Ti ricordi di Fatih?



Ti ricordi di Fatih?

Sabato 2 marzo, piazza Castello a Torino. Davanti alla prefettura ci sono due blindati, altri quattro sono piazzati davanti al Palazzo della Regione. Carabinieri in assetto antisommossa sono messi a guardia di quello spicchio di piazza. La digos occhieggia ma si tiene alla larga.
Gli antirazzisti piazzano una gabbia, un tavolino, due sedie, qualche cartello e un mazzo di carte.
La
storia di Fatih, l’immigrato tunisino morto nel CIE – allora CPT – di corso Brunelleschi nella notte del 23 maggio 2008, non la ricorda più nessuno. Ne resta traccia solo nelle carte del tribunale che ha deciso di processare 67 antirazzisti, che non vollero che su quella morte senza senso calasse il silenzio.
Oggi, complice la Samba Band e una giornata di inizio primavera, quella storia è tornata a vivere per le strade del centro cittadino. Un po’ di teatro di strada, tanti volantini e tanta gente che si fermava, domandava, commentava.
La lunga agonia del giovane tunisino, nel nuovo CIE di corso Brunelleschi, è il fulcro della manifestazione.
In centro c’è sempre il corpo di Fatih, emblema delle migliaia di immigrati senza nome morti nelle intercapedini dei Tir, annegati in mare, precipitati da un ponteggio, annegati in una fogna, caduti da un tetto per sfuggire alla polizia, per fuggire alla deportazione. Fatih non è stato espulso, è stato lasciato morire senza alcuna cura. Intorno a lui i sui compagni gridavano aiuto, inascoltati, diranno poi “come cani al canile”. Due giorni dopo il colonnello e medico
Antonio Baldacci, responsabile del CIE di Torino, userà parole sprezzanti contro gli immigrati che avevano raccontato la morte di Fatih.
Baldacci è ancora oggi responsabile del CIE di Torino, dove fughe, autolesionismo,
botte, lacrimogeni, incendi e rivolte sono storia quotidiana.
Da piazza Castello si va per via Garibaldi, in testa la samba poi la gabbia/CIE e un centinaio di antirazzisti. Ci si ferma davanti al palazzo del Comune, dove un plotone di carabinieri in assetto antisommossa difende il portone. Di lì si va al mercato di Porta Palazzo, attraversandolo tutto. Un’ultima sosta nella zona dove i rom vendono qualcosa. Al nostro arrivo le donne applaudono, gli uomini ci lanciano grida di incitamento.
Le lotte non si processano. Se la Procura credeva di poter chiudere le ragioni della lotta contro i CIE dentro un’aula di tribunale si sbagliava di grosso, perché oggi le abbiamo portate nel salotto della città, davanti ai palazzi della Regione e del Comune, per poi ritornare nella grande piazza del mercato, dove i tanti volti della Torino dei poveri, di quelli che faticano a campare si mescolano e si incrociano.

Il processo agli antirazzisti è cominciato mercoledì 27 febbraio. Rimandato per questioni tecniche ricomincerà il 30 maggio.

Qui puoi vedere qualche immagine della giornata:
http://anarresinfo.noblogs.org