Anarres. InformAzione, approfondimenti, appuntamenti
- Subject: Anarres. InformAzione, approfondimenti, appuntamenti
- From: "Federazione Anarchica Torinese" <fat at inrete.it>
- Date: Sun, 16 Jun 2013 20:46:41 +0200 (CEST)
- Importance: Normal
Scene di guerra ad
Istanbul
Erdogan procede senza pietà. A pochi
giorni dallo sgombero di piazza Taksim è terminata nel sangue la tregua
con gli occupanti del parco Gezi.
Il 15 giugno la polizia è
intervenuta con estrema violenza. Erdogan aveva dichiarato che avrebbe
trattato da “terroristi” i manifestanti che difendevano il parco. Così
è stato.
La polizia non ha lasciato scampo agli occupanti di
Gezi: quando è partito lo sgombero la gente era accampata e i bambini
giocavano tra gli alberi.
Gezi è stato coperto da una nuvola di
gas lacrimogeni particolarmente tossici. L’infermeria del parco è stata
attaccata e distrutta per prima ed i medici che curavano i feriti sono
stati arrestati.
Diversi medici hanno ipotizzato che nell’acqua
sparata dagli idranti della polizia ci fossero agenti chimici. Molte
fotografie mostrano strane piaghe provocate dall’acqua della
polizia.
Su internet sono uscite le foto di agenti turchi che
caricano i cannoni ad acqua con taniche blu con la scritta ‘Jenix’. Si
tratta di un urticante venduto in Turchia, secondo il sito che lo
commercializza, a militari, polizia e gendarmeria. Le foto delle
taniche di prodotti chimici sono state scattate da attivisti italiani
che le hanno pubblicate su internet.
Non si contano i bambini
feriti, i medici arrestati, i manifestanti pestati a sangue e portati
nelle caserme. La polizia ha sparato lacrimogeni anche in alberghi e
ristoranti: quelle che arrivano dal cuore di Istanbul sono immagini di
guerra. Ad Ankara l’antisommossa ha dato l’assalto al funerale di un
manifestante ucciso. Sulle reti sociali centinaia di fotografie
denunciano la brutalità della polizia.
Continua...
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Una soffocante
normalità
Il tema dei matrimoni omosessuali è stato
al centro del recente Pride di Torino, che gli organizzatori hanno
dedicato al tema della famiglia.
Nel Pride subalpino hanno
trovato spazio anche altre voci, quelle dei senza famiglia che si sono
raccolti intorno allo spezzone “FAMoLo!”.
Qui potete leggere sia
il testo
dell’appello del FAMoLo!, sia il
testo che abbiamo distribuito al Pride.
Anarres ne ha parlato
con Ricke, femminista e lesbica, che ha posto l’accento sul problema
culturale che le richieste di riconoscimento da parte dello Stato
comporta. Il voler vincolare l’accesso ad alcuni diritti negati come la
pensione di reversibilità, l’adozione di bambini, gli assegni familiari
al matrimonio, stringe in una gabbia normativa le relazioni, gli
affetti, la sessualità. La richiesta di potersi sposare, il parlare, al
singolare, di famiglia comporta l’adeguamento al modello eterosessuale,
monogamico, in cui la “famiglia” è data dall’unione di due persone con
i loro figli.
L’imporsi di questo modello culturale cancella la
pluralità degli approcci individuali e collettivi che attraversano il
movimento glbt e gli stessi eterosessuali.
Continua...
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Afganistan.
Finita una missione ne comincia un'altra
La guerra
in Afganistan torna visibile solo quando un ben pagato professionista
muore sul lavoro. Per chi fa il mestiere delle armi ci sono i funerali
di Stato, le condoglianze del presidente della repubblica Napolitano,
la rituale commemorazione in parlamento.
Un rituale antico per
trasformare in eroe un mercenario. Uccidere è un crimine se lo si fa
per se stessi, chi ammazza in nome dello Stato e della Patria compie
una nobile missione.
Una missione che, dopo dieci anni di bombe,
torture, occupazione militare continua ad essere descritta come
intervento di pace.
Una lucida menzogna.
L’intervento degli
italiani in Afganistan dovrebbe terminare nel 2014: i 3100 militari
impegnati nella missione ISAF dovrebbero ritirarsi.
Nonostante il
parlamento ufficialmente non ne sappia nulla, ed ancor meno ne sanno i
cittadini, finita una missione ne comincia un’altra.
