[Diritti] ADL 131120 - Sembravano



L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero www.avvenirelavoratori.eu

Sede: Società Cooperativa Italiana Zurigo - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo

 

La più antica testata della sinistra italiana, fondata nel 1897

La Newsletter dell'ADL di oggi – 20.11.2013 – è inviata a 40'545 utenti

Direttore: Andrea Ermano

   

 

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IPSE DIXIT

 

Sembravano immortali - «Mi rendo conto di aver vissuto momenti della storia che sembravano immortali. Ho visto il nazismo di Hitler e il fascismo di Mussolini, che sembravano destinati a durare mille anni. E il comunismo dell'Unione Sovietica, che si credeva non sarebbe finito mai. Ebbene tutto questo oggi non esiste più. E allora perché mi dovrei fidare delle ideologie?» – Doris Lessing

        

 

EDITORIALE 

 

Affido a coppia gay

 

Il tribunale di Bologna ha scelto il bene della bambina

 

di Pia Locatelli

 

Sull’affidamento da parte del tribunale dei minori di Bologna a una coppia gay, stabile e affidabile, di una bambina di tre anni, affezionata ai due al punto da chiamarli zii, sono state sollevate polemiche prive di fondamento. Gli scontati appelli al “bene della bambina”, infatti, in questo caso appaiono totalmente fuori luogo, dal momento che la decisione del tribunale è stata presa proprio in quest’ottica.

    Sarebbe molto più traumatico, infatti, per una bambina così piccola essere affidata a perfetti sconosciuti, invece che a persone che conosce e che ama. Il fatto che poi queste persone siano omosessuali non c’entra assolutamente nulla e, così come ha tenuto a precisare il giudice, non ha influito sulla decisione.

    Ha influito al contrario l’affetto che i due affidatari hanno dimostrato nei confronti della bambina. Ha influito il fatto che prima che il giudice tutelare disponesse l’affido temporaneo per due anni, la bimba, figlia di due genitori stranieri, vicini di casa della coppia, già viveva con loro da febbraio, per quello che informalmente gli operatori dei servizi sociali definiscono un “periodo di prova”. Ha influito il fatto che chi conosce la situazione della convivenza la descrive come “molto felice e tranquilla”.

 

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Quanti si sono sollevati gridando allo scandalo in nome del benessere della minore dovrebbero, quindi, al contrario essere felici di una scelta dettata dal normale buon senso. Quello che viene oggi messo sotto accusa non è, come molti credono, un egoistico desiderio di avere figli da parte di persone dello stesso sesso, ma solo un atto d’amore. Non stiamo, infatti, parlando di adozioni, ma di affido temporaneo che è quanto di più altruistico si possa fare, e quanti oggi insorgono forse non sanno che è prassi piuttosto diffusa, proprio per il bene dei bambini.

    Le coppie eterosessuali, infatti, sono è vero spesso costrette a lunghissime attese per quanto riguarda le adozioni, ma difficilmente sono disponibili a un affido temporaneo, e quindi precario, per il timore di affezionarsi troppo a figli che non saranno mai loro. Il risultato è che le Case famiglia sono piene di minori con alle spalle situazioni disperate e genitori impossibilitati a prendersi cura di loro. Per questi bambini le priorità sono affetto e amore. Null’altro.

    Questo non significa certo affermare che i genitori dello stesso sesso sono migliori o preferibili a quelli di sesso diverso, ma solo che quando si tratta di fare scelte di questo tipo si deve guardare alle capacità di amore e di cura degli affidatari e non al loro orientamento sessuale. Quello è un fatto privato che non dovrebbe interessare nessuno e che sicuramente non interessa i bambini.

 

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Pia Locatelli con José Zapatero

   

 

Le idee

 

Attenzione all’Europa!

 

di Paolo Bagnoli

 

Dalla fine della seconda guerra mondiale il vecchio continente si trova di fronte a una prova che non può essere sbagliata, a meno di conseguenze nefaste di grande portata. L’Europa, infatti, piaccia o non piaccia, rimane ancora oggi il teatro strategico della civiltà occidentale e, quindi, campo privilegiato nello scontro tra la ragione e l’oscurantismo fideistico. E l’Europa non sembra rendersi conto di ciò di cui è gravata: smarrimento di ideali, burocrazia ragionieristica, interessi egoistici e mancanza di una classe dirigente all’altezza del momento. Prima che degli interessi, una classe dirigente parla degli ideali su cui costruire una politica che dia comune identità.

    Avviene, invece, tutto il contrario. Ci s'illude che una sequela di trattati fuori della realtà possano fare Europa, nel paradosso di una moneta che dovrebbe aiutare a risolvere i problemi e non ad accrescerli. Ma dove è andata la speranza legata alla nascita dell’Euro se, stando al presente, essa, non funziona né con i Paesi deboli né con i forti?

    Crediamo che ogni europeista abbia sentito un brivido quando le autorità comunitarie hanno invitato la Germania, su cui pure pesano non poche responsabilità, a essere economicamente più debole poiché vi sono Paesi che sono fortemente deboli. Una seria politica e, quindi, una classe dirigente degna di questo nome, avrebbe ragionato sull’Euro e sulla sua funzione non come può farlo un banchiere o un istituto di emissione, bensì vedendo nell’Euro un pilastro su cui poggiarsi per andare avanti contro il burocratismo soffocante e aiutare i più deboli a crescere non a sentirsi più forti perché è più debole la Germania.

    Fatto si è che oggi l’Europa viene vista, da tanti suoi cittadini, come un fattore negativo socialmente; un soggetto da smontare partendo proprio dal punto più alto cui è giunta ossia l’Euro. Su ciò s'incardina non solo una ripresa di nazionalismo o di riaffermazione delle funzioni tradizionali dei singoli Stati, ma un qualcosa di più e di più pericoloso; vale a dire, la legittimità stessa dell’idea di Europa; il tentativo di trovare un modo per stare insieme che, certo, non è quello di questa assurda, farraginosa e antidemocratica costruzione comunitaria.

    Ancora. La ripresa di un prevalente sentimento a favore del ripristino di legittimità piena degli Stati nazionali nasconde qualcosa di più insidioso e pericoloso che mira alla decozione stessa dell’idea politica di Europa, nell’incoscienza delle conseguenze in un frangente nel quale lo scontro con i fondamentalismi religiosi e gli integralismi territoriali sembra lievitare giorno dopo giorno.

    Bisogna ragionare. Una cosa è sviluppare il disaccordo con questo modo di essere comunitario, ma bisogna farlo da europeisti e, quindi, da democratici. Tutta altra cosa è farlo da antieuropeisti. La qualità del problema, e di quanto da esso consegue, è diversa. Infatti, mentre le forze dell’antidemocrazia, quelle della destra europea, si stanno organizzando, quelle della democrazia sembrano in tutt’altro affaccendate, non consapevoli che questa volta non sono all’attacco, bensì in difesa.

