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185: una polemica fuori luogo!
- Subject: 185: una polemica fuori luogo!
- From: Marco Trotta <mrta at libero.it>
- Date: Mon, 23 Jun 2003 17:08:02 +0200
At 0:19 +0200 23-06-2003, Laici Comboniani PA (LIBERO) wrote: >Con preghiera di indirizzarla anche all'on. Elettra Deiana > >Ci sentiamo indignati dal tentativo, da parte dell'On. Elettra Deiana, di >camuffare il comportamento vergognoso assunto da parte di molti esponenti >della sinistra e in particolare dell'On. Bertinotti riguardo al voto dei >deputati sulla "riforma" della legge 185/90. Non giriamo intorno >all'argomento, cara onorevole, nascondendo l'ipocrisia manifestata in tale >occasione, essere assenti o astenersi non cambia assolutamente nulla. Le >facciamo presente che aver usato l'uno o l'altro degli strumenti a >disposizione ha, comunque, comportato la non espressione di una propria >volontà di opposizione e la "riforma" di una legge tanto importante. Quindi >è assolutamente falso affermare un diverso "VALORE" tra essere assenti ed >astenersi. Inoltre, non sminuendo il valore alto del referendum, non si può >giustificare l'assenza in aula su un argomento così importante e vitale. Non >doveva mancare, in aula, chi più di tutti, dimostrando grande coerenza, >aveva manifestato nei mesi antecedenti lo scoppio del conflitto in Iraq la >propria opposizione ferma (?) alla guerra. Infine, mi chiedo, su quale >motivazione si può considerare più necessario essere presenti ad un impegno >legato alla campagna referendaria ( 22 milioni di elettori sono più >importanti, forse, dell'intera umanità?) piuttosto che essere presenti ad un >voto che coinvolge il futuro nostro e dei nostri figli? >Laici Comboniani Palermo > >P.s.: il do ut des, quasi richiesto dall'on. Deiana, tra impegno per >contrastare la legge di riforma della 185/90 e indicazioni di voto per il >referendum da la sensazione che quasi quasi Rifondazione Comunista voglia >cavalcare i movimenti e la società civile. Speriamo di sbagliarci. At 17:44 +0200 22-06-2003, pilati73 at libero.it wrote: >Vi inoltro dalla lista della campagna "Bilanci di Giustizia" questo >interessante scambio di e-mail tra un bilancista e Bertinotti circa il suo >voto sulla 185. > >Aggiungo una mia personale e opinabilissima considerazione: quando la >smetteranno questi politici di accumulare cariche su cariche?? > >Aloha, Massimiliano Pilati > >Movimento Nonviolento. Scusate, ma io questa polemica proprio non la capisco. Mi sembra evidente che il gruppo del PRC non si è astenuto, ma era assente (in politica questo ha un significato diverso). In più era assente per un motivo assolutamente legittimo: la campagna sul referendum. Ora: è vero che l'On. Deiana sbaglia quando taglia con l'accetta il concetto come se il voto alla camera fosse barattabile con il pronunciamento di Zanotelli per il Sì. Ma sbaglia per un motivo molto semplice: questa è una guerra tra poveri e probabilmente dovremo fare tutti molta attenzione nel valutare le responsabilità per il futuro. E' una guerra tra "poveri" perché non vedo cosa potesse fare di più il gruppo parlamentare del PRC con la rappresentanza che si ritrova in parlamento (a maggior ragione nella contigenza di un passaggio delicato come il referendum) mentre, se fossi nei promotori della campagna, guarderei di più a certi atteggiamenti sul fronte di certa sinistra liberista. Ricordo agli amici di Rete Lilliput che il balletto sulla 185 l'ha aperto un uomo chiamato Marco Minniti, braccio destro di Massimo D'Alema, alla difesa nel governo di guerra nel '99 (<http://www.carta.org/rivista/settimanale/2002/08/08minniti.htm).