Continua...
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Una piazza
antirazzista
Venerdì 14 giugno, largo Saluzzo. Un’ottantina
di persone hanno animato l’iniziativa antirazzista promossa dalla Cub
in largo Saluzzo.
All’assemblea di piazza hanno partecipato i
ragazzi dell’ANPI della zona,
che hanno raccontato della necessità che la memoria della Resistenza si coniughi con le lotte
per le libera circolazione dei migranti. C’erano anche due studenti
dello YUC, che hanno parlato della loro ricerca sulle vite dei migranti
nella nostra città. Importante la testimonianza del collettivo
antirazzista saluzzese sulle lotte
dei braccianti nel distretto della frutta in provincia di Cuneo,
una Rosarno del nord, tra baraccopoli, razzismo e lotta per la dignità
e il salario.
Nel suo intervento l’esponente della CUB
immigrazione ha parlato del CIE di corso Brunelleschi, tra
autolesionismo, rivolte e fughe.
Ha concluso l’assemblea
un’esponente di “antirazzisti contro la repressione”, parlando delle
lotte che cinque anni fa segnarono il percorso breve ma intenso
dell’assemblea antirazzista torinese. Le tante iniziative contro i CIE,
le politiche securitarie, il pacchetto sicurezza, il razzismo di Stato
entrate nel mirino della magistratura che ha rinviato
a giudizio in due mega processi 67 antirazzisti.
La giornata
si è conclusa con la performance di strada “Ti ricordi di Fatih?”
dedicata al tunisino
morto nel CIE di Torino nella notte tra il 23 e il 24 luglio
2008.
Continua...
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Elezioni. La diserzione
Il centro sinistra vince 11 ballottaggi su 11 nei capoluoghi
di Provincia, che si aggiungono ai 5 aggiudicati già al primo turno.
Una vittoria secca nei confronti del PDL e della Lega, con cui si
giocavano i confronti in questo secondo turno.
Il dato più
macroscopico è però l’astensione. Al primo turno aveva votato il 59%
degli aventi diritto, al secondo le cifre sono al di sotto del 50%.
Oltre undici punti percentuali in meno.
E’ la bocciatura di un
intero sistema politico, che alle elezioni parlamentari dello scorso
febbraio era stata in parte assorbita dal voto al M5S, il cui secco
ridimensionamento è stato chiaro sin dal primo turno di questa tornata
elettorale.
Il centrodestra perde roccaforti come Imperia,
Brescia e Treviso.
Il PDL senza Berlusconi non ce la fa a
recuperare e si attesta sulle percentuali indicate dai sondaggi prima
del ritorno del Cavaliere e del suo numero ad effetto sull’IMU.
Anche in Sicilia si delinea una vittoria del centrosinistra sia sul
centrodestra sia sul Movimento 5 stelle. A Catania Enzo Bianco ha vinto
al primo turno. A Messina, il candidato del centrosinistra Felice
Calabrò non ce l’ha fatta al primo turno per un pelo. I candidati del
centro sinistra sono avanti in tutte le province, il Movimento 5 stelle
va al ballottaggio solo a Ragusa.
Queste le cifre di questo
secondo test elettorale dopo quello, del medesimo segno, delle elezioni
in Friuli.
La decodifica dei numeri ci consegna l’immagine di un
paese che si sta staccando dalle dinamiche della delega istituzionale.
Tra il trionfo di Ignazio Marino e la secca sconfitta di Francesco
Rutelli ci sono dodicimila voti. Rutelli perse prendendo più voti di
quelli con i quali Marino si è aggiudicato la poltrona di sindaco di
Roma.
Appare evidente che la spinta genuinamente libertaria alla
partecipazione diretta, che è stata tra le ragioni del successo del
Movimento 5 Stelle, a due mesi dalle elezioni politiche si è tradotta
in astensionismo. Se a questo si aggiunge il bisogno irrealizzato di
concretezza, l’esaurirsi della spinta impressa al PDL da Berlusconi, la
fine della Lega, frantumata da un elettorato tristemente egoista e
razzista ma anche più moralista di quello del Cavaliere, si spiega il
successo del PD, che oggi gode della maggioranza del 49 e rotti che
sono andati alle urne.
Tutta da verificare la capacità di
intraprendere altri percorsi dei tanti che hanno scelto la
diserzione.
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Melfi.