    Marine Le Pen ha lanciato la crociata: le destre di tutti i Paesi che fanno parte dell’Unione si uniscano nell’Europarlamento in una “Alleanza per la libertà”. Al progetto stanno già arrivando le prime adesioni: quelle degli olandesi e degli austriaci – il nome delle rispettive formazioni è identico: "Partito della Libertà” – e si fa sapere che si attende all’appuntamento pure la Lega e forse non mancherà nemmeno Forza Italia, a sentire il tenore del discorso rifondativo tenuto da uno spento e patetico Silvio Berlusconi qualche giorno fa.

    Dicono no all’Europa – fatta diventare "quella della Bce e della Merkel" – anche il movimento di Beppe Grillo e i post-fascisti della Meloni. Molte, poi, sono le contrarietà presenti nella sinistra estrema, ma non sono certo queste che preoccupano. Preoccupa la destra, che già appare in grande crescita nei vari Paesi del continente. In Ungheria essa governa tranquillamente in spregio alla libertà che l’essere europei implicherebbe. In Grecia Alba Dorata – forza politica chiaramente neonazista – è, secondo alcuni sondaggi, il primo partito con il 26,6% dei consensi.

    Ecco perché le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo del 2014 hanno una rilevanza particolare e non possono essere affrontate alla maniera solita. Sempre che si assuma consapevolezza di quanto è in gioco.

        

 

Verso il congresso del PSE a Roma

 

Coro muto?!!

 

Caro Bagnoli, lei a un certo punto del suo articolo "Pasticci" (ADL, 13.11.13) scrive: "Domandiamo ancora una volta che cosa rappresenti il PSI (partito membro del PSE) se non riesce nemmeno a mugolare come il coro muto della Madame Butterfly!". A meno di non leggere dietro questa affermazione un rigurgito del solito antisocialismo di pancia a cui purtroppo ancora non mi sono abituato, cosa vuol dire?

    Il PSI rappresenta il PSI, con le capacità e i mezzi che ha, anche in conseguenza di una storia che tutti conosciamo. Cosa dovrebbe fare? Digiunare alla Pannella per andare 15 secondi in un Tg? Allearsi con Berlusconi così almeno avrebbe un po' di spazio nelle sue TV e i soldi per editare un quotidiano?

    Quando Veltroni ha rifiutato il PSI di Boselli preferendogli Di Pietro, sono rimasti fuori dal Parlamento, e questo non aiuta certo a far sentire le proprie ragioni.

    Con Bersani – per fortuna nostra e dell'Italia intera – se n'è andato Di Pietro e in Parlamento è rientrata una pattuglia di socialisti. Fanno molto? Fanno poco? Beh, basta informarsi (ci sono i siti di Camera e Senato) per apprendere che qualcosa fanno. Solo che è molto più facile, forse più comodo, dire che non fanno nulla piuttosto che stare a sentire cosa dicono e discutere con loro per vedere se casomai ne esce qualcosa di utile. Cordiali saluti

 

Carlo Correr, Roma

 

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Da sinistra: Carlo Correr, Paolo Bagnoli, Martin Schulz,

candidato PSE alla Presidenza della Commissione europea 

 

Caro Correr, magari si informi perché l'accusa di antisocialismo nei miei confronti è proprio fuori luogo… Io pongo una questione cui lei non risponde. Perché il congresso del PSE a Roma viene organizzato da un partito non aderente e non dal PSI che invece ne fa parte? Non sarebbe logico e normale che fosse il contrario? Se un coro muto non c'è mi dica dove viene trasmessa una voce. La ringrazio, comunque, per l'attenzione e la saluto cordialmente.

 

Paolo Bagnoli, Firenze

  

 

SPIGOLATURE 

 

Libero corso alla

solidarietà, ma…

 

di Renzo Balmelli 

 

CAOS. Quando si verificano tragedie devastanti come quella che ha colpito le Filippine non si può far altro che lasciare libero corso alla solidarietà, pur nella consapevolezza che gli aiuti sono sì indispensabili per tamponare l'emergenza, ma nulla più. Non bastano invece per dare una soluzione duratura a un problema che di solito si mette per comodità sul conto della fatalità che però nella maggior parte dei casi fatalità non è. All'origine del clima impazzito ci sarà di sicuro anche il caos meteorologico che a detta degli esperti rende impossibile l'allestimento di previsioni attendibili e puntuali nelle zone ad alto rischio. Tuttavia questa non è la sola causa. L'imponderabile avrebbe effetti meno sconvolgenti di quanto ha avuto non solo in contrade lontane, ma anche a due passi da noi, nella Sardegna colpita da un tragico ciclone, se non vi fosse lo zampino dell'uomo e delle sue responsabilità nelle devastazioni inferte alla natura e all'ecosistema, per pura sete di guadagno.

 

ICONA. Mentre la questione femminile torna prepotentemente d'attualità, scontrandosi non di rado con tardivi rigurgiti maschilisti , viene a tacere per sempre la voce di una delle sue interpreti più genuine e appassionate. A 94 anni è morta Doris Lessing, premio Nobel per la letteratura nel 2007, autrice visionaria e ribelle in un'epoca in cui il pensiero femminile oltre a essere una frontiera inesplorata metteva i brividi agli uomini gelosi dei loro privilegi. Nata in Persia, cresciuta in Africa, socialista per vocazione, la Lessing, come ha raccontato Inge Feltrinelli, è stata un esempio modernissimo di libertà per tutte le donne e per la letteratura femminista. Opinione che però la stessa scrittrice non sembrava condividere ancorché " Il taccuino d'oro", considerato il suo capolavoro, resti un'icona ineguagliata in questo campo per la capacità di creare scompiglio.

 

EQUITA'. Dal profilo etico, con la crisi che morde alle caviglie, ha un significato universale la battaglia che la Gioventù socialista svizzera sta combattendo con la sua iniziativa "1:12" per salari più equi. Sul tema si vota il fine settimana tra il malumore degli imprenditori che lo vede come fumo negli occhi. Nei loro ranghi nessuno vuole sentire parlare di crescente e iniqua disuguaglianza nel campo delle retribuzioni e nemmeno di come porvi rimedio. L'iniziativa si. Per una vera giustizia sociale -recita il testo - nessuno dovrebbe guadagnare in un anno meno di quanto guadagna in un mese il meglio pagato nella stessa azienda. La proposta va a toccare una realtà sottaciuta in cui sono in pochi ad avere molto, e molti ad avere poco, secondo criteri che lasciano briciole sempre più piccole agli altri. Non solo nella Confederazione, ma ovunque nel mondo.

