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Fwd: Meno marescialli più guerre - La revisione dello strumento militare.
- Subject: Fwd: Meno marescialli più guerre - La revisione dello strumento militare.
- From: Davide Bertok <davide at bertok.it>
- Date: Sat, 10 Nov 2012 16:38:12 +0100
-------- Messaggio originale -------- Oggetto: Meno marescialli più guerre - La revisione dello strumento militare. Data: Sat, 10 Nov 2012 16:32:10 +0100 Mittente: Alberto <media.rossa at tiscali.it> A: <media.rossa at tiscali.it> *Meno marescialli, più guerre.* *La revisione dello strumento militare secondo Di Paola un primo commento.* di Alberto Stefanelli www.guerrepace.org <http://www.guerrepace.org/> 09/11/2012 Lattuale revisione dello strumento militare approvata nei giorni scorsi in Senato ed ora in attesa di ripassare passare alla Camera non è un nuovo modello di difesa secondo il Ministro Generale Di Paola e probabilmente ha ragione in quanto più che un nuovo modello in sé questo passo può essere visto come il completamento della ristrutturazione iniziata nei primi anni 90.Una ristrutturazione portata avanti per arrivare a un nuovo modello di difesa, certo, ma senza dichiararlo apertamente; ristrutturazione avvenuta senza una discussione pubblica, né parlamenteare, sul provvedimento complessivo. *Un modello di difesa ?* Dal 1991 a oggi infatti il passaggio da un modello di difesa militare del paese ad un nuovo modello adatto alla proiezione della forza militare in giro per il mondo, come in effetti si presentano oggi le forze armate italiane,non è avvenuto attraverso una discussione complessiva nè in Parlamento né nel Paese: di volta in volta i singoli provvedimenti(parti di un progetto complessivo teorizzato in un documento del ministero della difesa dei primia anni 90: lineamenti di sviluppo delle forze armate negli anni 90) sono stati presentati allopinione pubblica e al Parlamento non come parti di un progetto organico di ristrutturazione delle forze armate ma come singoli provvedimentiperrinnovare ogni giorno i nostri sforzi per accrescere la sicurezza e le capacità operative dei nostri militari, come appunto afferma oggi il Ministro-Generale. Lobiettivo dichiarato della riforma è ridurre il personale e parte delle strutture della difesa per traformare i risparmi così ottenuti in risorse per aumentare gli investimenti e loperatività dello strumento. Per quanto riguarda le strutture si tratta di ridurre, accorpando e razionalizzando il funzionamneto, le strutture operative, logistiche, formative, ottimizzando non solo limpiego delle risorse ma anche riducenzo il numero stesso delle strutture;vieneprevista unariduzione degli assetti organizzativi non inferiore al 30% in sei anni. Il personale militare invece verrà ridotto a 150.000 uomini entro il 2024 (attualmente il livello previsto per legge prevede 190.000 uomini (e donne) anche se in realtà a inizio 2013 la stima è di 181.538 effettivi); tra questi è compresa una riduzione del 30% di generali e ammiragli, da raggiungere in sei anni. Analogo discorso per il personale civile della Difesa che dovrà passare dagli attuali 29.525 dipendenti ai previsti 20.000 sempre entro il 2024. La Difesa stima così di risparmiare circa 2,2 miliardi di euro, solo dai tagli al personale. Risorse che si prevede di utilizzate per acquistare ancora più armi, per addestrare ad usarle e poi per andare ad in giro per il mondo a far guerre di pace.. *E i posti di lavoro ?* Naturalmente non trattandosi di /normali esuberi, precari qualsiasi/ o /ordinari esodati/, vengono previste una serie di modalità per agevolare il passaggio ad altri impieghi. Per cui il decreto prevede innanzitutto norme per permettere il transito del personale militare al settore civile della Difesa, anche se tale settore risulta essere sottoposto a ridimensionamento dallo stesso provvedimento. Ma non basta; viene previsto anche laumento dei posti riservati a ex militari nei concorsi di entri pubblici e novità - anche negli enti locali e nelle aziende speciali. Inoltre per quelle professioni dove tra i requisiti cè anche laver svolto il servizio di leva (ora sospeso) il decreto prevede che tale norma si applichi con riferimento allaver svolto almeno un anno di servizio volontario nelle forze armate. Ecco che ancora una volta le scelte della Difesa vanno a pesare sulla società civile che vede ridursi ancora di più la possibilità di accesso a quel bene raro che si chiama posto di lavoro. Le giustificazioni ufficiali di questo provvedimento sono che, /naturalmente/, ce lo chiedono gli alleati della Nato e che bisogna comunque arrivare ad una diversa ripartizione delle risorse assegnate alla funzione difesa. Questo perché pare che qualcuno ha stabilito che il