Salve.
Visto che ieri ho scritto, ma senza controprove, che:
"Intanto si sta configurando l'idea di un hotspot (rete di campi di
concentramento con al seguito truppa NATO e ONG di complemento) in
Albania, visto che farli in Libia è impraticabile se non previa
bombardare Bengasi con le atomiche. Anzi, meglio ancora in
Kosovo-Montenegro, direttamente dentro la Serbia 'filorussa'."
allego qua sotto il relativo riferimento.
Un tanto per far capire a cosa e a chi serve l'"emergenza migranti".
Jure Eler
--------
quotidiano.net
"Servono hotspot in Nord Africa". Migranti, il piano dell’Unione -
Cronaca
ALESSANDRO FARRUGGIA
Roma, 23 giugno 2018 - Allontanare dall’Europa i luoghi di primo
approdo e di gestione delle domande di asilo dei migranti. È
questo il sogno dei governanti di buona parte del vecchio
Continente. Il Consiglio Europeo ha messo nero su bianco un piano
elaborato dal presidente della Commissione Jean Claude Juncker
che, assieme al potenziamento della Guardia Costiera Europea (da
portare a 10 mila uomini) e alla creazione di un vero European
Asylum Support Office, fortemente vuole degli hotspot per i
migranti – le "piattaforme regionali per lo sbarco" citate al
punto 1.4 della bozza di risoluzione – fuori dall’Ue. Il problema
è dove.
Della cosa se ne parla dall’inizio degli anni 2000, ma è sempre
rimasta un miraggio. Al momento i piani sono due: uno
franco-tedesco-spagnolo-italiano supportato dalla Commissione e
uno austriaco-danese supportato dai paesi del Gruppo di Visegrad e
dalla Slovenia e la Bulgaria.
Il primo, fatto proprio da Juncker e del quale si parlerà domani
al prevertice e poi al vertice europeo, prevede la creazione di
centri in cooperazione con Unhcr e Oim nei quali i migranti
sarebbero assistiti e nei quali potrebbero presentare e attendere
l’esito delle richieste di asilo. I centri dovrebbero sorgere in
Tunisia, Egitto, Niger e Ciad. Questi due ultimi paesi, contattati
lo scorso anno nell’ambito dell’iniziativa presa da Macron assieme
a Germania, Italia e Spagna, sarebbero teoricamente disponibili,
in cambio di aiuti sostanziosi. Non vi sarebbe invece allo stato
nessuna disponibilità di Tunisia (come confermato recentemente dal
ministro degli Esteri di quel Paese) ed Egitto, nonostante le
richieste e le pressioni fatte da Angela Merkel nelle sue visite
dell’1 e 2 marzo. Solo innalzando nettamente le promesse di aiuti
(500 milioni a testa proposti a Tunisia ed Egitto) si potrebbero
trovare dei “si“.
Discorso a parte per la Libia, che, come ha riconfermato ieri al
premier Giuseppe Conte il capo del governo di unità nazionale
Fajez Al Serraj, sarebbe disponibile, anche qui dietro lauto
compenso, ad accogliere centri sotto bandiera Onu (Unhcr/Oim) ed
europea, ma tra i partner Ue non c’è unanimità, in quanto la Libia
viene considerata non in rado di garantire la sicurezza dei
migranti. L’Italia e la Francia spingono in tal senso, ma la
Germania ha dei dubbi.
Se il piano dovesse fallire entrerebbe in gioco, con la presidenza
austriaca che inizia il primo luglio, il piano austro-danese che
prevede campi di sbarco e gestione delle domande d’asilo in
Albania, Serbia/Kosovo, Montenegro e Macedonia, giocando sulla
voglia di questi paesi di entrare nell’Ue e forte della
disponibilità a compensarli per il disturbo. Al momento è solo un
progetto, che piace poco alla Commissione, e che dovrà trovare
l’ok dei paesi interessati. E qui viene il difficile."
https://www.quotidiano.net/cronaca/migranti-hotspot-1.3995153
-------- Messaggio Inoltrato --------
Intanto si sta configurando l'idea di un hotspot (rete di campi di
concentramento) in Albania, visto che farli in Libia è
impraticabile se non previa bombardare Bengasi con le atomiche.