 

BUFALA. Il miracolo italiano: i lavoratori più ricchi dei padroni! Ma va là. Dire che le statistiche vanno prese con le pinze è quasi un'ovvietà. Quanto all'ultima, quella sui dipendenti che stanno meglio degli imprenditori ,essa ha tutta l'aria di essere una bufala di prim'ordine. Col Paese che naviga in cattive acque e con la disoccupazione alle stelle, soprattutto quella giovanile, é difficile ammettere che i salariati dichiarino al fisco più del loro datore di lavoro. Ipotesi poco probabile se si considera che i manager italiani hanno le retribuzioni più alte dall'aerea Ocse. A meno di ignorare, in questa strana classifica , la scappatoia della evasione fiscale che consente di presentare dichiarazioni al limite del ridicolo. Nemmeno Berlusconi, che in quanto grossista della vanità ha un conto aperto con l'Italia lungo come la fame, era arrivato a tanto nell'arte dell' affabulazione. Ed è tutto dire.

 

DOCCIA. Un giorno o l'altro bisognerà decidersi a chi credere e con chi stare nel tratteggiare gli scenari sull'evoluzione della crisi nei prossimi mesi. Non sarebbe male se i governi e gli esperti evitassero di produrre dati che servono soltanto ad alimentare la confusione e a dividere l'opinione pubblica. Sul caso italiano le contraddizioni sono addirittura macroscopiche e fonte di non pochi disagi. Un esempio. Mentre Moody's, castigamatti temutissimo per il suo rating inflessibile, promuove l'Italia ed è meno pessimista sulle possibilità di ripresa, ecco che sul tavolo di Palazzo Chigi arriva la bocciatura del Piano di stabilità da parte dei severi esaminatori dell'UE. Forse un pochino in più di chiarezza e di coordinazione aiuterebbe a mitigare gli effetti spiacevoli di una doccia scozzese che sembra rientrare nella strategia del dire molto per fare poco.

 

TRAPPOLA. Bisogna riconoscere che l'apparato mediatico della destra è davvero una macchina formidabile per produrre bolle di sapone. L'astuzia con la quale in casa del Pdl lacerato e ribattezzato FI la traumatica scissione è diventata ,sotto una sapiente regia, " il week end che ha cambiato la politica italiana" è davvero stupefacente. Pareva di essere su un set cinematografico, soltanto che la scena era di cartapesta. Nulla difatti è mutato. Per la gente comune che arranca nel tentativo di arrivare alla fine del mese, la giornata di oggi è come quella di ieri e non diversa di come sarà domani. Ormai la commedia delle illusioni dura da vent'anni, un po' meno della " Trappola per topi" di Agatha Christie che si replica da generazione in generazione, ma con un finale meno avvincente. Da qualunque angolazione la si osservi rimane sempre una trappola acchiappa voti.

 

DERIVA. "Tu quoque, Angelino, fili mi". Come nell'antica Roma, dalle parti di Palazzo Grazioli, si punta il dito contro il Bruto di turno, addebitandogli tutte le colpe del disastro che invece ha origini molto lontane, a cominciare dalla teatrale venerazione per il capo. In un clima cupo, rotto da sorrisi forzati, si consuma, tra odi e ripicche, un divorzio già scritto da tempo, ma che può riservare ancora brutte sorprese al Paese già duramente provato dai capricci del Cavaliere . Dopotutto ciò che accade è solo la naturale decadenza di un leader e di una storia politica senza gloria. Basterebbe ammetterlo e il Paese sarebbe salvo. Ora resta da capire che direzione prenderà lo schieramento di Alfano e se avrà la forza di costituire sul serio una vera formazione di centro destra dopo avere stigmatizzato la deriva estremista della rinata Forza Italia.

 

MITO. Mezzo secolo dopo l'attentato di Dallas, che rimane uno dei capitoli più vergognosi nella storia contemporanea degli Stati Uniti, si moltiplicano i giudizi che tendono a ridimensionare le qualità di John F. Kennedy e la sua statura di grande statista. Ci si interroga su ciò che resta di un mito e su ciò che il giovane democratico sarebbe potuto diventare se la sua vita non fosse stata stroncata nel fiore dell'età. Che il culto si sia un poco appannato a 50 anni da quel terribile 22 novembre 1963 può darsi risponda al vero, ma non per la stragrande maggioranza dei cittadini americani per i quali Kennedy rimane il presidente più amato da sempre, eccezionale e sopra la media rispetto agli altri. E non amato soltanto per la sua prematura e tragica fine, ma per avere ridato speranze e orgoglio a una Nazione che non ne aveva più. Che è poi la dote con cui si fanno i bravi leader.

   

 

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

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(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

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(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

 

FONDAZIONE NENNI

http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

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Parliamo di socialismo

 

Libro, Falce e…Martelli

 

Ricordati di vivere, il grosso volume di Claudio Martelli (Bompiani, 20123) è scritto bene, qua e là benissimo, ma

non è quel che ci aspettavamo...

 

di Giuseppe Tamburrano

 

Claudio Martelli, numero due del PSI, ha condiviso la linea di Craxi ed è stato lui stesso segretario di fatto quando Craxi andò a occupare la poltrona di Palazzo Chigi. Non solo dunque sa tutto, ma ha concorso a fare tutto della politica del Partito e più volte indipendentemente da Craxi (ad esempio durante il periodo da Ministro della Giustizia).

    Voglio sgombrare il campo dei miei rapporti con lui (che non sono stati molto stretti). Egli racconta di essere stato l’autore della riforma dello Statuto che al Congresso di Palermo portò Craxi alla elezione diretta da parte dei delegati. Racconta male: quella riforma è opera mia e so io quanto c’è voluto per convincere Craxi che temeva l’imboscata tra i delegati al Congresso; ma gli piaceva la prospettiva di essere il leader eletto non nel ristretto conclave della Direzione e attraverso trattative, compromessi, mediazioni – ma direttamente dai militanti, il che gli avrebbe dato una grande forza.

    Per il resto noi della Fondazione Nenni gli siamo grati per averci dato i mezzi per nascere, mezzi che gli chiesi quando mi propose di lasciare la sezione cultura per un altro incarico.

    Il libro di Martelli è bello ma pieno solo di sé, delle sue iniziative, operazioni, rapporti esterni e relazioni sentimentali; c’è poco il Partito, c’è –inevitabile! – Craxi che domina. Per parte mia da Martelli mi sarei aspettato almeno due cose.

a)      Qual è il giudizio approfondito ed articolato sul Partito? Che bilancio si può trarre – a prescindere dalla persecuzione giudiziaria, mediatica e comunista che portato alla fine del PSI? Si è fatto il possibile, ad esempio, per un riavvicinamento col PCI terremotato dal crollo del Muro di Berlino?

b)      Che cosa ha fatto Martelli che ad un certo punto si è reso autonomo da Craxi?