bilanciamento ottimale tra le diverse voci di spesa dovrebbe essere così suddiviso: il 50% per il personale e il 25% rispettivamente per le spese di esercizio e per gli investimenti, mentre oggi lItalia presenta una suddivisione che destina il 70% al personale, il 12% allesercizio e il 18% agli investimenti. E questo sembra non andar bene. A questo riguardo è interessante notare che nella documentazione parlamentare viene sottolineato come il Libro Bianco della Difesa del 2002 presentava già allora unadivisione della spesa pari al 48% per il personale e rispettivamente il 26% per le spese di esercizio e per gli investimenti. Ripartizione simile a quella definita oggi come ottimale ma che allora il Libro Bianco un documento ufficiale - giudicava troppo sbilanciata. Possibile che nessuno si è accorto che da questo punto di vista nel 2002 si era già in una situazione ottimale ? Anche allattuale Ministro della Difesa, alloraSegretario Generale della Difesa/Direttore Nazionale degli Armamenti, era sfuggito questo dettaglio? Certo, per carità, una svista può capitare; come per il caso del caccia F35/Joint Strike Fighter quando per contenere i costi il Ministro della Difesa annuncia il taglio di 41 dei 131 esemplari, salvo poi scoprire - come ha dichiarato il segretario generale del ministero della Difesa e direttore nazionale degli Armamenti, generale Claudio Debertolis - che ogni singolo aereo costerà più del doppio, passando da 63 a 127 milioni di euro. *Diamo i numeri ?* Anche la motivazione, quella che secondo cui dobbiamo adeguarci a quanto ci chiedono gli alleati della Nato è un po traballante, forse dovuta alla difficolta di far di conto del ministro tecnico di questo governo tecnico. Vediamo. Nelle interviste e nei documenti Governo e Difesa dichiarano, lacrimando, livelli di spesa intorno allo 0,9% del pil contro una media dei paesi europei della Nato dell 1,7%. Peccato però che gli enti internazionali che per mestiere monitorano le spese militari mondiali danno ben altri numeri; ad esempio il SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), prestigioso istituto indipendente svedese, calcola che per il 2010 (ultimi dati disponibili) la spesa militare italiana corrisponde all 1,7% del pil, quindi pienamente in linea con i livelli di spesa in Europa. Ma se non ci piace questa fonte possiamo leggere i dati della NATO che certificano per lItalia una spesacorrispondente all 1,4 del pil, escludendo però dal conto larma dei Carabinieri, altrimenti saremo all 1,8% come infatti conferma la CIA che tiene sotto controllo la spesa militare di tutti i paesi. Numeri questi che pur con le oscillazioni degli ultimi anni vogliono dire comunque una spesa che si aggira intornoai 24/25 miliardi di euro allanno (la media negli dal 2001 a oggi si aggira intorno ai 26,6 miliardi di euro, allanno) Quindi forse è si il caso di riorganizzare il comparto Difesa per evitare sprechi, ma di ben misero passaggio si tratterebbe se gli sprechi vengo trasformati in armi per le guerre. Certo, è vero che in Europa cè chi spende di più; infatti la Grecia negli ultimi hanni ha investito nelle cose militari il 3.0% del pil... E forse questo lesempio /virtuoso/ che Monti e Di Paola hanno in mente? *Un dibattito pubblico ?* Purtroppo anche adesso si sta perdendo (volutamente, immaginiamo) loccasione per una discussione pubblica sulle questioni più rilevanti riguardo lo strumento militare e il suo bilancio: a cosa servono queste spese, il loro legame con i debito pubblico e lintreccio tra imprese, banche e forze armate. Qualcosa vorrà dire se nelle prime versioni della legge delega cerano due punti, poi scomparsi, che prevedevanofinanziamenti decennali blindati, aventi come base minima gli attuali livelli di spesa; e la possibilità, per la difesa, di trasformarsi in piazzista darmi, attraverso attività di supporto tecnico, logistico e contrattuale per lacquisione di materiali di armamento prodotti dallindustria nazionale da parte di paesi terzi con cui esistono accordi di cooperazione militare Possiamo star sicuri che questi saranno passaggi che ci ritroveremo tra qualche tempo in una ulteriore riformina tecnica. Non si tratta quindi di rimettere in discussione /solo/ le spese per le armi (comunque un buon inizio) ma di ripensare complessivamente e radicalmente il modello di difesa, per investire intelligenze e risorse verso un modello di difesa difensivo e non pensato per fare la guerra. Un articolo della Costituzione dice che lItalia ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Per Seguire questo principio non servono gli F35. -------------------------- Per i dati sulle fonti: www.guerrepace.org <http://www.guerrepace.org/>
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