Intanto si sta configurando l'idea di un hotspot (rete di campi di
concentramento) in Albania, visto che farli in Libia è impraticabile
se non previa bombardare Bengasi con le atomiche.
Suppongo sia fumo negli occhi: a mio avviso gli Atlantici stanno
pensando piuttosto al Kosovo e al Montenegro, entrambi in via di
definitiva conquista NATO, e con Bondsteel già pronto alla copertura
militare. Ottimo posto sia per la rotta clandestinica (vero Lotti?)
Mediterranea Mar Libico - Egeo che per le rotte terrestri
balcaniche, per soprattutto legittimare agli occhi dei mediocri
d'intelletto un'ulteriore spostamento di truppe d'assalto, condite
di opportune ONG, ai confini, anzi dentro i confini, dell'ultimo
reprobo balcanico, la 'filorussa' odiata Serbia.
Ma queste faccenduole ai Lotti e soci non importa vengano dette:
meglio riempire Assisi con 100.000 lemmings, e in Parlamento
scaldare i motori degli EFA e cercar soldi per le truppe di caschi
bianchi di complemento.
Viene da dire: meno male che sono all'opposizione, e che al governo
'ci sono i fascisti'!
Jure
Il 23/06/2018 23:37, rossana (via
disarmo Mailing List) ha scritto:
Mi dispiace ma con certa gente io non voglio avere nulla a che
fare. Ho mandato più volte i link che riportano i loro
spropositi. La marcia sarà anche "sentita" ma ognuno "marcia"
con i propri obiettivi. Comunque è questo http://www.camera.it/leg17/203?idCommissione=04&calendario=false
Il 23/06/2018 23:18, Elio Pagani (via
disarmo Mailing List) ha scritto:
Grazie cara Rossana,
sempre molto importante ed utile quello che
riporti.
Sarebbe per me e per tutti ancora più utile se
indichi chi, quando, dove, questo è stato detto, se citi poi
la fonte sarebbe ancora più utile.
Ovviamente, io e Marco abbiamo fatto un
tentativo di porre problemi reali al centro del dibattito.
Converrai con me che la questione del Modello di Difesa è di
primaria importanza, poiché si porta dietro il senso della
''difesa'', il problema delle alleanze, ecc..
Nonostante i ''litigi'' ai vertici
''pacifisti'' la marcia Perugia-Assisi è molto sentita, lo
scorso anno hanno partecipato 200.000 persone. Il tentativo
è stato quello di dare obiettivi politici e non generici.
Non so se ci siamo riusciti, ma posso dire con
certezza che la sessantina di persone presenti per una
cinquantina di associazioni hanno ascoltato con attenzione.
Notevole il contributo di Zanotelli...
Non ce la siamo sentiti di perdere questa
occasione.
Un abbraccio.
Elio
Ciao Elio, capisco la tua buona fede. Ma un conto è
elencare le proprie proposte in un incontro (per quel
che vale), altro è andare in Parlamento come
rappresentanti di rete pacifiste. Senza entrare nel
merito dell'uso che si fa di queste relazioni con i
politici, a cosa servono e per chi, ti ricordo che in
sede parlamentare questi pacifisti hanno detto, fra le
altre cose:
1) "Il Pentagono non interviene dicendo che i tagli non
vanno fatti. Sicuramente nella discussione politica lo
afferma, ma quello che decide in maniera forte
l'esecutivo (come avviene in quella forma d'istituzione)
viene eseguito. Al massimo si chiede al Pentagono di
decidere, a fronte delle risorse che ha a disposizione,
qual è il sistema d'arma migliore per gli obiettivi
prefissati. Questo è il modello che, a nostro parere,
dovrebbe funzionare anche qui. Non lo dico da
disarmista, ma da cittadino italiano, che in ogni parte
dell'amministrazione pubblica vorrebbe mettere in luce
questo meccanismo".
A parte l'ignoranza su che cosa è il Pentagono, il suo
essere promotore di guerre nel mondo e del riarmo negli
USA, come si fa a dire che il modello USA dovrebbe
essere il nostro? E si definisce anche disarmista!
2) "Si potrebbe anche valutare, confrontandosi,
l'opportunità di bloccare l'acquisto degli F-35 e
ritornare agli Eurofighter, con tutti gli strumenti più
moderni di cui disponiamo".