Questi argomenti non sono nel libro. E’ il passato! Ma il futuro? Con il suo pedigree non crede Martelli di poter fare qualcosa per riavvicinare i tanti socialisti dispersi almeno per parlare dei nostri valori oggi? Oggi, nella crisi epocale del capitalismo finanziario industriale globalizzato, e nell’offuscamento dei valori della democrazia, l’unica voce che avrebbe eco sarebbe quella di un moderno socialismo.

    Invece, punta su Renzi “per fare quello che voleva Bettino, per asfaltare i comunisti”. Asfaltare i comunisti?! Cos’è, vecchio berlusconismo? Ma poi Renzi li “asfalta” chiedendo il voto del PD?

    Per tanti anni abbiamo puntato, inutilmente, su Amato. Non credo che adesso possiamo sperare in Martelli.

    Comunque, noi siamo qui con gli ideali “immortali” (Turati) del socialismo e ti siamo grati per averci aiutato a nascere.

 

 

 

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Convegno

 

VIVA IL SOCIALISMO

 

Nel centoventesimo di attività della

Federazione Socialista Italiana in Svizzera

 

Ø  Zurigo, domenica 23 febbraio 2014, ore 10.15

 

Relatori:

 

Pia Locatelli,

parlamentare (PSI), presidente onoraria Internazionale Socialista Donne

 

Valdo Spini,

presidente Associazione Istituzioni Cultura Italiane, già ministro dell'Ambiente

 

Renzo Ambrosetti,

co-presidente dell'UNIA, la maggiore confederazione sindacale svizzera

 

Ø  Cooperativo / St. Jakobstr. 6 / CH 8004 Zurigo

 

Interverranno:

 

Paolo Bagnoli

Felice Besostri

Vreni Hubmann

Anna Biondi

Andrea Ermano

 

Sui prossimi numeri dell’ADL il programma dettagliato del convegno

  

 

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

 

Edilizia: si riparte

dall'ambiente (1/2)

 

Innovazione, riqualificazione, efficienza energetica e sicurezza del patrimonio edilizio per uscire dalla crisi.

 

La crisi drammatica che dura da sei anni e che ha portato nel settore edilizio alla perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro e alla chiusura di 12mila imprese può essere sconfitta “non con l’ennesima richiesta di finanziamenti pubblici, ma grazie a un chiaro e radicale cambiamento delle politiche che regolano il compartimento dell’edilizia”. Questa la richiesta di Fillea Cgil e Legambiente al Governo espressa nel secondo rapporto dell’osservatorio congiunto delle due associazioni (qui il pdf) “Costruire il futuro, innovazione e sostenibilità nel settore edilizio”, presentato oggi a Roma e che ha visto la partecipazione del Ministero dell’Ambiente e di numerosi presidenti ed assessori di giunte regionali.

    Le due associazioni ricordano che l’Unione Europea, con la nuova programmazione dei fondi europei 20142020, vuole spingere proprio in questa direzione e con le Direttive 2012/27 e 2010/31 ha fissato la visione e le scelte da intraprendere per fare dell'efficienza energetica la chiave per una riqualificazione diffusa e ambiziosa del patrimonio edilizio italiano. “Un’occasione che non deve essere sprecata – sottolineano Fillea e Legambiente nel rapporto - e dove è importante costruire un’alleanza che coinvolga tutti i soggetti sociali e imprenditoriali, politici e associativi che vogliono puntare a fare dell’efficienza energetica e statica del patrimonio edilizio la leva per uscire dalla crisi, creando occupazione (si stima almeno 600mila posto di lavoro) e nuove opportunità per le città italiane”.

    Secondo le stime del rapporto, le risorse che si possono mobilitare per l'efficienza energetica sono almeno 7 miliardi di euro. Risorse che “sarebbe irresponsabile sprecare, perdendo l’occasione di riqualificare finalmente il patrimonio edilizio esistente con interventi per l’efficienza energetica e la sicurezza antisismica, migliorando la qualità dell’abitare e dimezzando i consumi e le spese in bolletta per i cittadini”.

    Fillea e Legambiente sottolineano l’importanza dell’innovazione ambientale: “Nessuno può seriamente sostenere che si possano recuperare quei livelli occupazionali ritornando semplicemente a fare quello che si faceva in Italia fino al 2008. Ossia costruire nuove abitazioni al ritmo di 300mila all’anno, con oltretutto la beffa di non aver contribuito in alcun modo a dare risposta ai problemi di accesso alla casa e invece prodotto un rilevantissimo consumo di suolo”.

    “La strada per tornare a creare lavoro esiste – ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza nel corso del convegno di presentazione del rapporto - e in altri Paesi ha portato a creare molti più occupati della gestione tradizionale, perché è una strada che punta su una innovazione in edilizia che incrocia il tema energia e la nuova domanda di qualità delle abitazioni e di spazi adatti alle nuove famiglie. Una volta tanto l'Europa ci fornisce sollecitazioni ed indicazioni non solo per l'austerità, ma anche per imboccare un possibile sviluppo e, in questo caso specifico, rilanciare il settore, non più occupando suolo agricolo, ma riqualificando le città in funzione dei bisogni diffusi dei suoi abitanti e quindi creando un nuovo mercato, compatibile con la salvaguardia del territorio e dei suoi delicati equilibri”.

     “È quanto ci dice la Direttiva europea 2012/27 – prosegue Cogliati Dezza - che prevede impegni chiari e vincolanti da parte degli Stati per fare dell'efficienza energetica la chiave per una riqualificazione diffusa e ambiziosa del patrimonio edilizio. Come la nuova programmazione dei fondi europei 20142020 che vincola una quota significativa dei finanziamenti proprio per questo tipo di interventi. Come, ancora, i programmi per le Smart city e gli ecoquartieri. Per l’Italia è una occasione straordinaria per avere finalmente politiche coerenti, ma serve un PON per le città che assolva al ruolo di "cabina di regia" tra competenze sparse su più ministeri e diversi livelli istituzionali, per ridare centralità alle politiche urbane, anche in funzione anticrisi, rilanciando gli interventi dentro le città, ripensando gli edifici e riqualificando gli spazi urbani”.

     “In questi anni si è perso troppo tempo” ha dichiarato Walter Schiavella, segretario generale della Fillea Cgil. “I governi hanno agito o nella direzione di favorire il rafforzamento di una idea di edilizia speculatrice e divoratrice di territorio (le logiche delle sanatorie, dell’abbassamento dei vincoli edificatori e delle regole) o, nel migliore dei casi, con poco coraggio, come dimostra la legge di stabilità in discussione in Parlamento (incentivi non strutturali e assenza di una politica industriale capace di sostenere un processo di riconversione alla sostenibilità delle imprese del settore)”.

