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ecco perchè voglio Usa fuori dalla sardegna
- Subject: ecco perchè voglio Usa fuori dalla sardegna
- From: "Giuseppe Scano" <useppescano at virgilio.it>
- Date: Wed, 27 Apr 2005 14:38:32 +0200
dal il giornale di sardegna pag culturale del 27\4\2005 Servitù militari, l'Isola sequestrata A Cagliari. Lo scrittore filippino sarà oggi nell'Aula Magna della facoltà di Lettere e Filosofia GIAMBERNARDO PIRODDI PIÙ CHE "SOLO E PENSOSO ", serio e pensoso. Assorto nelle sue riflessioni. Così è apparso in pubblico Walden Bello, il cinquantottenne intellettuale filippino autorevole esponente del movimento mondiale di opposizione al neoliberismo, pensatore assai critico nei confronti della globalizzazione e da sempre partecipe delle battaglie del movimento new global. Walden Bello era ieri a Sassari (oggi alle 16.30 farà tappa nell'aula magna di Lettere e Filosofia di Cagliari) per un incontro organizzato dalla libreria Odradek e dal Comitato per il ritiro delle truppe dall'Iraq, dal titolo "Autogoverno e deglobalizzazione in alternativa alla guerra infinita: la Sardegna nell'occhio del ciclone". Si è partiti dall'individuare il nemico, la sacra Trimurti americana formata dal Wto, dal Fondo Monetario Internazionale, dalla Banca Mondiale. Una Trimurti che secondo Walden Bello è immodificabile. Può essere soltanto abbattuta. Il passo successivo è la deglobalizzazione, che diviene infine autogoverno dei popoli. Di patti proprio poco chiari e di pseudoamicizie troppo lunghe fra sardi e americani ha parlato il giornalista Piero Mannironi in apertura di serata: «Per quanto riguarda guerre e servitù militari la Sardegna è in prima linea da cinquant'anni, fra accordi bilaterali segreti e stoccaggio di novanta testate nucleari. Un gioco, in cui la politica cede totalmente il passo alla tecnocrazia militare». Rincara la dose il deputato dei Verdi Mauro Bulgarelli: «La Sardegna purtroppo ha una storia di servitù, e sempre militari, più lunga di cinquant'anni. Pensiamo alla Brigata Sassari. Ma forse sono retrò: ormai la guerra esporta la democrazia. democrazia. I nostri padri costituzionalisti sono stati traditi, la pace è sinonimo di "contrario di guerra". Non si contempla più il significato di "equità sociale". Lottare per la pace ormai può significare soltanto la smilitarizzazione ». Dello stesso parere Roberto Luchetto del Comitato per il ritiro delle truppe dall'Iraq: «Subito il ritiro delle nostre truppe. E la chiusura della basi Nato-Usa». Da parte sua, dopo aver ascoltato con attenzione, Walden Bello non ha esitato ad affondare subito la lama, anche se con ironia: «È la mia prima volta in Sardegna, vi ringrazio tutti. Posso invece dire di aver già visitato Genova, in occasione del G8, nel 2001. Ed in quel caso invece ricordo perfettamente l'ospitalità dei carabinieri italiani. Infatti sono stato arrestato. Non sono stato invece picchiato dalla polizia, che ha picchiato però molti altri. Così come ricordo bene il giovane ucciso dai militari italiani». Allargando lo sguardo all'Italia intera, Bello dice che ha molto ben presente il ruolo della nostra nazione nello scacchiere internazionale e nei suoi equilibri: «Ciò che è successo al G8 è stata soltanto la punta dell'iceberg. Il vostro Paese è coinvolto in una guerra di "esportazione della democrazia"; c'è il problema delle basi militari che va risolto per prima cosa. Senza risolverlo non si arriva alla deglobalizzazione, allo sganciamento da un meccanismo che fagocita ». Circa la guerra irachena Bello ha toni che sono ancor più fuor di metafora: «La guerra in Iraq è esattamente l'equivalente della guerra civile in Spagna o del conflitto vietnamita». Docufilm "Sa Lota" Anche questa è storia di Sardegna. Poligoni missilistici sperimentali, sottomarini nucleari, territori contaminati, neonati con deformazioni craniche, tumori e alterazioni genetiche. La Maddalena, Perdasdefogu e Capo Frasca. Il 66 per cento della superficie soggetta a servitù militari in Italia si trova in terra sarda. Ma la memoria non ha buchi, non cancella morti e territori degradati. L'occupazione militare è in continua espansione, ma il suo limite è la resistenza del popolo. Una tradizione di lotta e resistenza. Clamorosa la rivolta di Pratobello, comune di Orgosolo, anno 1969. Oggi quella piccola rivoluzione è raccontata in un documentario di Francesca Ziccheddu e Maria Bassu. "Sa lota" sono immagini e voci, di donne e uomini. È storia recente di un paese, di 4 mila abitanti, che ha fronteggiato i contigenti dell'esercito italiano, centinaia di carabinieri, poliziotti e baschi blu, inviati per sopprimere l'iniziativa popolare. Mamme e mogli, padri e mariti che hanno impedito l'esproprio dei pascoli perché in quei campi, il