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All’Onu di Ginevra, impunità dei Saud e condanna della
Siria. Due pesi due misure
8 OTTOBRE 2016
I jet dell’Arabia saudita e alleati hanno fatto una strage
fra i partecipanti a un funerale a Sana’a, la capitale
dello Yemen. I morti sarebbero 82, i feriti oltre 600. Il
conflitto in Yemen abbia fatto migliaia di morti civili
(almeno 3.900, e quasi 7.000 feriti), per la quasi
totalità frutto dei bombardamenti a guida saudita,
Pochi giorni fa, il sottosegretario Onu per gli affari
umanitari Stephen O’Brien ha descritto casi di terribile
malnutrizione infantile nelle aree dello Yemen che la
coalizione a guida saudita sottopone non solo a
bombardamenti (dal 26 marzo 2015) ma anche a blocco
navale. Sarebbero 370mila i bambini in stato di grave
malnutrizione, perfino negli ospedali. Del resto ormai la
metà dei 28 milioni di yemeniti non ha abbastanza cibo a
disposizione.
Oltre al blocco navale, l’ex presidente a interim Hadi,
fuggito a Riad con l’avanzata degli Houti, ha fatto
spostare la banca centrale del paese da Sana’a ad Aden,
ancora sotto il suo controllo. Questo significa che i
salari di oltre un milione di yemeniti non sono pagati.
Cosa dovrà ancora fare l’Arabia saudita – in primo piano
anche nell’alimentare la guerra in Siria rifornendo di
armi e denaro gruppi estremisti – per ottenere finalmente
qualche forma di sanzione, almeno morale? Lo stesso
Consiglio dei diritti umani dell’Onu non riesce a
condannare i petro-monarchi. Anzi, alla sua ultima
sessione, la 33esima, l’Unione europea, per la pressione
del suo alleato di ferro britannico, e per l’ignavia degli
altri membri, ha ritirato una risoluzione scritta dai
Paesi bassi che prevedeva una missione d’inchiesta
internazionale e indipendente in Yemen su potenziali
crimini di guerra compiuti nei lunghissimi mesi di guerra,
dal 26 marzo 2015. C’era anche una precisa richiesta da
parte dell’Alto Commissionario per i diritti umani Zeid
Ra’ad Al Hussein.
Ma è stata approvata una blanda risoluzione proposta da
Stati arabi, che prevede di affiancare alcuni ricercatori
onusiani alla già esistente Yemeni National Commission of
Inquiry, fatta in casa dai Saud e da Hadi. In pratica:
impunità garantita, fin dalle indagini.
E’ un altro successo dell’Arabia saudita, che è membro di
turno del Consiglio dei diritti umani malgrado le numerose
richieste di sospensione. I Saud negoziavano a Ginevra il
testo della risoluzione Yemen mentre continuavano a
bombardare il paese, con svariati morti civili negli
ultimi giorni, nell’area di Hudaydah.
Tutt’altra musica, a Ginevra negli stessi giorni, sulla
Siria. La risoluzione 30, preparata da Arabia saudita,
Qatar, Turchia, Regno Unito, Usa, Francia, Germania,
Italia, Giordania, Kuwait, Marocco (in pratica i membri
del famigerato gruppo “Amici della Siria” nato nel 2012),
è stata approvata dal Consiglio il 30 settembre.
Chiaramente sbilanciata a favore dell’opposizione armata
(con esclusione di Daesh), ha convocato per la prossima
sessione del Consiglio un panel che si dovrebbe
focalizzare sull’accountability, ovvero come farla pagare
a Damasco e forse alla Russia.
E’ comunque significativo che, malgrado il diluvio di
accuse provenienti da Ong di Aleppo Est, e malgrado il
ricatto britannico in sede di dibattito, più paesi membri
del solito abbiano votato contro la risoluzione o si siano
astenuti. I membri di turno del Consiglio dei diritti
umani sono 48. I no sono stati sette (Algeria, Bolivia,
Burundi, Cina, Cuba, Russia, Venezuela), in genere
invocando meno parzialità nelle fonti delle denunce e la
fine ingerenze armate a fianco dei gruppi combattenti. Gli
astenuti 14: Congo, Bangladesh, Ecuador, Etiopia,
Filippine, India, Indonesia, Kenya, Kirghizistan, Namibia,
Nigeria, Sudafrica, Togo, Vietnam. Tutti i paesi dell’asse
Nato/Golfo hanno invece votato sì.
Marinella Correggia
SIBIALIRIA