    Schiavella chiede quindi “un vero e proprio salto di qualità per trasformare la crisi strutturale e congiunturale che sta attraversando il settore in opportunità concreta per rimetterlo sul binario della regolarità, della legalità e della sostenibilità ambientale e sociale. Un salto che sarà possibile solo se tutti gli attori faranno la propria parte. A cominciare dal governo, il cui ruolo è quello di dare l’orizzonte strategico, impegnare risorse in questa direzione e stabilire regole per accompagnare e sostenere questa ‘rivoluzione’ del modello produttivo italiano delle costruzioni”. “Occorrono dunque decisioni politiche – prosegue il segretario Fillea – per accompagnare questo cambiamento e il coraggio di chiudere le porte con le stagioni dei condoni e di un edilizia caratterizzata da forte presenza di lavoro nero e dove continuano ad esserci troppi omicidi sul lavoro”.

    Il problema – ricordano le due associazioni - è che oggi vi è una totale confusione di responsabilità rispetto a chi si debba occupare di efficienza energetica tra Ministero delle infrastrutture, Ministero dello sviluppo economico, Ministero dell'Ambiente. Se questa situazione non cambia i fondi strutturali 20142020 faranno la stessa fine di quelli delle programmazioni precedenti, perdendo l’occasione di farli diventare una vera leva di sviluppo. Le stesse Regioni non hanno ancora compreso come occorra cambiare priorità di intervento e strategie, altrimenti le risorse europee vincolate all'efficienza energetica saranno sprecate.

    Per Fillea e Legambiente è “indispensabile” una regia nazionale che scelga e coordini gli interventi prioritari: “per questo chiediamo al governo Letta di istituire un PON nazionale sulle città per coordinare interventi e risorse da parte di Ministeri e Regioni”. Per la riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico – si legge ancora nel rapporto - la Direttiva stabilisce che dal gennaio 2014 ogni anno siano realizzati interventi di ristrutturazione in almeno il 3% delle superfici coperte utili totali degli edifici riscaldati e/o raffreddati di proprietà pubblica per rispettare almeno i requisiti minimi di prestazione energetica della direttiva 2010/31 con l'obiettivo di svolgere "un ruolo esemplare degli edifici degli Enti pubblici". Questo è un cambiamento enorme, che va accompagnato con risorse e obiettivi, analisi e audit del patrimonio, azioni di risparmio energetico e di efficienza del patrimonio edilizio, cambiamenti nei sistemi di gestione dell'energia. (1/2 - Continua)

 

 

Economia

 

L’illusione di

una governance

delle liquidità

 

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

 

Nel giro di pochi giorni le banche centrali ed i governi dei maggiori Paesi occidentali hanno preso una serie di decisioni finanziarie e monetarie di enorme portata. Se le si analizza una alla volta separatamente fanno notizia per un breve tempo e poi diventano passato. Se, invece, si prendono insieme diventano una strategia globale con preoccupanti conseguenze future.

    La Banca Centrale Europea ha portato il tasso di interesse di riferimento allo 0,25%, cioè allo stesso livello di quello della Federal Reserve. E’ dalla crisi del 2007 che i tassi di interesse hanno continuato a scendere senza effetti significativi sulla ripresa economica dimostrando che i vecchi strumenti di politica monetaria non funzionano. Sotto lo zero non si può andare; adesso i tassi potranno solo risalire.

    La Fed nel 2007 aveva un tasso di 5,25% che da dicembre 2008 è dello 0,25%. Nel 2008 il tasso delle Bce era del 4,25% e, riduzione dopo riduzione, anche in Europa siamo arrivati allo 0,25%. La teoria secondo cui il basso costo del denaro mette in moto automaticamente maggiori investimenti si è rivelata una pura illusione.

    Eppure la Storia insegna che il mercato da solo non ha mai risolto situazioni di grave recessione o di depressione economica. Soltanto una profonda riforma della finanza, un sistema di credito produttivo pubblico/privato e grandi progetti di modernizzazione e di sviluppo dei vari settori dell’economia reale creano ricchezza e nuovi posti di lavoro con una certa incisività sui livelli del debito pubblico.

    Quasi contemporaneamente le banche centrali di USA, UE, UK, Giappone, Canada e Svizzera, hanno deciso di rendere permanenti i cosiddetti accordi monetari swap per creare una prudente rete di protezione della liquidità. Accordi swap temporanei, cioè linee di credito in valuta estera tra banche centrali, erano stati opportunamente introdotti 6 anni fa per rispondere al “credit crunch” globale che, come si ricorderà, aveva colpito molte grandi banche internazionali e minacciava l’implosione dell’intero sistema finanziario.

    Nel frattempo la Fed ha deciso di continuare a immettere nel sistema nuova liquidità per 85 miliardi di dollari al mese fintanto che lo reputerà opportuno. Il 17 ottobre governo e congresso Usa hanno concordato di sfondare il tetto del debito pubblico per evitare la bancarotta federale. Tale questione però si ripresenterà a febbraio 2014 quando Washington dovrà annunciare un nuovo innalzamento del tetto debitorio o iniziare lo shut-down di alcuni settori dell’amministrazione pubblica.

    E’ preoccupante quindi vedere che i governi e le banche centrali, invece di accordarsi sulla grande riforma del sistema e su una nuova architettura finanziaria, stiano approntando misure di stampo meramente monetarista per far fronte ad una nuova fase di crisi globale che evidentemente ritengono essere inevitabile.

    Uno dei problemi è la tenuta del crescente debito americano. Secondo gli ultimi rapporti Cina e Giappone, che insieme detengono il 43 % del debito in mani straniere, non intenderebbero continuare nella politica di acquisto delle obbligazioni del Tesoro USA. Anzi avrebbero già diminuito di oltre 40 miliardi di dollari il loro pacchetto di bond americani.

    Ancor più preoccupante è il fatto che le obbligazioni spazzatura americane (junk-bond), a fine anno toccheranno i 1000 miliardi di dollari. Nel 2012 ammontavano a 642,3 miliardi; nel 2007, alla vigilia del grande botto, erano pari a 900 miliardi di dollari. Nella sostanza è una nuova bolla.

    Non vogliamo essere delle cassandre. Ma in mancanza di politiche e di riforme virtuose del sistema economico e finanziario, temiamo che nuove tempeste siamo in arrivo. Il verificarsi di nuove bolle speculative rappresenta un chiaro segnale di possibili sconquassi purtroppo suffragati anche da dati che evidenziano livelli di rischio superiori a quelli del 2007.

    Perciò le banche centrali sbagliano se pensano di poter escludere una crisi sistemica soltanto perché hanno concordato una “governance della liquidità”. Il fatto di incatenarsi assieme non garantisce la sopravvivenza se l’onda sale!

    I Paesi più deboli, come l’Italia, avendo poco da perdere, anziché balbettare singolarmente potrebbero o meglio dovrebbero farsi sentire in modo univoco e più forte con proposte di riforma e programmi più coraggiosi di rilancio economico.

