[Diritti] Senzapatria. Giornata antimilitarista ai giardini (ir)reali
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- From: "maria matteo" <fat at inrete.it>
- Date: Thu, 18 Sep 2014 13:03:30 +0200 (CEST)
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Senzapatria. Giornata antimilitarista ai
giardini (ir)reali
Sabato 20 settembre
Ore 15/24
presidio con banchetti, bar, cibo, concerti, performance, interventi, ai
giardini reali (corso san maurizio angolo via rossini).
Se piove si
va a Parco Dora - corso Mortara – ex ferriere.
Programma
ore 15
banchetti, musica e interventi
ore 17 assemblea
antimilitarista
Interventi su F35, il business delle armi, scenari di
guerra globale, occupazione militare del territorio dall’Afganistan alla
Val Susa, passando per i CIE e i quartieri popolari di Torino, il
paradigma bellico del nuovo secolo.
Bar e cena benefit lotte
antimilitariste
ore 21 concerto con
N.N. (agri-punk)
Sottosuolo (post-core)
Fasti
(indy-sperimentale)
Azione diretta contro il
militarismo
L’Italia è in guerra da
molti anni. Ne parlano solo quando un ben pagato professionista ci lascia
la pelle: un po’ di retorica su interventi umanitari e democrazia,
Napolitano che saluta la salma, una bella pensione a coniugi e figli.
È una guerra su più fronti, che si coniuga nella neolingua del
peacekeeping, dell’intervento umanitario, ma parla il lessico feroce
dell’emergenza, dell’ordine pubblico, della repressione.
Gli stessi
militari delle guerre in Bosnia, Iraq, Afganistan, gli stessi delle
torture e degli stupri in Somalia, sono nei CIE, nelle strade delle nostre
città, sono in Val Susa.
Guerra esterna e guerra interna sono due
facce delle stessa medaglia. Lo rivela l’armamentario propagandistico che
le sostiene. Le questioni sociali, coniugate sapientemente in termini di
ordine pubblico, sono il perno dell’intera operazione.
Hanno
applicato nel nostro paese teorie e tattiche sperimentate dalla Somalia
all’Afganistan.
Se la guerra è filantropia planetaria, se condizione
per il soccorso sono le bombe, l’occupazione militare, i rastrellamenti,
se il militare si fa poliziotto ed insieme sono anche operatori umanitari
il gioco è fatto.
L’opposizione alla guerra, che in altri anni fa ha
riempito le piazze di folle oceaniche, si è lentamente esaurita, come le
bandiere arcobaleno, che il sole e la pioggia hanno stinto e lacerato sui
balconi delle case.
La mera testimonianza, la rivolta morale non
basta a fermare la guerra, se non sa farsi resistenza concreta.
Negli
ultimi anni l’opposizione alla guerra qualche volta è riuscita a saldarsi
con l’opposizione al militarismo: il movimento No F35 a Novara, i No Tav
che contrastano l’occupazione militare in Val Susa, i no Muos che si
battono contro le antenne assassine a Niscemi. Anche nelle strade delle
nostre città, dove controllo militare e repressione delle insorgenze
sociali sono la ricetta universale c’é chi non accetta di vivere da
schiavo.
Le radici di tutte le guerre sono nelle industrie che
sorgono a pochi passi dalle nostre case.
Chi si oppone alla guerra,
senza opporsi alle produzioni di morte, fa testimonianza ma non impedisce
i massacri.
L’Alenia è uno dei gioielli di Finmeccanica, il colosso
armiero italiano.
La “missione” dell’Alenia è fare aerei. I velivoli
militari sono il fiore all’occhiello di questo colosso. Nello stabilimento
di Caselle Torinese hanno costruito gli Eurofighter Thypoon, i
cacciabombardieri made in Europe, e gli AMX. Le ali degli F35, della
statunitense Loockeed Martin, sono costruite ed assemblati dall’Alenia.
Un business milionario. Un business di morte.
Per fermare la guerra
non basta un no. Occorre incepparne i meccanismi, partendo dalle nostre
città, dal territorio in cui viviamo, dove ci sono caserme, basi militari,
aeroporti, fabbriche d’armi, uomini armati che pattugliano le strade.
Continua la campagna antimilitarista cominciata il 2 giugno con il
corteo a Caselle. Per mettere sabbia nel motore del militarismo.
Per info e contatti:
338 6594361 – fai_to at inrete.it
www.anarresinfo.noblogs.org
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