli orrori commessi dai sauditi in Yemen – lavoro portato avanti dagli
organismi internazionali ma anche da tanti singoli pacifisti – ha
cambiato il quadro di riferimento. Lo ha cambiato anche la crescente
consapevolezza, nell'opinione pubblica, che dietro alla creazione e al
finanziamento dell'ISIS e di altri gruppi terroristici nel mondo ci sono
i sauditi, e che il regno saudita in realtà è uno stato poliziesco che
utilizza le decapitazioni pubbliche e settimanali, con la spada, per
intimidire il proprio popolo. Del resto, il leader del paese, il
principe ereditario, è accusato di aver ordinato personalmente
l'assassinio e lo smembramento di un giornalista saudita che aveva osato
denunciare i suoi misfatti.
Pertanto, sebbene le commesse saudite siano molto appetitose, con l'aria
che tira e con la mozione LeU (La Sinistra) all'ordine del giorno, il
governo non aveva scelta: non poteva non “prendere posizione”, con un
documento ufficiale, contro le esportazioni di armi al regno saudita,
così da meritare i titoli giornalistici citati in apertura.
Ad ogni modo, per quanto ipocrita e ambivalente, l’atteggiamento del
governo sulla vicenda della vendita delle armi al regno saudita non è
totalmente inutile. Bene o male, la “presa di posizione” votata alla
Camera potrebbe essere utilizzata dai ministri e sottosegretari – almeno
i pentastellati – per frenare le “facili concessioni” di licenze per
l'export di armi ai sauditi. Nei casi più eclatanti, cioè quelli che
richiamano l'attenzione dell'opinione pubblica, potrebbe effettivamente
servire per bloccare un'esportazione importante. Anche un'esportazione
voluta da una industria bellica trattata finora con riguardo, come la
Rwm di Domusnovas (Sardegna), il maggiore produttore di bombe italiane
destinate all'Arabia Saudita. Infatti, i dirigenti della Rwm – come
nelle altre industrie belliche in Italia – cominciano a preoccuparsi.
Ecco, ad esempio, il titolo di Unione Sarda del 28 giugno: “Rwm, dopo la
mozione alla Camera l'azienda è pronta a ridimensionare l'organico.”
Attraverso l'articolo, l'Amministratore Delegato della Rwm manda un
“avvertimento” al governo: a causa delle incertezze che provoca la
mozione varata mercoledì scorso, d'ora in poi alla Rwm "tutti i rinnovi
contrattuali saranno eccezionalmente di breve durata e l'ingresso di
nuovi lavoratori verrà temporaneamente sospeso".
In altre parole, l'azienda non licenzia ancora ma si prepara a farlo
qualora venisse meno una commessa per via di una licenza d'esportazione
non concessa. E in tal caso, sarà sull'autore della mozione governativa
di mercoledì scorso, Pino Cabras, deputato M5S del Collegio di
Domusnovas, che si riverserà tutta la rabbia degli operai sardi mandati
a casa, i quali puniranno sicuramente lui e il suo partito alle prossime
elezioni.
Questo “l’avvertimento” dell'Amministratore Delegato della Rwm, che non
ha bisogno di altri commenti.
In conclusione, la mozione approvata mercoledì alla Camera non è affatto
lo “stop all'esportazione di bombe” annunciato da gran parte della
stampa mainstream. Ma è un passo in quella direzione. I vari attori nel
teatrino politico del Bel Paese si sono riposizionati. Di colpo si
stanno riposizionando anche gli attori sulla scena industriale, da
Domusnovas a Brescia, da Colleferro a Ghedi.
Il braccio di ferro tra i due campi è solo agli inizi.

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