Suppongo sia fumo negli occhi: a mio avviso gli Atlantici stanno
pensando piuttosto al Kosovo e al Montenegro, entrambi in via di
definitiva conquista NATO, e con Bondsteel già pronto alla
copertura militare. Ottimo posto sia per la rotta clandestinica
(vero Lotti?) Mediterranea Mar Libico - Egeo che per le rotte
terrestri balcaniche, per soprattutto legittimare agli occhi dei
mediocri d'intelletto un'ulteriore spostamento di truppe
d'assalto, condite di opportune ONG, ai confini, anzi dentro i
confini, dell'ultimo reprobo balcanico, la 'filorussa' odiata
Serbia.
Ma queste faccenduole ai Lotti e soci non importa vengano dette:
meglio riempire Assisi con 100.000 lemmings, e in Parlamento
scaldare i motori degli EFA e cercar soldi per le truppe di caschi
bianchi di complemento.
Viene da dire: meno male che sono all'opposizione, e che al
governo 'ci sono i fascisti'!
Jure
Il 23/06/2018 23:37, rossana (via
disarmo Mailing List) ha scritto:
Mi dispiace ma con certa gente io non voglio avere nulla a
che fare. Ho mandato più volte i link che riportano i loro
spropositi. La marcia sarà anche "sentita" ma ognuno "marcia"
con i propri obiettivi. Comunque è questo http://www.camera.it/leg17/203?idCommissione=04&calendario=false
Il 23/06/2018 23:18, Elio Pagani
(via disarmo Mailing List) ha scritto:
Grazie cara Rossana,
sempre molto importante ed utile quello che
riporti.
Sarebbe per me e per tutti ancora più utile
se indichi chi, quando, dove, questo è stato detto, se
citi poi la fonte sarebbe ancora più utile.
Ovviamente, io e Marco abbiamo fatto un
tentativo di porre problemi reali al centro del dibattito.
Converrai con me che la questione del Modello di Difesa è
di primaria importanza, poiché si porta dietro il senso
della ''difesa'', il problema delle alleanze, ecc..
Nonostante i ''litigi'' ai vertici
''pacifisti'' la marcia Perugia-Assisi è molto sentita, lo
scorso anno hanno partecipato 200.000 persone. Il
tentativo è stato quello di dare obiettivi politici e non
generici.
Non so se ci siamo riusciti, ma posso dire
con certezza che la sessantina di persone presenti per una
cinquantina di associazioni hanno ascoltato con
attenzione. Notevole il contributo di Zanotelli...
Non ce la siamo sentiti di perdere questa
occasione.
Un abbraccio.
Elio
Ciao Elio, capisco la tua buona fede. Ma un conto è
elencare le proprie proposte in un incontro (per quel
che vale), altro è andare in Parlamento come
rappresentanti di rete pacifiste. Senza entrare nel
merito dell'uso che si fa di queste relazioni con i
politici, a cosa servono e per chi, ti ricordo che in
sede parlamentare questi pacifisti hanno detto, fra le
altre cose:
1) "Il Pentagono non interviene dicendo che i tagli
non vanno fatti. Sicuramente nella discussione
politica lo afferma, ma quello che decide in maniera
forte l'esecutivo (come avviene in quella forma
d'istituzione) viene eseguito. Al massimo si chiede al
Pentagono di decidere, a fronte delle risorse che ha a
disposizione, qual è il sistema d'arma migliore per
gli obiettivi prefissati. Questo è il modello che, a
nostro parere, dovrebbe funzionare anche qui. Non lo
dico da disarmista, ma da cittadino italiano, che in
ogni parte dell'amministrazione pubblica vorrebbe
mettere in luce questo meccanismo".
A parte l'ignoranza su che cosa è il Pentagono, il
suo essere promotore di guerre nel mondo e del riarmo
negli USA, come si fa a dire che il modello USA
dovrebbe essere il nostro? E si definisce anche
disarmista!
2) "Si potrebbe anche valutare, confrontandosi,
l'opportunità di bloccare l'acquisto degli F-35 e
ritornare agli Eurofighter, con tutti gli strumenti
più moderni di cui disponiamo".
Come ben sai gli EFA continuiamo a produrli per noi
nella versione d'attacco (la Germania sta aspettando
l'ok per dotarli delle nucleari B61-12) e a esportarli
nei paesi del Golfo (ogni nazione del consorzio firma
contratti per la sua area di competenza ma vale per
tutti). Dunque come valuti questa proposta?