ministro della Difesa italiano, aveva deciso di insediarvi il poligono di tiro permanente per artiglieria e una base di acquartieramento di contingenti dell'esercito. Sessantadue minuti pieni pieni di interviste alle donne, motore determinante, menti politicizzate e forza motrice. Testimonianze scelte da una orgolese doc, la Bassu, e un progetto voluto, pensato e realizzato dalla regista cagliaritana Ziccheddu. Sono i corpi e le menti di quella battaglia, non canali ufficiali, a descrivere, emozionarsi ancora per quei momenti che sono divenuti storia da tramandare ai figli. Azione assembleare e resistenza passiva, parole che sono il segno che opporsi è possibile. Il documentario verrà presentato il primo maggio alle 17.30 nel cinema parrocchiale di Orgosolo. A Cagliari l'appuntamento è per il 5 maggio, alle 20, al cinema Nanni Loy dell'Ersu. Francesca Fradelloni LA BASE USA DELLA MADDALENA. Il rifugio per i sottomarini Nel nord dell'Isola spicca per pericolosità la base Usa della Maddalena-Santo Stefano-Tavolara, rifugio e punto di appoggio per i sottomarini a propulsione nucleare della VI flotta, armati con missili a testata termonucleare. La base è stata concessa, dal governo italiano a quello USA, in base ad accordi stipulati nel 1954, 1972, 1978, 1979, tuttora coperti da segreto militare e mai ratificati dal parlamento, ed è a tutti gli effetti un'entità extraterritoriale sottoposta alla giurisdizione Usa. All'inizio degli anni Settanta, subito dopo l'installazione della base, si registra un aumento della radioattività nel territorio. bisogna ritornare a pratobllo 1968 ecco qui per chi vuole saperne di più GIUSEPPE MARONGIU La storia di una lotta pacifica fatta di persone è arrivata nei giorni scorsi all'Università di Sassari, in una mostra fotografica piccola ma molto bella, organizzata dal Collettivu'e sos istudentes. Pratobello 1969 racconta la rivolta popolare degli orgolesi contro l'occupazione militare di 13 mila ettari di pascoli. È la storia di un mese frenetico e senza sonno, di una lotta senza partito che avrà la meglio sulle migliaia di soldati e sulle decisioni prese a Roma. Tutto ha inizio il 27 maggio 1969 quando sui muri ancora spogli di Orgosolo compaiono dei manifesti intestati alla Brigata Trieste. Il testo impone ai pastori e ai braccianti agricoli che lavorano in territorio di Pratobello di abbandonare la zona e trasferire il bestiame altrove.Perché per due mesi il terreno da pascolo sarà un poligono di tiro. A questa notizia se ne aggiunge un'altra, non ufficiale, che circola in paese: quello che il Governo italiano chiama poligono temporaneo mira in realtà a diventare un campo di addestramento e tiro permanente. Il Circolo giovanile di Orgosolo con i propri volantini ciclostilati avvisa la popolazione e organizza la prima assemblea. Si decide di portare avanti una lotta alla luce del sole, senza incontri segreti o riunioni a numero chiuso. Mentre i sindacati e i partiti si scontrano con il Circolo e cercano invano di mantenere le redini del gioco. Il 9 giugno 3500 orgolesi iniziano l'occupazione dei campi. Donne, uomini e bambini, affrontano i militari faccia a faccia. Non si verifica nessun episodio di violenza ma qualcosa di molto più forte. Le donne raggiungono i soldati, li guardano negli occhi, iniziano a parlare. Spiegano loro cosa hanno in testa. «I militari - spiegaNanni Moro del Circolo - iniziano vedere con gli occhi della popolazione». dell'esercito avrebbero in ogni modo cercato di evitare questo pericoloso rapporto col 'nemico'. Ma alcuni militari affrontano il rischio di comunicare per lettera con la popolazione. Così i soldati imparano a diffidare degli ufficiali che avevano descritto gli abitanti del paese come banditi. Gli abitanti corrono sotto il sole giorno dopo giorno per tenere occupato l'esercito e impedire le esercitazioni. È una rivolta senza sangue. Daimanifesti che chiedono 'concimi, non proiettili' nascerannoi primimurales.Ma i giornali in quei giorni dicono le bugie. «Una grossa manifestazione pacifica - aggiunge Moro- veniva resa ai lettoricomela scalcagnata parata di quattro gatti maoisti». I giornali fanno il gioco del Governo perché nessuno deve sapere che la gente può dire no alle servitù militari. Il 26 giugno la vittoria arriva ma i partiti e i sindacati fanno fare uno scivolone alla lotta. Il poligono di tiro non sarà permanente ma per due mesi si sparerà: quella del 26 è una serata di stanchezza e la promessa di indennizzi ai pastori fa il resto. La vittoria arriva ma si porta dietro quest'ombra scura. A sottolineare che la lotta, quella vinta, è tutta del popolo,mentre gli accordi, i compromessi e le figuracce, vannoai partiti, sindacati e giornali di allora .
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