L'ultima vendetta
Violenza privata e turbativa
della libertà dell’industria. Secondo la Procura della Repubblica di
Melfi è di questo che dovranno rispondere i tre operai dello
stabilimento lucano della Fiat nel processo che comincerà il 5
dicembre. Il decreto di citazione a giudizio, infatti, non lascia
spazio a dubbi sul convincimento del pm: la notte fra il 6 e il 7
luglio 2010 – durante uno sciopero – Giovanni Barozzino, Antonio
Lamorte e Marco Pignatelli, avrebbero bloccato «volontariamente e
consapevolmente» la produzione.
Dopo tre anni e tre sentenze dei
giudici del lavoro questa vicenda assume un profilo di carattere
penale.
Continua...
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Turchia.
La polizia attacca, la gente resiste
Martedì 11
giugno. Sin dalle prime ore dell’alba è partito l’attacco agli
occupanti di piazza Takism. La polizia in un primo tempo aveva
dichiarato di voler sgomberare la sola piazza, senza toccare il parco
Gezi.
L’opposizione alla distruzione del parco e dei suoi seicento
alberi è stata la scintilla della rivolta contro il governo che da due
settimane scuote la Turchia.
La difesa degli alberi e
l’opposizione alla costruzione dell’ennesima moschea e di un centro
commerciale nel guscio di una caserma ottomana si è trasformata in un
vasto movimento di opposizione alle politiche del governo.
Dopo
ore di attacchi violentissimi alla piazza che resisteva la polizia ha
cominciato a sparare lacrimogeni anche nel parco. I quattro presidi
medici che vi erano stati installati sono stati obbligati a sgomberare.
Numerose persone sono state ferite da candelotti sparati mirando ai
corpi dei manifestanti.
Continua....
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Saluzzo.
Braccianti sotto sgombero
Martedì 11 giugno. Dal 5
giugno era ormai esecutiva l’ordinanza del sindaco Allemano che sanciva
lo sgombero dell’area dietro il Foro Boario a Saluzzo. Alternative non
se ne vedono, il paradosso è il solito. Non ci sono le condizioni
igienico-sanitarie minime perché gli immigrati abitino quell’area, allo
stesso tempo però quelle braccia a basso costo servono. Soluzione: si
accampino alla spicciolata senza creare problemi che acquistino una
dimensione pubblica, si rendano più invisibili.
Riportiamo di
seguito il comunicato diffuso su facebook dal Comitato antirazzista:
“150 migranti giunti per la raccolta della frutta e accampati sotto
teli di fortuna non hanno trovato posto nelle strutture. Molti di loro
non hanno un luogo dove stare dopo la chiusura, il 28 febbraio di
quest’anno, dei campi per l’emergenza Libia. Un telo, un cartone
bagnato e la speranza di un lavoro nella campagna della frutta sono le
uniche cose che gli rimangono. Portiamo la solidarietà adesso.”
Nonostante la trattiva aperta con il comune all’alba dell’11 giugno si
è presentata la polizia in assetto antisommossa per attuare lo sgombero
della tendopoli. Sul posto sono accorsi alcuni solidali che hanno
bloccato la strada per impedire ai camion dell’azienda per la raccolta
dei rifiuti di entrare nel campo e alcuni avvocati che sono riusciti ad
entrare.
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Uno sguardo sui Balcani
Si è svolta due
settimane fa a Lubiana l’annuale fiera del libro anarchico.
All’edizione di quest’anno, particolarmente ricca, hanno preso parte
compagni provenienti da tutti i balcani e da diversi paesi dell’Europa
occidentale. Un’occasione di confronto e scambio di idee ed esperienze
molto preziosa, culminata con un corteo spontaneo per le strade della
capitale slovena. In Slovenia da molti mesi si è sviluppato un
movimento di opposizione alle politiche governative sul modello delle
piazze “occupy” che da un paio di anni hanno segnato le pratiche
politiche di movimenti trasversali, plurimi, attraversati da forti
tensioni libertarie di partecipazione diretta, pur in un quadro
rivendicativo che raramente assume caratteristiche di rottura radicale.
Il confronto è stato molto interessante anche con i compagni serbi,
macedoni, bulgari che vivono situazioni caratterizzate dalla crescita
della destra, dalle spinte di opposti nazionalismi e da latenti
tensioni sociali.
Erano presenti all’incontro di Lubiana anche
numerosi anarchici greci, con i quali è stato fatto il punto della
situazione nel paese.
