Ok.
Cosa è il “Sistema” ? Non è un orco che viene da Marte.
È un intreccio (molto esteso e monopolista, omogeneo dal
punto di vista culturale e con un sistema immunitario molto
attivo - si parla infatti di “egemonia”) di processi economico e
sociali a cui corrispondono gruppi di interesse (strettamente
intrecciati come i rami di un glicine) e altre moltitudini ad
essi intrinsecamente dipendenti e/o collaterali (figurativo: un
comparto industriale)
Ognuno di noi fa parte, almeno, di quelli collaterali e/o
dipendenti (se non a più alti livelli).
Questo intreccio esteso e chi coinvolge tutti (e la forte
“egemonia” che impedisce lo svilupparsi e soprattuto il
diffondersi di prospettive organizzative / sociali differenti)
mi rendono la vecchia prospettiva rivoluzionaria di classe
assolutamente obsoleta, impraticabile e antistorica.
Ne parlo perché oggi c’è chi l’attende …. come alcune “sette”
fanno con i propri messia.
Anche se, ad esempio, vi dovesse essere un forte scossone
globale derivante dal precipitare, in pochi anni, della
vivibilità ambientale - non vi sarebbero le condizioni per tale
repentina “riorganizzazione” a cura di pochi avanguardisti che
si sono preparati al “diluvio universale”.
Unica strada che vedo, senza attendere il messia o il crollo
dell'impalcatura, (a parte il lavoro culturale e praticare la
ricerca della "riduzione del danno” nella situazione attuale) è
quella di lavorare sulle contraddizioni più forti.
In primis la guerra e il militarismo (anch’esse antistoriche
ed obsolete).
Poi le questioni ambientali (evidenti dagli anni ’60 e che
non si limitano alla co2) che mettono in evidenza la
contraddizione di una umanità che si scava la fossa e fa di
tutto per “pisciare nel piatto in cui mangia”.
In parallelo le questioni sociali: gli evidenti squilibri,
ecc ecc.
Il sistema sopra descritto può essere modificato agendo su
due livelli: scardinandone dei pezzi (isolandoli e poi
contrapponendoli) e parallelamente facendo nascere dei
“germogli” come quelle piante che nascono nel cemento e
crescendo si conquistano lo spazio sgretolandolo.
Il “disarmo” è un tema non solo necessario nell’immediato
quale “riduzione e prevenzione del danno”, ma per cambiare,
scardinandone un pezzo, il nostro “sistema”.
L’Italia ha le caratteristiche per dare il buon esempio.
Un disarmo unilaterale totale in un paese che si fa neutro
(ma non sordo), nel centro dell’Europa, vuol dire aprire una
crepa molto profonda.
Vuol dire proporsi agli occhi del mondo come riferimento: un
paese che vuole mostrarsi per quanto può offrire e non per
quanto può pretendere o imporre.
A beneficio di grande parte economica (leva sugli interessi
divergenti interni al sistema che pure esistono) e sociale.
Pensate solo alle risorse economiche che si liberano (alle
risorse umane e strumentali)
Nel frattempo ci siamo liberati di un settore che io ritengo
sia parassitario sia “gendarme”.
L’alleanza atlantica, l’esercito europeo, la presenza di
altri militari e di produttori di sistemi d’arma sul territorio,
ecc … perdono legittimazione e senso in modo evidente.
Altri paesi seguirebbero.
È un percorso che non è fine a se stesso. (… porta con se
parte del DNA utile a formare quel germoglio di cui parlavo.)
Ma sarebbe già un ottimo risultato.
…. e lo credo alla portata, se solo ci si concentrasse su un
obiettivo comune.
Antonio
PS: Ottimo il lavoro su TPWN contro le armi nucleari.
Ma se passa credete che chi ha i sistemi li smantelli ?
Si eviteranno i nuovi sistemi di sterminio che da anni si
studiano ?
È un passaggio molto utile, storico! Non servirà a nulla se
dal basso non si prepara una spinta MOLTO decisa verso un
disarmo generalizzato.
Partiamo da noi.
Il "problema" sta ancora più a monte: il conflitto produce
PIL, di cui il sistema capitalista si nutre pena la sua
morte per inedia. Quale sorpresa quindi? Spada o guerra
stellare pari sono.
Il "disarmo totale unilaterale" di Antonio, e la denuncia
degli 80 mln €/gg trasformati in CO2 di Rossana, sono
placebo al sistema economico che produce e riproduce il
disastro indicato dal ditino di Greta. Il pesce puzza dalla
testa. Proviamo a dirlo ai giovinetti in piazza, senza farci
beccare dai loro sponsor Tesla ed Eni greenpower.
Jure
Il 28/09/19 15:11, Antonio Bontempi (via disarmo Mailing
List) ha scritto:
Il problema non è la co2, ma il sistema umano che la
produce con la benda sugli occhi (questa “benda" è il
problema)
Il problema non è che i tank non sono elettrici e
consumano ettolitri di nafta al metro
ma che le armi sono sbagliate in se !
… soprattutto certe armi e certi gruppi che le
cavalcano.
Se tornassimo alla spada e al dardo saremmo contenti?
nel futuro ci accontenteranno … con sistemi d’arma
elettromagnetici che ci friggeranno il cervello, senza
produrre co2.
Ieri ho avuto una discussione con chi ancora
giustifica l’idea di un esercito popolare di difesa
nazionale e non imperialista.
(Lo si proponeva da sinistra, che dice di essere
quella vera).
Mi danno del massimalista
… perchè predico il disarmo totale unilaterale senza
se e senza ma, un paese non schierato (e quindi fuori
dalla nato) che si offra al mondo come amico e non come
concorrente aggressivo
e non per ragioni di “nonviolenza” e quindi etiche o
antropologiche
ma quale passaggio politico per liberarsi, in parte,
di certi sistemi di potere ora molto, ma molto forti,
che pretendono, e ci riescono, di guidare il sistema e
nel frattempo ci drenano risorse economiche paurose,
fanno guerre uccidendo migliaia di innocenti, devastando
città, inquinando ecosistemi ed imponendo le proprie
volontà politiche.
Non per ultimo svolgendo un ruolo di gendarme per un
controllo, in casi estremi, del popolo che dicono di
voler difendere.
Continuiamo a divagare … e ad evitare il nocciolo
del termine “disarmo”.
Antonio
Il tema della “nonviolenza” è un passaggio molto
più profondo: è una strada molto più lunga per
arrivare ad un disarmo che è molto urgente.
Un nonviolento può appoggiare un progetto
disarmista “politico” argomentato in vario modo
(vario … e quindi anche prospettando la via saggia
della nonviolenza)
Una persona che non ha sviluppato con convinzione
l’approccio della nonviolenza invece ritiene che il
nesso nonviolenza-quindi-disarmo sia troppo debole
per seguirlo.
Unire le argomentazioni è necessario per
raggiungere un fine.
Unire le varie campagne è necessario per
raggiungere il fine.
Discorsi semplici e “radicali” sono necessari per
rompere le certezze che sostengono questo sistema.
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