   

 

Da CRITICA SOCIALE

riceviamo e volentieri segnaliamo

 

LA QUESTIONE SOCIALISTA OGGI

 

Materiali politici di Rino Formica

 

La questione socialista oggi, dal Socialismo identitario al Socialismo “largo” è un di contenitore di materiali politici. Un raccoglitore di idee, analisi, riflessioni, semplici appunti, annotazioni; il tutto utilizzato, grosso modo dal 2007 ad oggi, per partecipare a un evento specifico oppure per fissare una linea di ragionamento da sviluppare magari in seguito e in un giro più largo di discussioni. Insomma, allo stesso tempo un memorandum di questioni e un tracciato per una storia e un’analisi politica della Sinistra e del Paese, una sorta di reagente chimico da immettere in un contesto di dibattito pubblico che da troppo tempo è inerte.

    Nel libretto c'è un cuore e un cervello, un sentimento e una ratio, entrambi impiantati nella politica. Sto parlando di Rino Formica, una figura notoriamente atipica, rispetto all'idealtipo del politico di professione che lo vuole o tutta tattica o tutto strategia in un quadro, naturalmente, dove se messe in competizione la tattica prevale quasi sempre sulla strategia.

 

Il volume è disponibile in formato ebook (€ 1.99)

 

Critica sociale

http://www.criticasociale.net/

 

 

Da CRITICA LIBERALE

riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

Francesco o Benedetto,

il problema del concordato resta

 

di Paolo Bonetti

 

La visita di papa Francesco al Quirinale ha dato modo a Napolitano di invocare la cultura del dialogo anche per la politica italiana, ma tutto sta a vedere che cosa s’intende per dialogo in politica: reciproco rispetto o pateracchi per lasciare tutto com’è? Ma lasciamo perdere questo argomento su cui però bisognerà tornare, perché in una democrazia liberale il fondamento etico-politico della stessa non è una generica cultura del dialogo, ma un conflitto leale e ben regolato.

    Veniamo, invece, ad un argomento neppure sfiorato nei discorsi papale e presidenziale: l’abolizione del Concordato. Eppure il papa ha detto, in altre occasioni, che bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare. Occorre, quindi, che la Chiesa cattolica restituisca allo Stato italiano tutti quei vantaggi economici e giuridici che, anche dopo la revisione del 1984, l’accordo firmato nel 1929 dal regime fascista ancora le concede.

    Con le parole del Vangelo non è lecito scherzare e il papa le conosce certamente meglio di noi. In quanto al Cesare italiano, è fin troppo evidente che non ha nessuna voglia di rivendicare quello che è suo e cerca disperatamente (come fece il fascismo) di trovare nella Chiesa un qualche puntello alla propria crescente delegittimazione morale. Qui non è neppure questione di laicismo, ma semplicemente di dignità nazionale.

    E’ il caso forse di ricordare il comportamento ben diverso, in epoca liberale, di statisti cattolici ma fermissimi nel rifiutare le indebite pretese della Chiesa. Ci sono voluti Mussolini prima e Togliatti poi per rinunciare a questa dignità. Che si fa? Si continua?

 

Critica liberale

http://www.criticaliberale.it/news/177893

   

 

Da vivalascuola riceviamo

e volentieri pubblichiamo

 

Una scuola dell'altro mondo

 

La Nuova Zelanda ha uno dei sistemi scolastici migliori

al mondo e con un tasso di alfabetizzazione del 99%

 

di Giorgio Morale


vivalascuola propone un reportage di Matteo Telara sulla scuola in Nuova Zelanda, Paese che ha uno dei sistemi scolastici migliori al mondo e con un tasso di alfabetizzazione del 99%:

 

http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2013/11/11/vivalascuola-153/

Un sistema capace di stupirci e un esempio di cosa può essere la scuola in un Paese da anni al primo posto nelle classifiche internazionali per assenza di corruzione, ai primi posti anche come nazione più pacifica del mondo e per la qualità della vita.

    L’Italia invece continua a collocarsi tra i paesi più corrotti, mentre peggiora la qualità della vita. E nell’ultimo mese si registra ancora un record di scandali e inchieste. Date queste premesse, non stupisce che l’Italia sia agli ultimi posti anche per le spese per l’istruzione, per la qualità del suo sistema scolastico, per le competenze degli adulti.

   

 

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

 

Da MondOperaio

http://www.mondoperaio.net/

 

REDDITO MINIMO

GARANTITO (2/2)

 

Il diritto a una vita libera e dignitosa - Le forme del Reddito minimo garantito possono essere diverse, ma devono riguardare le persone, non solo le famiglie, devono essere efficaci rispetto allo scopo cui tendono. Solo l’Italia e la Grecia, nell’ambito dell’Unione Europea, ancora non prevedono una forma di Reddito Minimo Garantito che risponda a quanto richiede la normativa europea.

 

Il RMG come policy europea. - Pur non avendo mai esercitato una competenza normativa in materia, l’Unione ha da tempo individuato il RMG come una propria policy da connettersi strettamente alle altre politiche occupazionali e di crescita che i Trattati contemplano da decenni e, molto più chiaramente, da quanto il Trattato di Amsterdam ha introdotto un capitolo sociale ad hoc. Gli strumenti adottati per realizzare queste politiche sono, però, in genere quelli propri del metodo di coordinamento aperto e cioè atti di indirizzo, raccomandazioni, scambio di informazioni e promozione di best practices per raggiungere gli obiettivi comunemente stabiliti.
Poco prima dell’inizio dei negoziati che portarono all’approvazione del Trattato di Maastricht, l’allora Presidente della Commissione europea Jacques Delors tentò di far approvare una Direttiva che obbligasse tutti gli Stati ad adottare schemi di RMG, ma senza riuscirvi. L’idea dell’insigne politico socialista era quella di coniugare l’intensificazione dei legami economici tra i paesi membri con l’approntamento di standards minimi di trattamento di natura sociale, sì da impedire il pericolo di un social dumping tra paesi membri, cioè una concorrenza sleale nell’abbassare le tutele sociali al fine di attirare gli investimenti.