Anarres ne ha parlato con Simone, un
compagno che conosce bene la situazione ellenica.
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Accordo sulla
rappresentanza e scontro di classe. Riflessioni a margine
L’accordo sulla rappresentanza sindacale sottoscritto da
Cgil, Cisl, Uil e Confindustria il 31 maggio 2013 è una corda al collo
dei lavoratori.
Sono state stabilite nuove regole per misurare la
rappresentatività delle organizzazioni sindacali e per dare “certezza”
agli accordi sindacali, che una volta approvati e ratificati a
maggioranza semplice varranno coattivamente per tutti.
Nessuno
potrà scioperare contro un contratto non condiviso. Nuovi lacci
imbriglieranno il diritto di sciopero e chi non rispetterà i paletti
fissati da sindacati di Stato e Confindustria incorrerà in sanzioni.
Solo i sindacati firmatari dell’accordo saranno ammessi ai tavoli di
trattativa a qualsiasi livello.
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Stoccolma.
Alle radici della rivolta
Corrispondenza da Stoccolma. I
sobborghi nordovest e sud ovest della capitale svedese sono stati
teatro di scontri dal 20 al 25 maggio
2013.
In sintesi le cifre
della rivolta.
Oltre 50
le auto bruciate a Stoccolma, alcune decine sono andate in fumo
ad Orebro.
2 commissariati di
polizia sono stati attaccati e vandalizzati uno a Jakobsberg
(Stoccolma), il secondo a Orebro (ciità a circa 100 km dalla capitale
svedese).
2 scuole
bruciate a Stoccolma e Orebro.
30 le persone arrestate per la rivolta a Stoccolma.
L’età media degli arrestati si aggira sui 20 anni.
Anarres ne ha parlato con un compagno, che a vissuto a lungo in Svezia, ed oggi vi è tornato per lavoro.
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La partita
di potere in Niger e Mali
Nord del Niger. Lo scorso 23 maggio due attacchi
condotti con autobomba hanno colpito una caserma militare ad Agadez e
il sito minierario ad Arlit, di proprietà di Areva, il colosso francese
del nucleare. Il ministro della difesa nigerino, Mahamadou Karidjo, ha
riferito di 17 morti nell’attentato contro la caserma. Il giorno
successivo Mokhtar Belmokhtar, considerato il capo di AQIM – Al Quaeda
nel Magreb – diffuse un comunicato nel quale rivendicava di aver
partecipato alle azioni a fianco del MUJAO – Movimento per l’unicità e
il jihad in Africa occidentale.
Le autorità nigerine hanno
immediatamente puntato il dito sulla Libia, che, dopo la caduta del
regime di Muammar Gheddafi, sarebbe divenuta base per formazioni armate
islamiche.
Quest’attacco e, quello successivo del 31 maggio, sono
stati probabilmente più gravi di quanto hanno raccontato le agenzie,
perché dopo il secondo attentato alla miniera di Somair, l’Areva aveva
disposto la chiusura degli impianti per due mesi.
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SenzaFamiglia. L'orgoglio delle diversità
Quest’anno il Pride di Torino, la giornata dell’orgoglio
glbtq, avrà come tema la famiglia. Su questa questione si è aperto un
dibattito che ha portato all’elaborazione dell’appello
per lo spezzone “FAMoLO!”, lo spezzone dei “senza famiglia”.
Di seguito il nostro contributo al dibattito.
Libertà,
uguaglianza, solidarietà. I tre principi che costituiscono la
modernità, rompendo con la gerarchia che modellava l’ordine formale del
mondo hanno il loro lato oscuro, un’ombra lunga fatta di esclusione,
discriminazione, violenza.
Principi cardine che alle origini
mantenevano saldamente fuori tanta parte dell’umanità. Poveri, donne,
omosessuali, bambini erano esclusi dall’accesso a questi diritti. La
loro universalità, formalmente neutra, era modellata sul maschio
adulto, benestante, eterosessuale. Il resto era margine. Chi non era
pienamente umano non poteva certo aspirare alle libertà degli
uomini.
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Corteo
No Tav a Reggio Emilia
(...) Questa
gigantesca opera si inserisce nel quadro generale della costruzione di
linee ad alta velocità in Italia. Le linee ad alta velocità si sono
date, oramai da un ventennio, come metodo per drenare fondi pubblici ai
fini del guadagno privato. È infatti gigantesco il sistema economico
che ruota intorno alla messa in opera di queste linee: una rete
economica e di potere trasversale, che unisce le così dette Coop rosse
(CMC, CoopSette) legate al PD alla galassia gravitante intorno alla
Compagnia delle Opere di CL ad altri grandi potentati italiani, FIAT e
Finmeccanica in testa.