>http://www.carta.org/rivista/settimanale/2002/08/08minniti.htm) e con modalità che rasentano il più totale dispresso delle forme di discussione democratica (http://www.carta.org/rivista/settimanale/2002/06/06bipartisan.htm). Di questo sarà bene tener conto per il futuro invece di accapigliarci sugli unici spiragli aperti con la società civile in un parlamento dove, invece, sono sempre più forti le lobby criminali e trasversali che dettano legge in materia di scelte che hanno a che fare con l'esercito e l'apparato militare-industriale (l'abbiamo visto per Genova, la guerra, l'invio dei Carabinieri in Iraq). Spiragli che, a me sembra, il PRC ha sostenuto fin qui senza che gli fosse stata data alcuna delega, a maggior ragione in bianco, ma anche senza volontà egemoniche e con molta più coerenza di ben altre forze nel paese che, invece, alle lobby di cui sopra hanno concesso molto oltre il buon senso e gli stessi principi democratici costituzionali. Inoltre io credo che per quanto riguarda la sconfitta parlamentare (perché sono d'accordo che il fronte non va smobilitato visto che ci attendono molte altre prove), bisognerebbe ragionare su almeno altre due questioni: 1) i recinti culturali. C'è un atteggiamento vetero-pcista di certa sinistra che oggi fa della subalternità al neoliberismo la sua cifra più importante (scambiandola per "responsabilità" come da famosa giustificazione quando ci fu la scelta si sostenere D'Alema nel '99) che intende il problema "difesa" con l'unico approccio che abbiamo da sempre conosciuto nello pseudo-pacifistmo (o pacifismo relativo). a) se vogliamo mantenere la nostra indipendenza di paese dobbiamo avere un apparato bellico autonomo e funzionante. Oggi questo discorso è spostato dallo pseudo-pacifismo in chiave europea e infatti il signor Minniti è un sostenitore di Farnborough e Massimo D'Alema è colui che ritiene superato l'art. 11 della Costituzione a maggior ragione se deve essere inserito nella futura costituzione europea. b) l'apparato industriale militare è settore metalmeccanico dove il problema dello smantellamento rischia di essere un problema sindacale e occupazionale. Sull'onda di questi discorsi si sono fatti naufragare i progetti migliori di riconversione delel industrie belliche in Lombardia come in Emilia-Romagna Peccato che a queste ragioni sta già rispondendo un movimento che chiede un'Europa disarmata e aperta. L'Europa sociale che si è concretizzata a Firenze e che tutti avremo il compito di sostenere se vogliamo portare la battaglia della smilitarizzazione in un campo determinante (a maggior ragione visto che anche il mito dell'industria militare metalmeccanica si sta ridimensionando con le nuove conquiste tecnologiche e la parte migliore del sindacato, anche sull'onda dei movimenti, sta incominciado a concepire non solo il diritto al lavoro ma il diritto al lavoro in una società migliore di questa) 2) la questione diritti. Perché se c'è un modo per costruire una cornice di consenso entro la quale radicare con più forza ogni campagna sul contesto locale, questo passa necessariamente da una iniziativa sui diritti e sulla capacità di riconoscere in questa idea nessuna primogenitura e/o sfumatura ideologica che ne possa inficiare la partecipazione. Per questo io ritengo un grave errore il fatto che Zanotelli non si sia pronunciato con forza sui referendum. E lo ritengo un errore proprio perché le percentuali di voto hanno dimostrato che il pretesto di un "referendum che divideva la sinistra" era appunto un espediente ideologico, e perché è vero e probabile che molte persone riconoscibili nell'area Lilliput sono andate a votare comunque ma avrebbe avuto un impatto e un senso sicuramente maggiore se questa sacrosanta battaglia non fosse stata lasciata solo ai promotori del sì (che, per inciso, non mi sembra che abbiano voluto metterci alcun cappello, mentre era nell'interesse trasversale dell'astensionismo insolente dare questa impressione dell'altro fronte). Marco Trotta
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