dal il manifesto del 26\06\2004




 
 
 
SARDEGNA 
Uranio, le troppe morti del Quirra e le bugie militari 
Soldati e civili del poligono di Perdasdefogu continuano ad ammalarsi e
a morire di tumori 
I vertici militari negano l'uso dell'uranio impoverito nelle esercitazioni,
ma il muro di omertà mostra le prime crepe. E oggi manifestazione a Tempio
Pausania
ANDREA FABOZZI
INVIATO A CAGLIARI 
«Attenzione. Intorno ai bersagli potreste ritrovare numerosi proiettili
all'uranio impoverito. Potrebbero essere deformati dall'impatto e coperti
con una polvere nera di uranio... Non trattenetevi nelle vicinanze e non
recuperate i proiettili. Indossate maschere e guanti protettivi. Lavate
spesso la vostra uniforme speciale. Col tempo il vento e l'acqua potrebbero
riportare nell'aria la polvere di uranio...». Sono alcune delle raccomandazioni
della Nato ai soldati della brigata multinazionale West in Kosovo. Anche
agli italiani. Non nascondono i rischi dell'uranio impoverito, del resto
negli Stati uniti un collegamento tra le polveri di Depleted uranium e alcune
forme di tumori era stato ipotizzato già negli anni '80, e regole precise
di impiego di quel materiale erano state introdotte nei primi anni '90.
Ma sono consigli che nessuno si è preoccupato di far avere ai pastori della
Sardegna sud orientale, che quando entrano all'interno del poligono di Quirra-Perdasdefogu
non hanno né guanti né maschere. E forse per questo muoiono, e sicuramente
si ammalano per tumori al sistema emolinfatico in percentuale troppo alta.
Una pecora non ha un'uniforme speciale. Non ce l'ha il pastore, non ce l'ha
il contadino, non ce l'ha la verdura che lì cresce e non ce l'hanno nemmeno
gli abitanti di Quirra, che hanno impiegato un po' a capire di essere finiti
in mezzo al poligono di esercitazione più attraente per gli eserciti di
mezzo mondo. Il più grande: da solo vale 13mila ettari di terreno e 28.400
chilometri quadrati di mare, un po' di più di tutta la superficie della
Sardegna. Su 150 residenti nel piccolo comune, almeno 18 si sono ammalati
di un tipo di tumore collegabile all'inalazione di uranio impoverito. Non
erano protetti? Non lo erano evidentemente nemmeno i tre dipendenti della
Vitrociset, che utilizza il poligono per sperimentazioni così come altre
ditte «civili» (Alenia, Dalmine, Aerospatiale, Thomson...), morti anche
loro. Eppure, ufficialmente, secondo la Difesa italiana, all'interno dei
poligoni militari non si fa uso di armi all'uranio impoverito.

E' l'ultimo segreto, l'ultima bugia che per essere smentita ha bisogno ancora
di altro tempo, altre morti. Confermava ancora, meno di tre mesi fa, il
nuovo comandante del Comando autonomo della Sardegna Angelo Dello Monaco:
l'esercito italiano non dispone di proiettili all'uranio impoverito, nei
poligoni sardi non se ne fa uso. La prova? Lui stesso, che per 11 anni ha
partecipato a esercitazioni nel poligono di Capo Teulada - sud-ovest della
Sardegna - «e sono qui vivo e sano». Ma che l'esercito italiano disponga
di proiettili al Du è ormai assodato. Lo prevedono documenti Nato. Che non
venga utilizzato nei poligoni di esercitazione è impossibile: tanto le ditte
«civili» quanto le Forze armate fanno le loro sperimentazioni per testare
la resistenza delle corazze, contro le quali nulla è più efficace del pesante
uranio impoverito. Così, ammesso che si voglia credere alla favola degli
italiani che non sparano l'uranio impoverito (ma i test, allora, a cosa
servono?), nessuno può impedire alle forze armate straniere che sono di
casa al Quirra di impiegarlo. E d'altro canto non esiste alcun bando internazionale
perché alle forze armate straniere sia impedito l'utilizzo di armi al Du,
come si affanna a chiedere da ultimo il responsabile sardo dell'Unac Michele
Garau: oggi a Tempio Pausania per iniziativa dell'Unione nazionale arma
dei carabinieri ci sarà un incontro sul tema, con i familiari dei soldati
sardi colpiti da tumori.

L'ultima speranza, per i familiari delle vittime, arriva dal tribunale di
Roma che ha condannato l'esercito a risarcire i parenti di Stefano Melone,
elicotterista di Viterbo, morto di leucemia a 40 anni. Il maresciallo era
stato impegnato in numerose missioni all'estero, tra l'altro anche in Bosnia
e Kosovo, ma prima aveva partecipato a esercitazioni in Sardegna, proprio
nel poligono di Perdasdefogu. Dalla sua storia può aprirsi la prima crepa
nel muro delle bugie. La seconda ci si aspetta che parta dal nuovo governo
regionale: tra i candidati che si sono impegnati a promuovere un'indagine
sulle morti sospette di Quirra (www.trefirme.info) c'è anche il nuovo presidente,
Renato Soru.