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Resistenza alle trivelle. Condannati cinque No Tav
Si è concluso martedì 4 giugno al tribunale di Torino il
processo contro sette No Tav accusati di resistenza per la giornata di
lotta alle trivelle del 7 febbraio 2010.
Quattro condanne a
cinque mesi, una da un mese, due assoluzioni, questa la decisione del
giudice.
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Un paio
di sceriffi, due anarchici e un giudice
Provate a
immaginare. E’ una sera d’estate e state affiggendo manifesti per strada. Una pattuglia
vi vede con il secchio e, con manovra da film, sgomma, inverte, va
contromano e finalmente vi intercetta. Non hanno visto niente, ma
sostengono di avervi visto incollare i manifesti. Dentro di voi tirate
qualche bestemmia ma vi preparate ad intascare il verbale per
affissione abusiva.
Vi sbagliate. I due sceriffi vi stanno
preparando una serata diversa.
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Turchia. Le
radici della rivolta
(...)“Nessuno ha il diritto di
aumentare le tensioni in Turchia usando come scusa alcuni alberi
tagliati”. Questo ha dichiarato il primo ministro turco Recep Tayyip
Erdoğan. Per quanto i media ufficiali, in Turchia come a livello
internazionale, abbiano cercato soprattutto nei primi giorni di parlare
solo di Gezi Park e della difesa degli alberi, le radici profonde di
questo movimento di lotta sono ormai evidenti a tutti quelli che le
vogliono vedere.
Già lo stesso movimento in difesa di Gezi Park
non mira alla semplice salvaguardia del verde pubblico, ma si oppone
all’intero processo di gentrificazione urbana in atto nella zona di
Taksim. Detto in parole semplici, con gentrificazione si intende la
trasformazione di aree urbane povere in aree ricche. Questo processo si
traduce da una parte in abbattimento e cementificazione selvaggia,
dall’altra in esclusione dei più poveri da tali aree, con conseguente
abbassamento del livello di vita per le classi popolari. Nelle aree
centrali di Istanbul questo
processo è in corso già da anni.
Interi quartieri vengono distrutti per lasciare spazio a complessi
residenziali, grandi centri commerciali, alberghi di lusso, il costo
della vita aumenta, aumenta la schiera degli emarginati, aumentano i
profitti degli speculatori legati al partito di governo, l’AKP. Al
posto del Gezi Park, Erdoğan vorrebbe far costruire un imponente
centro commerciale, una moschea e un rifacimento delle caserme ottomane
che si trovavano nella piazza prima della costruzione del parco.
Un progetto che sintetizza i cardini ideologici della sua politica:
capitalismo sfrenato, conservatorismo religioso, nazionalismo in salsa
neo-ottomana.
Continua...
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Carcere. Tortura democratica
Lo scorso 8 gennaio l’Italia è stata condannata dalla
Corte Europea per i Diritti Umani per i trattamenti inumani e
degradanti inflitti ad alcuni detenuti rinchiusi nelle carceri di Busto
Arsizio e Piacenza. Questi prigionieri erano stati obbligati a
condividere con altri carcerati una cella di 9 metri quadrati, senza
acqua calda e priva di una decente illuminazione.
Continua...
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Il rapido
tramonto delle cinque stelle
Le recenti elezioni
amministrative sono state un importante test dopo lo tsunami elettorale
di febbraio alle politiche. Viene confermato il quadro emerso con il
rinnovo del consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia: aumento
dell’astensione, ridimensionamento secco del Movimento Cinque Stelle,
tenuta nelle percentuali del PD, sconfitta di PDL e Lega.
A pochi
mesi dalle politiche l’elettorato appare molto fluido, in movimento
rapido, senza i solidi ancoraggi che avevano caratterizzato il periodo
precedente.
La crisi economica, la rabbia verso un ceto politico
dipinto come “casta” privilegiata, la spinta giustizialista, la non
celata diffidenza verso l’immigrazione, la volontà di salvaguardia del
territorio, il desiderio di partecipazione diretta, l’aspirazione
all’equità fiscale, la richiesta di un salario di cittadinanza sono
alcuni degli ingredienti del minestrone a cinque stelle. Il tutto
impastato con tanta retorica, il gusto per l’invettiva, il sapore agre
dell’ingiuria, il carisma del leader.