    Si riuscì, tuttavia, a emanare una storica raccomandazione, la n. 441/92, che ancora rappresenta un punto di riferimento essenziale in materia. La Raccomandazione (reiterata sostanzialmente nel 2008 in piena crisi economica, valorizzando il RMG anche come mezzo per tenere alti i consumi in funzione anticiclica) invita tutti gli Stati ad introdurre questo istituto ed offre precisi paradigmi di ordine quantitativo e qualitativo per determinarne i contorni precisi. Il RMG non può essere inferiore al 60% del reddito mediano da lavoro dipendente valutato per ciascuno Stato; oltre all’erogazione monetaria il beneficiario deve essere eventualmente sostenuto nelle spese per l’affitto e aiutato con forme di tariffazione agevolata nell’accesso ai servizi pubblici essenziali (luce, gas ecc.); infine anche per le spese impreviste ed eccezionali serve un aiuto pubblico in quanto il soggetto povero o a rischio di esclusione sociale si troverebbe nell’impossibilità di coprirle. Servizi sociali e servizi per l’impiego devono accompagnare le persone assistite in un percorso di reinserimento. Nel 2000 viene poi inaugurata la Lisbon Strategy diretta ad integrare le politiche di crescita e sviluppo con quelle sociali e di contrasto dell’esclusione sociale; nasce il metodo aperto di coordinamento (MAC) con il quale si intende indirizzare gli Stati, con strumenti legali a carattere non vincolante, verso il perseguimento di fini ritenuti comuni, valorizzando le esperienze nazionali ritenute più efficaci. Da quel momento, sui temi dell’assistenza sociale il MAC promuove come best practices proprio le esperienze dell’Europa del Nord nelle quali (dopo i grandi negoziati sociali degli anni ‘90 in Svezia, Danimarca, Olanda, Belgio, ecc.) il reddito minimo garantito è diventato il fulcro di politiche cosiddette di flexicurity, che tendono ad assicurare al singolo una continuità di reddito e di protezione sociali nel mutato contesto del mercato del lavoro, connotato ormai da una crescente flessibilità, accompagnata da un’alta disoccupazione strutturale. Il RMG diventa così appannaggio del cittadino lavoratore che alle classiche tutele “nel contratto” può aggiungere quelle “nel mercato”, nelle transizioni da un posto di lavoro a un altro o nei periodi di disoccupazione. L’RMG viene visto anche come base di una certa autodeterminazione lavorativa in quanto consente al soggetto di rifiutare sub-lavori degradanti e mal pagati, “indecenti”.

    Nel dicembre del 2007 il Consiglio dei Ministri dell’occupazione dell’Unione europea vara gli 8 principi di flexicurity che racchiudono in sintesi l’elaborazione dei vari MAC in materia sociale e che dovrebbero da quel momento ispirare le politiche interne, consentendo monitoraggi più precisi e, eventualmente, anche interventi della Commissione. In questo storico Documento il RMG è più volte richiamato come uno dei tre pilastri della flexicurity europea (insieme alla formazione permanente e continua ed al libero accesso a gratuiti ed efficienti servizi dell’impiego, previsti come autonomi diritti anche nella Carta dei diritti Ue). Nel 2010 la Lisbon Strategy è stata sostituita con la “Strategia 20-20” che introduce uno specifico obiettivo di ordine sociale e cioè la riduzione del tasso di povertà di almeno 20% in dieci anni: una vasta letteratura ed anche Documenti della Commissione sottolineano che lo strumento giuridico per perseguire questo obiettivo è il RMG, senza il quale appare difficile se non impossibile raggiungere l’area del disagio sociale acuto e permanente.

 

I caratteri del diritto - Assai importante nel precisare i contorni del RMG è la Risoluzione del Parlamento europeo del 21.10.2010 approvata con 540 voti a favore e 19 contro, che ha riaffermato la centralità di questo strumento per la coesione continentale e per fronteggiare la crisi economica internazionale. Il Parlamento ha invitato tutti gli Stati che ne sono ancora privi, ad introdurre con urgenza tale diritto e tutti gli altri a mantenersi nei parametri quantitativi e qualitativi già indicati dalle due raccomandazioni del 1992 e del 2008 della Commissione. Inoltre si è ricordato che il RMG è un diritto sociale fondamentale, diretto a tutelare la dignità di ogni persona residente in via stabile nel territorio dell’Unione e che le modalità con cui tale diritto viene assicurato devono essere coerenti con tale finalità: sono pertanto inammissibili forme di erogazione che stigmatizzano l’individuo sottoponendolo a costrizioni e controlli irrazionali, che possono distruggere l’autostima e l’autodeterminazione del soggetto “ in carico” facendolo apparire come un parassita, inutile per il benessere della collettività.

    Da ultimo va ricordata la sentenza del Tribunale costituzionale tedesco del 9.2.2010, molto limpida nel tracciare le caratteristiche del RMG chiamato “reddito minimo adeguato a una vita dignitosa”, che ha dichiarato parzialmente incostituzionale il cosiddetto sistema Hartz IV, introdotto nel 2005, che raggruppa gli aiuti sociali e gli assegni di disoccupazione.

    Secondo il Giudice delle leggi tedesco quel sistema non soddisfa pienamente la Costituzione negli artt. 1 e 20 (“La dignità dell’uomo è intangibile”, “La Repubblica federale tedesca è uno stato federale democratico e sociale”), letti in connessione tra loro. Il diritto a un RMG (o reddito di esistenza) – spiega la Corte – “garantisce ad ogni persona bisognosa le condizioni materiali indispensabili per la sua esistenza e un minimo di partecipazione alla vita sociale, culturale e politica. Oltre al diritto che deriva dall’art. 1.1 della Legge fondamentale, di vedere rispettata la dignità di ogni individuo, che ha effetto assoluto, questo diritto fondamentale ha, in relazione all’art. 20, un significato autonomo quale diritto di garanzia. Tale diritto non è soggetto a quanto dispone il parlamento e deve essere onorato: tuttavia gli si deve dare forma concreta e inoltre deve essere regolarmente aggiornato”. Pertanto la Corte ha ritenuto non affidabili i parametri seguiti per dimostrare l’idoneità dei “minimi vitali” stabiliti per legge, a salvaguardare la dignità dei cittadini protetti ed ha stigmatizzato l’assenza di misure per coprire le spese impreviste ed eccezionali delle persone assistite.

    Per concludere, l’intenso dibattito europeo e l’insieme delle iniziative adottate da organi dell’Unione e dagli Stati per assicurare un RMG a persone a rischio di esclusione sociale rendono oggi più chiaro anche dal punto di vista sociologico chi siano i beneficiari del diritti: a) disoccupati che non riescono a rientrare nel mercato del lavoro; b) persone in difficoltà nelle cosiddette transizioni lavorative; c) giovani in cerca di prima occupazione; d) soggetti emarginati, da tempo esclusi dalla attività produttive per problemi familiari, psicologici o anche connessi all’estrema povertà dell’ambiente in cui vivono. A questi oggi si devono aggiungere anche e) i precari ed i sottooccupati (mini-jobs) che non riescono a ricavare dall’attività un reddito “decente” che in moltissimi paesi viene “integrato” dal RMG sino al raggiungimento di una soglia adeguata (anzi, in molti paesi si consente che tale soglia sia di poco superata attraverso il sussidio statale, per incentivare i soggetti a mantenere la propria occupazione).