Come ben sai gli EFA continuiamo a produrli per noi nella
versione d'attacco (la Germania sta aspettando l'ok per
dotarli delle nucleari B61-12) e a esportarli nei paesi
del Golfo (ogni nazione del consorzio firma contratti per
la sua area di competenza ma vale per tutti). Dunque come
valuti questa proposta?
3) "Le minacce, viste da queste due grandi organizzazioni
a cui noi facciamo riferimento, sono: in primo luogo la
proliferazione nucleare; in secondo luogo il terrorismo;
in terzo luogo l'immigrazione incontrollata, e in ultimo
il riscaldamento globale. Sono questi i quattro elementi
che sia l'uno che l'altro studio riportano. Noi, rispetto
a questo, dobbiamo decidere che tipo di armi e che tipo di
strumento militare dobbiamo avere. Dopodiché possiamo
ragionare sugli F-35, sugli Eurofighter, sul tipo di carro
armato, e sul tipo di missioni di peacekeeping a cui
partecipare. Altrimenti giriamo a vuoto, e andiamo di
volta in volta a tappare dei buchi. Per quanto riguarda
l'immigrazione clandestina, non fermiamo certamente i
barconi nel Mediterraneo con le portaerei o con i
cacciabombardieri. Forse c’è bisogno di un altro tipo di
approccio. Secondo me è importante che il Parlamento si
faccia promotore di un impegno per arrivare insieme al
Governo a definire una strategia di sicurezza nazionale,
altrimenti di volta in volta andremo a mettere delle
toppe, e non se ne esce mai. Dopodiché potremo decidere
giustamente se ci serve l’Eurofighter o l’F-35.
Diversamente giriamo in modo improprio e non riusciamo a
definire il nostro obiettivo".
Dunque anche per i pacifisti parlano di immigrazione
incontrollata, clandestina. Certo non sono gli F-35 a
fermare i clandestini (ma non gli fa schifo definire
clandestini persone che scappano dalla guerra, fame,
violenze?), allora gli va bene chiudere i porti o meglio
farli morire in Libia? Per il resto ti sembra un discorso
valido per chi vorrebbe una Europa come spazio che usa la
diplomazia come strumento per la soluzione dei conflitti?
Il
23/06/2018 20:08, Elio Pagani (via disarmo Mailing List)
ha scritto:
Cara Rossana, solo per informazione
per tutti i presenti in lista.
All'incontro di Assisi io c'ero, e sono
intervenuto un paio di volte a sostegno della
necessità di inserire tra i punti qualificanti
della marcia la ratifica governativa del
Trattato per la Proibizione delle Armi
Nucleari e la necessità di cambiare il Modello
di Difesa, oggi ispirato all'interventismo
militare ovunque nel mondo a difesa degli
interessi nazionali e occidentali.
Questa mia posizione è stata sostenuta
anche da Marco Tamborini, anch'egli del Forum
Contro la Guerra (già nostro compagno di lotta
per la riconversione in Aermacchi) anche se
parlavamo a titolo personale.
Vi era anche Padre Zanotelli, che avevo
pregato di essere presente. Il suo intervento
ha messo al centro la necessità che la marcia
si concludesse con la richiesta di incontro al
Governo su tre questioni:
1) la ratifica del TPAN (Trattato per la
Proibizione delle Armi Nucleari)
2) la difesa della 185 attraverso la
richiesta di fermare l'esportazione di bombe
all'Arabia Saudita che, in guerra, le scarica
sulla popolazione civile dello Yemen
3) la difesa della vocazione umanitaria
dell'Italia attraverso l'accoglienza dei
migranti.
Sia Lotti (Tavola della Pace), che Bassoli
(Rete della Pace) si sono mostrati disponibili
ad accogliere queste istanze.
Io ho ribadito che l'efficacia della 185
sulle esportazioni di armi, è minata dalla
assunzione (dal 1991, un anno dopo
l'approvazione della 185) del NMD -Nuovo
Modello di Difesa, poiché l'articolo 1 della
185 vincola l'export di armi alla politica
estera e di difesa che è informata al NMD, che
ammette alleanze con paesi in guerra...
Elio
Rimanere umani non significa spartirsi la torta
per assicurare la propria sopravvivenza. E in
quell'assemblea il pacifismo troppo spesso è un
affare.