A ben vedere niente di
davvero nuovo sulla scena del nostro paese: un pizzico di chiasso
leghista, un tocco da PM alla Di Pietro, una spruzzata antifiscale come
la prima Forza Italia, un tocco di welfare in salsa post comunista, un
uomo della provvidenza di destra/sinistra/oltre.
L’impasto non ha
tuttora retto alla cottura a fuoco lento del passaggio dalla piazza al
parlamento, dall’invettiva alla proposta.
Continua...
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Siria. Armi e giochi di
guerra
L’Unione Europea si è spaccata sulla questione
dell’embargo alla vendita di armi ai ribelli siriani, revocato su
spinta di Francia e Gran Bretagna, nonostante l’opposizione degli altri
Stati membri. Non si è fatta attendere la risposta della Russia,
nettamente schierata con Assad, che ha annunciato la fornitura di nuovi
missili antiaerei al governo siriano.
Per la terza volta in tre
anni la Francia imprime un’accelerazione bellica, che obbliga
l’alleato/competitore statunitense a stare a ruota.
In questa
prospettiva un compromesso sulla questione siriana pare allontanarsi.
Se gli Stati Uniti potevano accontentarsi di un indebolimento del
regime di Assad, se la Russia poteva accettare tale situazione di
fatto, la scelta dell’UE mette a rischio ogni prospettiva di rapida
risoluzione della guerra civile siriana.
Continua...
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BRICS o del nuovo ordine del mondo
L’acronimo B.R.I.C.S. sta per Brasile, Russia, India, Cina e
Sudafrica. L’asse tra questi paesi che qualcuno definisce ancora come
“emergenti” è quello sul quale ruota tanta parte dell’economia a
livello mondiale. Durante il vertice svoltosi in marzo a Durban hanno
raggiunto un’intesa per la creazione di una banca di sviluppo per il
finanziamento congiunto di grandi progetti infrastrutturali. Lo ha
annunciato, a margine del vertice, il ministro sudafricano delle
Finanze Pravin Gordhan. I BRICS rappresentano un quarto del Prodotto
Interno Lordo (Pil) del pianeta, il 43% della popolazione, riserve in
valuta pregiata per 4.400 miliardi di dollari. Cifre impressionanti per
i cinque paesi che stanno spostando a sud l’asse economico e, in
prospettiva, anche militare, del mondo.
Continua....
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Fatih. Gli antirazzisti non dimenticano
Sono passati
cinque anni. La storia
di Fatih, l’immigrato tunisino morto nel CIE – allora CPT – di corso
Brunelleschi nella notte del 23 maggio 2008, non la ricorda quasi più nessuno.
Fatih era un
immigrato tunisino senza documenti. Nella notte del 23 maggio 2008
stava male. I suoi compagni chiesero aiuto. Nessuno li ascoltò.
Racconteranno: “eravamo come cani al
canile, urlavamo e nessuno ci ascoltava”.
Il mattino
successivo, quando finalmente quelli della Croce Rossa entrarono nella
sua cella, per Fatih non c’era più nulla da fare. (...)
Nel quinto anniversario della sua morte il gruppo di compagni di “Ti ricordi di Fatih? Antirazzisti contro la repressione” ha organizzano tre giorni contro i CIE.
Continua...
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Le delizie del sistema penale
USA
È notizia del 30 aprile che al giudice
statunitense Mark Ciavarella è stata confermata la condanna a ventotto
anni di carcere per il suo coinvolgimento nel caso “kids for
cash”. Ciavarella è stato per anni giudice presso il tribunale minorile
di Wilkes-Barre, Pennsylvania, ed era famoso per la durezza delle
condanne inflitte. Il magistrato era a libro paga della compagnia che
gestisce un carcere minorile privato nella contea di pertinenza del suo
tribunale.
Ciavarella non è una mela marcia. Ciavarella è un
perfetto rappresentante del sistema penale statunitense. La sua colpa,
semmai, è stata di aver agito in maniera troppo sfacciata e di avere
smascherato, con il suo agire, l’illusione di un sistema “duro ma
giusto”.
Continua...
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CIE.