 

L’Italia nel contesto europeo - Il quadro europeo mostra una varietà notevole di schemi di RMG sia nelle entità (che comunque devono essere parametrate sui livelli di reddito di ciascun paese), sia riguardo le condizioni di erogabilità. In genere vi è l’obbligo di accettare offerte di lavoro, anche se i paesi più avanzati a livello sociale dell’Europa del Nord prescrivono che tali offerte siano coerenti con il bagaglio professionale acquisito e con il livello di reddito precedentemente garantito, anche in ossequio al diritto internazionale e cioè alla Convenzione OIL n. 168/1988, applicabile per analogia, che impedisce di condizionare l’indennità di disoccupazione al dovere di accettare offerte di lavoro che non abbiano le caratteristiche prima indicate. E’ altresì diffuso l’obbligo per il sussidiato di seguire corsi di formazione professionali o percorsi di reinserimento concordati con gli uffici pubblici competenti; nei paesi più avanzati si consente ai soggetti un’ampia scelta anche tra istruzione superiore e/o universitaria, attività volontaria, di cura etc. in modo da consentire alla persona di trovare il “ proprio” modo di partecipare al benessere generale.

    Nei paesi che hanno inventato e praticato per primi il modello di “flexicurity” (paesi scandinavi, Olanda, nei quali l’entità del RMG può essere anche di una certa rilevanza, sino oltre 1’500 euro mensili in caso di famiglie con figli minori), il RMG è agganciato al sistema di protezione contro la disoccupazione in generale. Chi si trova a perdere il lavoro percepisce – a carico dei medesimi servizi per l’impiego -che sono in genere cogestiti dalle parti sociali- una indennità di disoccupazione che può durare alcuni anni (Danimarca o Svezia; in Danimarca 4 anni ora ridotti a 3, con una indennità pari al 90% dell’ultima retribuzione, ora ridotta all’80%); se il soggetto non ritrova occupazione (ipotesi assai rara) in tale periodo, percepisce poi il RMG (che in quasi tutti i paesi europei non ha scadenza e dura sino a quando persiste la situazione di rischio di esclusione sociale). Coloro invece che non sono tecnicamente disoccupati, se hanno un reddito non sufficiente, godono immediatamente del RMG. Oggi anche Belgio, Germania ed Austria hanno un sistema simile in quanto unico è il sistema che protegge dalla disoccupazione e dall’emarginazione. In Francia vige invece il Revenu de solidarieté active (RSA) (circa 1200-1300 euro mensili), piuttosto generoso, anche se condizionato strettamente alla formazione ed al reinserimento dei soggetti presi in carico dall’amministrazione pubblica.

    L’Italia e Grecia sono gli unici paesi dell’Ue a essere privi di una misura del genere; qualche tentativo è stato fatto nel nostro paese, ma senza successo. Il primo Governo Prodi varò in via sperimentale il Reddito minimo d’inserimento (RMI) in alcune zone particolarmente disagiate del paese (soprattutto del Sud-Italia): l’RMI era pari a lire 390.000 dell’epoca. Tuttavia l’esperimento non è stato proseguito. Nel 2003 la Corte costituzionale, con la sentenza n. 10/2003, ha bocciato l’ipotesi di istituzione di un reddito di ultima istanza per violazione delle competenze regionali in materia di assistenza sociale. Da quel momento “in vista della riforma organica degli ammortizzatori sociali” alcune Regioni hanno attuato forme di sperimentazione locale, prima la Campania (che ha chiamato Reddito di cittadinanza la misura introdotta), poi la Regione Friuli Venezia Giulia, quindi il Lazio e la Provincia di Trento. Le prime due sperimentazioni sono cessate, la legge del Lazio è stata de-finanziata anche se è ancora formalmente in vigore, l’ultima è ancora operativa.

    La letteratura sull’argomento concorda sul fatto che un provvedimento nazionale dovrebbe, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, definire i livelli essenziali della prestazione (previo accordo con le Regioni), lasciando a quest’ultime ed anche agli altri Enti locali il compito di erogare servizi e benefici ulteriori.

    Pertanto, salvo i residenti in Trento e Provincia, i cittadini italiani privi dei mezzi elementari di sussistenza, nonostante i molteplici richiami della Commissione europea e del Comitato economico sociale del Consiglio d’Europa, sono privi di un sostegno che assicuri il loro diritto ad una esistenza libera e dignitosa. Gli ultimi Governi hanno solo elaborato varie forme di social card e cioè forniture sostanzialmente a carattere alimentare (alcune gestite direttamente da “enti caritativi”) a persone in situazione di assoluta indigenza; una recentissima forma di social card in via sperimentale eroga anche qualche briciola in più, ma solo in determinate zone e a persone che versano in situazioni di straordinaria deprivazione materiale e familiare (basterà pensare che per questa social card sono stati stanziati 350 milioni di euro, mentre alla Francia il Revenu de solidarité active costa circa 14 miliardi l’anno, pur non essendo tale paese tra coloro che investono di più sul “capitale umano”).

    La situazione appare ancor più grave se consideriamo il grado di scarsa copertura del sistema interno di ammortizzatori sociali che non arriva a coprire idoneamente – persino per una indennità prevista costituzionalmente come quella di disoccupazione- lavoratori precari, lavoratori autonomi “etero-diretti” e varie forme di lavoro flessibile .
Una Commissione di esperti recentemente riunitasi sotto l’impulso del Ministro per il welfare Giovannini ha elaborato una proposta di SIA (sostegno per l’inclusione attiva) che, stante la modestia dei fondi previsti, certamente non potrebbe essere coerente con i parametri europei che -come abbiamo visto – sono molto precisi, almeno dal punto di vista quantitativo. Peraltro il SIA, contrariamente a quanto previsto dalla Carta dei diritti UE, ha come punto di riferimento la famiglia e i suoi redditi e non la persona ed i suoi bisogni.

    In conclusione va ricordato che le ultime statistiche sovranazionali indicano che l’Italia, sui 28 Stati dell’Unione, ha il più forte tasso di incremento di persone a rischio di esclusione sociale, che possono contare, cioè, su un reddito inferiore alla soglia del 60% del reddito mediano da lavoro dipendente ( nel nostro paese meno di 600 euro mensili). (2/2 - Fine)

 

LABORATORIO DIRITTI FONDAMENTALI in collaborazione

con l’Osservatorio sul rispetto dei diritti fondamentali in Europa

   

 

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo

 

Direttore: Andrea Ermano

Amministratore: Sandro Simonitto

Web: Maurizio Montana

 

L'editrice de L'Avvenire dei lavoratori si regge sull'autofinanziamento. E' parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che dal 18 marzo 1905 opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista".

    L'ADL è un'editrice di emigranti fondata nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera.

    Nato come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte durante la Prima guerra mondiale al movimento pacifista di Zimmerwald; ha ospitato (in co-edizione) L'Avanti! clandestino durante il ventennio fascista; ha garantito durante la Seconda guerra mondiale la stampa e la distribuzione, spesso rischiosa, dei materiali elaborati dal Centro estero socialista di Zurigo.

    Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha condotto una lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana, di chiunque, ovunque.

    Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo nella salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.

   

 

 

Allegato Rimosso
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