[Disarmo] Kurdi, la minoranza che avanza



Mai come in questo momento sembra che la richiesta della formazione di uno stato autonomo sarà ascoltata. Con il sostegno di Israele

I kurdi ira­cheni gua­da­gnano posi­zioni, gra­zie ai raid Usa e all’appoggio dell’esercito rego­lare ira­cheno. Non solo, da una parte, incas­sano la deci­sione dell’Unione euro­pea di for­nire armi ai com­bat­tenti kurdi pesh­merga. Dall’altra, seb­bene il Par­tito dei lavo­ra­tori del Kur­di­stan (Pkk) stia for­nendo sup­porto logi­stico alla guer­ri­glia kurda, il lea­der sto­rico del Pkk, Adul­lah Oca­lan, dopo la let­tera del 2013 in cui chie­deva la fine della lotta armata, ha riba­dito, in un docu­mento dal car­cere di Imrali (Mar di Mar­mara), la richie­sta di chiu­dere il con­flitto con le auto­rità tur­che. Oca­lan ha ricor­dato che il Par­tito demo­cra­tico popo­lare (Hdp) ha otte­nuto il 9,8% dei voti alle ele­zioni di ago­sto, con­fer­man­dosi il mag­gior movi­mento di oppo­si­zione all’invincibile Akp del pre­si­dente Recep Tayyp Erdogan.

Nono­stante per dieci anni, il governo cen­trale sciita abbia mar­gi­na­liz­zato i kurdi ira­cheni, l’accordo stru­men­tale tra Bagh­dad e il governo auto­nomo kurdo di Mas­sud Bar­zani sem­bra ora l’unica chiave per con­te­nere l’avanzata dei jiha­di­sti dell’Isil (Stato isla­mico dell’Iraq e del Levante), appog­giati da ele­menti del vec­chio regime di Sad­dam Hus­sein. E così, mai come in que­sto momento sem­bra che la richie­sta della for­ma­zione di uno stato auto­nomo kurdo sarà ascol­tata. Que­sta eve­nienza, da una parte, trova il soste­gno israe­liano, dall’altra, con­fligge con gli inte­ressi turco e ira­niano che temono la riat­ti­va­zione dei movi­menti indi­pen­den­ti­sti kurdi, pre­senti nei due paesi.

Israele ha appog­giato per anni la guer­ri­glia kurda nelle pro­vince di Ker­man­shah e Sanan­daj con­tro Teh­ran. In que­sti giorni, esperti israe­liani appa­iono con­ti­nua­mente in tra­smis­sioni tele­vi­sive kurde per spie­gare gli eventi sul campo. Gli israe­liani si feli­ci­te­reb­bero così della nascita di uno stato kurdo per­ché i kurdi sono di etnia ariana, quindi non araba. Que­sto a loro avviso, potrebbe ridi­se­gnare la mappa del Medio oriente a favore dello stato di Israele. Molti dimen­ti­cano però che i kurdi sono in molti casi comu­ni­sti e in Iraq con­trol­lano una parte impor­tante del mer­cato petrolifero.

In par­ti­co­lare, i kurdi ira­cheni sono stati essen­ziali per il pro­cesso di costru­zione nazio­nale. Che agli inte­ressi della nascita di uno stato kurdo si frap­ponga il nazio­na­li­smo arabo non è una novità. Sin dalla for­ma­zione dell’Iraq moderno, le mino­ranze sono state con­si­de­rate come dei nemici, vicini ai colo­niz­za­tori, per enfa­tiz­zare le qua­lità del nazio­na­li­smo arabo. La que­stione delle mino­ranze è stata affron­tata in Iraq pro­prio per le sol­le­ci­ta­zioni che nel 1930 veni­vano dalla Lega delle Nazioni per una sal­va­guar­dia dei loro diritti. Ma assunse una rile­vanza cru­ciale già dal 1921. Sin da allora le mino­ranze (assiri, kurdi, tur­co­manni e yazidi) ven­nero pro­gres­si­va­mente escluse dal pro­cesso poli­tico di for­ma­zione dello stato.

Non stu­pi­sce quindi che il nazio­na­li­smo arabo pun­tasse sulla riva­lità verso i kurdi, ariani e legati alla Per­sia, per cemen­tare l’ideologia del nuovo stato. I kurdi sfi­da­vano la nozione di inte­grità ter­ri­to­riale del paese. In par­ti­co­lare, il movi­mento sepa­ra­ti­sta dei kurdi di Mosul fomentò la con­trap­po­si­zione ideo­lo­gica del nazio­na­li­smo ira­cheno che voleva evi­tare a tutti i costi l’indipendenza kurda. Que­sta eve­nienza avrebbe impe­dito ai sun­niti di con­ti­nuare a tenere le redini dello stato, in paral­lelo con il con­ti­nuo aumento della popo­la­zione sciita.

Il nazio­na­li­smo ira­cheno è nato così non solo sul risen­ti­mento verso le auto­rità colo­niali bri­tan­ni­che, per­ce­pite come un impe­di­mento all’autodeterminazione ira­chena. Ma anche in oppo­si­zione al soste­gno bri­tan­nico per le mino­ranze e la pro­mo­zione dei loro diritti, per­ce­pito come parte di un divide et impera che impe­diva lo svi­luppo di uno stato ira­cheno auto­nomo. Come pre­con­di­zione per l’indipendenza infatti, l’Iraq dovette dimo­strare alla Lega delle Nazioni di stare sal­va­guar­dando le mino­ranze. I nazio­na­li­sti videro in que­sta richie­sta un’interferenza bella e buona alla sovra­nità nazio­nale raf­for­zando l’idea che la Gran Bre­ta­gna stesse soste­nendo le mino­ranze kurde per inde­bo­lire il governo di Baghdad.

E così i kurdi ven­nero esclusi dall’ideologia nazio­nale (per esem­pio, il kurdo non veniva inse­gnato nelle scuole) men­tre nelle cam­pa­gne gli sheikh tri­bali kurdi (agha) veni­vano «com­prati» dalle auto­rità di Bagh­dad con mec­ca­ni­smi di inclu­sione clien­te­lare. Non solo, l’indipendentismo kurdo rese neces­sa­rio il raf­for­za­mento dell’esercito cen­trale per garan­tire la sicu­rezza dello stato. All’interno dell’esercito, com­po­sto da coscritti, ven­nero incluse anche le mino­ranze. Armando i kurdi, ancora una volta, la comu­nità inter­na­zio­nale punta su una mino­ranza per rico­struire l’identità nazio­nale ira­chena. Ma que­sta volta i kurdi ira­cheni sem­brano pronti ad andare fino in fondo per con­qui­stare la loro indi­pen­denza. Anche se que­sto potrebbe disin­te­grare l’Iraq che fin qui conosciamo.