L'eredità del governo Monti
Il fronte del CIE è
sempre caldo. Nel presentare il programma
della tre giorni contro il CIE del
23-24-25 maggio a Torino, abbiamo fatto una chiacchierata con
Alberto, un compagno di Trapani, dove i due CIE – uno al momento chiuso
per lavori – sono da sempre al centro di lotte durissime e di numerose
rivolte ed evasioni.
Ne è scaturita una discussione a tutto campo
centrata soprattutto su un documento sui CIE prodotto da una
commissione nominata nel giugno 2012 dall’ex ministro dell’Interno
Cancellieri.
Una delle tante eredità lasciate dal governo Monti a
propri successori.
Su questo tema vi riportiamo alcuni stralci di
un
articolo uscito di recente per il settimanale Umanità Nova.
Continua...
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No Tav, I
partigiani e l'insurrezione
Sono settimane di fuoco
per il movimento No Tav. L’innesco lo hanno dato due episodi dell’8 e
del 13 maggio: la sassaiola contro un camion della ditta Martina,
intercettato per strada dopo l’uscita dal cantiere di Chiomonte,
l’assalto notturno al fortino con il danneggiamento di un
compressore.
Per uno dei tanti paradossi che segnano la
comunicazione politica, l’attacco al camion, con il ferimento lieve del
conducente, ha suscitato meno clamore dell’incursione al cantiere, dove
non ci sono stati feriti ma solo danni alle cose.
Il giorno
successivo all’incursione notturna si è riunito in Prefettura a Torino
il comitato per l’ordine e la sicurezza. C’era il vicepremier Alfano,
il ministro Lupi, i capi di polizia e carabinieri, il presidente della
Provincia, il capo della Procura Caselli e vari altri papaveri
istituzionali. Dopo il vertice in una Torino militarizzata e piovosa
sono uscite dichiarazioni altisonanti, promesse di aumentare il
contingente militare, di allargare la zona rossa, di procedere con
durezza contro il responsabili. Si è parlato esplicitamente di
terrorismo ed eversione. Il giorno successivo la procura ha annunciato
di aver aperto un fascicolo per tentato omicidio.
L’attacco al
cantiere dell’8 febbraio scorso, del tutto analogo a quello del 13
maggio, ha avuto un’eco mediatica assai minore: pagine interne, niente
rilievo nazionale, toni bassi, nessun vertice di ministri, poliziotti e
giudici. Subito dimenticato.
In quel momento di transizione
politica nazionale non conveniva a nessuno accendere i riflettori su
quella notte di lotta radicale.
Mercoledì 15 maggio, ad
un’assemblea convocata per far conoscere alla popolazione l’impatto dei
cantieri, le aree soggette ad esproprio, i rischi per la salute sul
territorio del paese, si è parlato anche dell’incursione al cantiere.
Gli applausi di una sala dove si sono stipate circa 150 persone, hanno
accolto gli interventi di chi ha definito i sabotaggi come atti di
resistenza.
Il giorno successivo il Coordinamento Comitati No Tav
è uscito con un comunicato in cui si rivendicano i sabotaggi alle cose,
senza colpire le persone.
Continua...
Appuntamenti
Lunedì 17 giugno - ore 12 - prima
udienza delle seconda tranche del processo agli antirazzisti torinesi.
Aula 55
Mercoledì 19 maggio - ore 9 . processo ad un
compagno accusato di imbrattamento perché sospettato di aver affisso un
manifesto. Aula 55_
Appuntamenti fissi
Ogni lunedì –
ore 21 – incontro di “Antirazzisti contro la
repressione. Ti ricordi
di Fathi?” presso la sede della fat in corso
Palermo 46 (lunedì 17 la riunione è
anticipata alle 18,30)
°°°
Ogni martedì riunione
del collettivo
antipsichiatrico “Francesco Mastrogiovanni”
ore 21 in
corso Palermo 46. Il
numero contro gli abusi psichiatrici funziona tutti i giorni con
segreteria telefonica. Il martedì – dalle 19 alle 21 - rispondiamo direttamente.
Segnati il numero e fallo girare. 328 7623642
°°°
Ogni giovedì – ore 21 in corso Palermo 46 - riunione degli anarchici della FAT aperta a tutti gli
interessati
°°°
Ogni venerdì
– dalle 13 alle 15 – anarres va in onda
sui 105,250 delle libere frequenze di radio blackout. Se sei lontano puoi sentire
anche in streaming accedendo dal sito della radio www.radioblackout.org
http://anarresinfo.noblogs.org
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