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Fiat. Schiavo o disoccupato?
- Subject: Fiat. Schiavo o disoccupato?
- From: "Federazione Anarchica Torinese - FAI" <fat at inrete.it>
- Date: Fri, 14 Jan 2011 13:19:55 +0100 (CET)
- Importance: Normal
Fiat. Schiavo o disoccupato? Sabato 15 gennaio dalle ore 10 al Balon – via Borgodora angolo via Andreis punto info sull’accordo alla Fiat Di seguito il volantino distribuito alla fiaccolata di mercoledì sera in via Garibaldi Schiavo o disoccupato? Rifiuta la scelta, scegli la lotta! A forza di chiudere gli occhi si finisce a terra. Di ricatto in ricatto di cedimento in cedimento ci si ritrova a scegliere tra schiavitù e disoccupazione. Nei paesi poveri questo è l’amaro pane quotidiano, nei paesi ricchi la mediazione socialdemocratica ha creato la pericolosa illusione che ci fosse un pezzettino di torta anche per chi lavora. L’appetito vien mangiando e quello dei padroni è insaziabile: perché accontentarsi di averci piegati quando possono metterci in ginocchio? Perché accontentarsi di pagarci poco quando possono pagarci ancora meno? Vi ricordate della Zastava? La chiamavano la “Fiat dei Balcani”. Nell’aprile del 1999 venne distrutta dai bombardamenti NATO sulla Serbia. Ancora oggi là si muore di leucemia per le bombe all’uranio impoverito. Gli aerei che distrussero la fabbrica montavano componentistica Fiat. Il governo che ordinò i bombardamenti era retto dal democratico D’Alema. Oggi in quella fabbrica gli operai lavorano a testa bassa per 400 euro al mese. E si considerano fortunati. È lì che Marchionne farà la nuova monovolume, la “L0”. Come sempre la politica – e l’economia – sono la continuazione della guerra. Con altri mezzi. A volte non meno micidiali. La resistenza e la solidarietà operaia seguono altre strade. Tanti metalmeccanici, in quel lontano 1999, raccolsero fondi per gli operai serbi. Anche a Mirafiori. Oggi i padroni, che lucrano su tutte le guerre e non hanno altro interesse che il loro profitto, giocano ancora una volta la carta di volere gli operai nemici di altri operai. Il padrone dice “o lavori come dico io, o ti chiudo la fabbrica”. Quando ci sono i “picchi” ti possono imporre di lavorare 7 giorni su 7 per 10 ore; quando fa comodo vai in cassa e campi d’aria e fantasia; quando va bene lavori anche il sabato e la domenica notte; quando va di lusso stai a casa il lunedì. Marchionne vuole imporre il definitivo disciplinamento dei lavoratori: niente garanzie, riduzione del salario, zero conflitto. Peggio che negli anni ’50. E non vale oggi piangere perché Marchionne taglia fuori chi non firma, perché questo modello di relazioni sindacali è stato avallato per anni anche da chi oggi è ne divenuto vittima. In cambio – e non si sa sino a quando – la produzione di eccellenza – una jeep e un suv - resta in Italia. Un paese dove i salari sono tra i più bassi del ricco nord del pianeta. Loro guadagnano e chi lavora sta sempre peggio. Ci chiedono sacrifici perché c’è la crisi, ma i soldi, quelli veri, ai ricchi non li chiedono mai. Blaterano di “bene comune”, dicono che padrone e l’operaio, il ricco ed il povero, stanno tutti nella stessa barca. Già, qualcuno sempre ai remi e qualcun altro sempre al timone. E tra i rematori i lavoratori stranieri pagano doppio. Se perdono il lavoro perdono anche il permesso di soggiorno, rischiano di finire in quei lager chiamati CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) e poi di essere espulsi. I padroni ed i loro cani da guardia, fascisti e leghisti, fanno di tutto perché i lavoratori italiani si incazzino con i lavoratori stranieri, anziché con i padroni. Ma, facendosi la guerra tra poveri, si finisce con lo stare tutti peggio e i padroni ci sguazzano da anni. Se gli stranieri sono obbligati da leggi razziste a chinare la testa, diventa più facile ricattare anche tutti gli altri. I padroni ci vogliono nemici degli immigrati e dei poveracci serbi, brasiliani, polacchi, perché in troppi hanno dimenticato che i lavoratori, uniti, possono fare male al padrone, molto male. Il nemico, quello vero, siede sui banchi del governo, nei consigli di amministrazione di banche e aziende. Possiamo fare a meno di loro. Lasciamo in eredità ai nostri figli un mondo senza padroni, sfruttamento, guerre. Che senso ha scegliere tra il licenziamento e la schiavitù? C’è un solo modo di rispondere al ricatto di Marchionne: rispedirlo al mittente, facendo sì che la paura cambi di campo, che siano i padroni a temere per i loro profitti. La proprietà privata delle fabbriche non è un diritto ma un furto. Marchionne vuole andarsene in Canada? Che ci vada! Chi lo ferma? Le fabbriche sono di chi ci lavora: prendiamocele! I lavoratori possono fare da soli e meglio, perché mirano alla qualità della vita di tutti non al mercato. Facciamola finita con chi ci dice di abbassare sempre la testa. Alziamola, invece, la testa e iniziamo a lottare per un mondo di liberi ed eguali. In Italia e ovunque nel mondo. Prossime iniziative: Venerdì 21 gennaio ore 21 in corso Palermo 46 conferenza/dibattito Gli affari del buon dio. Quanto ci costa mantenere la chiesa cattolica? Interviene Pippo Guerrieri, autore de “La piovra vaticana”. Nove miliardi di euro l’anno: questo è quanto tutti i cittadini italiani, credenti o non credenti, debbono pagare per mantenere preti, suore, scuole confessionali, insegnanti di religione. La Chiesa cattolica è molto brava nell’accumulare le enormi ricchezze che le consentono di realizzare la propria vocazione più forte, quella al potere, che accresce sempre più acquisendo il controllo di importanti settori dell’economia, dell’informazione, della politica e della società. Per corroderne influenza non bastano le argomentazioni filosofiche o morali, serve una lotta quotidiana contro uno dei più solidi pilastri dello sfruttamento umano. Organizzano Federazione Anarchica Torinese e Circolo di Circolo di cultura e iniziativa Gay, Lesbica, Bisessuale, Transgender e Queer Maurice Federazione Anarchica Torinese Corso Palermo 46 Riunioni, aperte a tutti gli interessati, ogni giovedì dopo le 21 fai_to at inrete.it - 338 6594361
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