Il
23/06/2018 07:55, Elio Pagani (via disarmo
Mailing List) ha scritto:
Restare umani, ma anche «uniti». Il
movimento pacifista riparte da Assisi
Verso la marcia per la pace. L'incontro
del disgelo ospitato dai francescani.
Cattolici, giovani musulmani,
associazioni: le diverse anime si
riassemblano
Se restare umani è ormai un
imperativo categorico del movimento
pacifista, «restare uniti» sembra il
messaggio più forte uscito ieri
dalla giornata di incontro tra una
cinquantina fra le associazioni che
il 7 ottobre si ritroveranno alla
marcia «Perugia-Assisi», la storica
camminata nata nella mente di Aldo
Capitini negli anni Sessanta. Il
luogo ospitante è il sacro convento
dei francescani che sovrasta un
paesaggio mozzafiato. Sono stati i
frati, pressati da alcuni gruppi, a
farsi anfitrioni di un incontro che
par suggellare la fine di un periodo
di freddezza, scontri interni,
divisioni che – se non hanno messo a
tacere il movimento – lo hanno in
parte disgregato e per di più in
tempi difficili, approdati a un
governo che vuole schedare i rom,
criminalizzare le Ong, abbandonare
in mare chi sta affogando.
Ma le cose cambiano anche in
positivo come racconta proprio la
storia del sacro convento che, negli
anni Sessanta, chiuse le porte ai
marciatori di Capitini ma che,
vent’anni dopo, ospitava il
segretario del Pci Berlinguer
rompendo un tabù. Bergoglio ha fatto
il resto.
Alla riunione, per altro solo
vagamente rappresentativa di una
realtà complessa e diffusa assai più
che non si creda sul territorio
nazionale, ci son cattolici, come i
Focolarini o Sant’Egidio, ma anche
una solare rappresentante dei
Giovani musulmani oltre alle
associazioni storiche come la Tavola
della pace o la Rete della pace e,
ancora, gli Scout, Rete disarmo,
Arci… La riunione sceglie di non
avere una presidenza né un documento
già preparato da votare ma propone
un percorso per ridefinire
un’agenda, una nuova organizzazione
liquida che faccia da contenitore e
riassembli gli spezzoni di un
movimento che altrimenti rischia di
sembrare in affanno più di quanto
non sia.
La marcia di ottobre sarà dunque
solo una tappa in cui dovrebbero
confluire le varie proposte emerse
dall’incontro: rimettere le persone
e la loro dignità al centro,
ricordare i diritti fondamentali –
che riguardano anche diseguaglianze
sociali e lavoro – studiare e capire
le nuove guerre, riconfrontarsi sui
principi. Ricostruzione difficile
(scarse risorse, frantumazione delle
reti organizzative, insensibilità
degli enti locali) ma non
impossibile e che prova a ripartire
da Assisi.
Alla riunione parlano tutti. Sono
interventi brevi e che focalizzano,
oltre al lavoro di ogni singola
associazione o rete, i temi: la
capacità di essere nuovamente un
soggetto politico in grado di
incidere, di parlare alla gente, di
coordinare le iniziative che ognuno
ha coltivato nel suo piccolo
orticello. Non una sommatoria delle
singole azioni ma la sfida ad andar
oltre la semplice condivisione di
intenti o di attività.
Le proposte non mancano: con forza
quella di ottenere dal governo la
ratifica del Trattato adottato dalle
Nazioni Unite il 7 luglio sulla
messa al bando delle armi nucleari
(entrerà in vigore solo dopo la
ratifica di almeno 50 Paesi); il
rilancio del multilateralismo e dei
Corpi civili di pace, istituiti da
una legge del 2016; la difesa della
Costituzione, dei diritti umani
universali, della legalità
internazionale; smascherare gli
aggiramenti della legge 185 sulla
vendita di armi; la necessità infine
di uscire dal perimetro nazionale
per far parte di un movimento più
ampio. Europeo, internazionale.
A fine giornata l’antico convento
di Francesco viene investito da
un’acquazzone che spazza l’aria e
lava le strade di una pianura
accaldata: un buon auspico per
ricominciare da una pagina bianca.
Senza dimenticare l’esperienza di un
movimento, quello pacifista, che ha
ormai alle spalle oltre mezzo secolo
di storia.
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