Re: riconvertire le fabbriche di armi



Leggo sempre con molto disagio ed anche insofferenza articoli di questo genere. Al di là della buona volontà e del lodevole intento che c'è dietro, mancano i criteri necessari per affrontare problemi di questo tipo.

1) gli esempi di riconversione sono pochi. Se si legge il bel libro di Elio Pagani "Dalla produzione di armi alla produzione civile: il caso inglese", ci si rende conto che si ha a che fare con scelte politiche bel precise e con ambiti decisionali ben precisi. Questi coinvolgono comunità scientifiche, sindacali e i lavoratori tutti, coinvolgono l'economia di un territorio. Ed è un libro che tratta esempi di metà anni ottanta.

Tutt'altro scenario è quello che ci si presenta oggi davanti. Aziende con programmi a partecipazione multipla e internazionale, ricerca e produzione dual-use da non confondere con la possibilità di una riconversione più semplice. Nel qual caso ci si vada a leggere cos'è "la rivoluzione degli affari militari".

2) Riguarda dottrine e strategie militari ben precise.

2) Riguarda la scelta della direzione politica, economica e culturale di intere comunità scientifiche e di progettazione prima ancora della sfera produttiva.

3) Riguarda la professionalità di molti uomini e donne, coinvolge cioè anche il mondo accademico.

4) Riguarda la sfera della politica e dell'economia, non c'è cambiamento dell'una senza l'altra.

Riguarda cioè tutto ciò che noi chamiamo volontà di potere e di dominio. Non credo sia poco. Ma con questo non voglio dire che non sia possibile cominciare a cambiare le cose dal basso, cioè da noi, noi inteso come uomini e donne. Esiste ancora una dignità dell'essere umano, esiste ancora la sfera dei diritti di ogni essere umano? Esiste la possibilità di scelta nell'ambito lavorativo, la scelta di ciò che produciamo? O esiste solo la necessità di un salario? E se la necessità del salario è in questa economia inalienabile rispetto alla vita stessa, come decidiamo di affrontare tutto questo?


t 13.14 07/07/2003 +0200, you wrote:
Fonte: La nonviolenza è in cammino - a cura di Peppe Sini

LIDIA MENAPACE: RICONVERTIRE A PRODUZIONI CIVILI LE
FABBRICHE DI ARMI

[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace at virgilio.it) per
questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla
Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli
scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e
riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a
cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani,
Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia
politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in
collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra
indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo
accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna,
Milano 2001]

Affrontare il tema delle fabbriche di armi e' una questione scottante e
importante.
Gia' sono in corso varie campagne, come quella contro le "banche armate" e a
Brescia quella contro "Exa".
Sulle fabbriche di armi bisogna raccogliere materiale informativo e
predisporre progetti di riconversione: e' un pezzo importantissimo del
passaggio da una economia di guerra a una di pace, anche per non danneggiare
lavoratori e lavoratrici cui non si puo' certo chiedere che si licenzino in
massa o facciano del sabotaggio in fabbriche militarizzate anche quando sono
private.
Bisogna invece avviare la riconversione in modo che sia chiaro che
l'occupazione non viene toccata e non si perde ne' il motto "Non c'e' pace
senza giustizia (giustizia sociale ovviamente) ottenuta con mezzi pacifici",
ne' il consenso popolare, sindacale e del mondo del lavoro.
Vi sono in Europa numerosi esempi di riconversione e credo che il Forum
sociale europeo dovrebbe essere investito dalla proposta di studiare e
scambiare informazioni in proposito: si tratta di una questione enorme per
dimensioni e risorse che si possono recuperare a un uso positivo.
La provincia autonoma di Bolzano - ad esempio - acquista per le persone
portatrici di handicap motorio, che vivono in montagna e che non potrebbero
muoversi per sentieri scoscesi e impervi, delle carrozzelle a motore
elettrico che si fabbricano a Kiel in una fabbrica dismessa di motori per
sommergibili (della seconda guerra mondiale): le carrozzelle progettate con
quattro ruote motrici e motori potenti e silenziosi danno alle persone che
le ricevono in comodato una possibilita' di movimento e di relazione davvero
impensabili. So che si usa dire che  Bolzano riceve una barca di soldi dal
centro, ma come vedete si possono anche spendere bene.