3) "Le minacce, viste da queste due grandi
organizzazioni a cui noi facciamo riferimento, sono: in
primo luogo la proliferazione nucleare; in secondo luogo
il terrorismo; in terzo luogo l'immigrazione
incontrollata, e in ultimo il riscaldamento globale.
Sono questi i quattro elementi che sia l'uno che l'altro
studio riportano. Noi, rispetto a questo, dobbiamo
decidere che tipo di armi e che tipo di strumento
militare dobbiamo avere. Dopodiché possiamo ragionare
sugli F-35, sugli Eurofighter, sul tipo di carro armato,
e sul tipo di missioni di peacekeeping a cui
partecipare. Altrimenti giriamo a vuoto, e andiamo di
volta in volta a tappare dei buchi. Per quanto riguarda
l'immigrazione clandestina, non fermiamo certamente i
barconi nel Mediterraneo con le portaerei o con i
cacciabombardieri. Forse c’è bisogno di un altro tipo di
approccio. Secondo me è importante che il Parlamento si
faccia promotore di un impegno per arrivare insieme al
Governo a definire una strategia di sicurezza nazionale,
altrimenti di volta in volta andremo a mettere delle
toppe, e non se ne esce mai. Dopodiché potremo decidere
giustamente se ci serve l’Eurofighter o l’F-35.
Diversamente giriamo in modo improprio e non riusciamo a
definire il nostro obiettivo".
Dunque anche per i pacifisti parlano di immigrazione
incontrollata, clandestina. Certo non sono gli F-35 a
fermare i clandestini (ma non gli fa schifo definire
clandestini persone che scappano dalla guerra, fame,
violenze?), allora gli va bene chiudere i porti o meglio
farli morire in Libia? Per il resto ti sembra un
discorso valido per chi vorrebbe una Europa come spazio
che usa la diplomazia come strumento per la soluzione
dei conflitti?
Il
23/06/2018 20:08, Elio Pagani (via disarmo Mailing
List) ha scritto:
Cara Rossana, solo per informazione
per tutti i presenti in lista.
All'incontro di Assisi io c'ero, e sono
intervenuto un paio di volte a sostegno
della necessità di inserire tra i punti
qualificanti della marcia la ratifica
governativa del Trattato per la Proibizione
delle Armi Nucleari e la necessità di
cambiare il Modello di Difesa, oggi ispirato
all'interventismo militare ovunque nel mondo
a difesa degli interessi nazionali e
occidentali.
Questa mia posizione è stata sostenuta
anche da Marco Tamborini, anch'egli del
Forum Contro la Guerra (già nostro compagno
di lotta per la riconversione in Aermacchi)
anche se parlavamo a titolo personale.
Vi era anche Padre Zanotelli, che avevo
pregato di essere presente. Il suo
intervento ha messo al centro la necessità
che la marcia si concludesse con la
richiesta di incontro al Governo su tre
questioni:
1) la ratifica del TPAN (Trattato per la
Proibizione delle Armi Nucleari)
2) la difesa della 185 attraverso la
richiesta di fermare l'esportazione di bombe
all'Arabia Saudita che, in guerra, le
scarica sulla popolazione civile dello Yemen
3) la difesa della vocazione umanitaria
dell'Italia attraverso l'accoglienza dei
migranti.
Sia Lotti (Tavola della Pace), che
Bassoli (Rete della Pace) si sono mostrati
disponibili ad accogliere queste istanze.
Io ho ribadito che l'efficacia della 185
sulle esportazioni di armi, è minata dalla
assunzione (dal 1991, un anno dopo
l'approvazione della 185) del NMD -Nuovo
Modello di Difesa, poiché l'articolo 1 della
185 vincola l'export di armi alla politica
estera e di difesa che è informata al NMD,
che ammette alleanze con paesi in guerra...
Elio
Rimanere umani non significa spartirsi la
torta per assicurare la propria sopravvivenza.
E in quell'assemblea il pacifismo troppo
spesso è un affare.
Il
23/06/2018 07:55, Elio Pagani (via disarmo
Mailing List) ha scritto:
---------- Forwarded message
---------
From: Elio Pagani < elio at gmail.com>
Date: sab 23 giu 2018, 07:17
Subject: Restare umani, e «uniti». Il
movimento pacifista riparte da Assisi
Cc: Elio Pagani < elio at gmail.com>
Restare umani, ma anche «uniti».
Il movimento pacifista riparte da
Assisi
Verso la marcia per la pace. L'incontro
del disgelo ospitato dai
francescani. Cattolici, giovani
musulmani, associazioni: le diverse
anime si riassemblano
Se restare umani è ormai un
imperativo categorico del
movimento pacifista, «restare
uniti» sembra il messaggio più
forte uscito ieri dalla giornata
di incontro tra una cinquantina
fra le associazioni che il 7
ottobre si ritroveranno alla
marcia «Perugia-Assisi», la
storica camminata nata nella mente
di Aldo Capitini negli anni
Sessanta. Il luogo ospitante è il
sacro convento dei francescani che
sovrasta un paesaggio mozzafiato.
Sono stati i frati, pressati da
alcuni gruppi, a farsi anfitrioni
di un incontro che par suggellare
la fine di un periodo di
freddezza, scontri interni,
divisioni che – se non hanno messo
a tacere il movimento – lo hanno
in parte disgregato e per di più
in tempi difficili, approdati a un
governo che vuole schedare i rom,
criminalizzare le Ong, abbandonare
in mare chi sta affogando.
Ma le cose cambiano anche in
positivo come racconta proprio la
storia del sacro convento che,
negli anni Sessanta, chiuse le
porte ai marciatori di Capitini ma
che, vent’anni dopo, ospitava il
segretario del Pci Berlinguer
rompendo un tabù. Bergoglio ha
fatto il resto.
Alla riunione, per altro solo
vagamente rappresentativa di una
realtà complessa e diffusa assai
più che non si creda sul
territorio nazionale, ci son
cattolici, come i Focolarini o
Sant’Egidio, ma anche una solare
rappresentante dei Giovani
musulmani oltre alle associazioni
storiche come la Tavola della pace
o la Rete della pace e, ancora,
gli Scout, Rete disarmo, Arci… La
riunione sceglie di non avere una
presidenza né un documento già
preparato da votare ma propone un
percorso per ridefinire un’agenda,
una nuova organizzazione liquida
che faccia da contenitore e
riassembli gli spezzoni di un
movimento che altrimenti rischia
di sembrare in affanno più di
quanto non sia.
La marcia di ottobre sarà dunque
solo una tappa in cui dovrebbero
confluire le varie proposte emerse
dall’incontro: rimettere le
persone e la loro dignità al
centro, ricordare i diritti
fondamentali – che riguardano
anche diseguaglianze sociali e
lavoro – studiare e capire le
nuove guerre, riconfrontarsi sui
principi. Ricostruzione difficile
(scarse risorse, frantumazione
delle reti organizzative,
insensibilità degli enti locali)
ma non impossibile e che prova a
ripartire da Assisi.
Alla riunione parlano tutti. Sono
interventi brevi e che
focalizzano, oltre al lavoro di
ogni singola associazione o rete,
i temi: la capacità di essere
nuovamente un soggetto politico in
grado di incidere, di parlare alla
gente, di coordinare le iniziative
che ognuno ha coltivato nel suo
piccolo orticello. Non una
sommatoria delle singole azioni ma
la sfida ad andar oltre la
semplice condivisione di intenti o
di attività.
Le proposte non mancano: con forza
quella di ottenere dal governo la
ratifica del Trattato adottato
dalle Nazioni Unite il 7 luglio
sulla messa al bando delle armi
nucleari (entrerà in vigore solo
dopo la ratifica di almeno 50
Paesi); il rilancio del
multilateralismo e dei Corpi
civili di pace, istituiti da una
legge del 2016; la difesa della
Costituzione, dei diritti umani
universali, della legalità
internazionale; smascherare gli
aggiramenti della legge 185 sulla
vendita di armi; la necessità
infine di uscire dal perimetro
nazionale per far parte di un
movimento più ampio. Europeo,
internazionale.
A fine giornata l’antico convento
di Francesco viene investito da
un’acquazzone che spazza l’aria e
lava le strade di una pianura
accaldata: un buon auspico per
ricominciare da una pagina bianca.
Senza dimenticare l’esperienza di
un movimento, quello pacifista,
che ha ormai alle spalle oltre
mezzo secolo di storia.
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