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Torino. Idee corrosive
- Subject: Torino. Idee corrosive
- From: "Federazione Anarchica Torinese - FAI" <fat at inrete.it>
- Date: Fri, 14 Jan 2011 12:52:00 +0100 (CET)
- Importance: Normal
Torino. Idee corrosive Giovedì 13 gennaio si è svolta la seconda udienza del processo che vede alla sbarra sei anarchici imputati di imbrattamento di edificio storico in occasione delle iniziative torinesi contro il G8. Il PM Antonio Rinaudo, indefesso cacciatore di anarchici, sprezzante del rischio di cadere nel ridicolo, accusa i compagni dei “delitti 81 cpv, 110, 639 comma 2 perché con più azioni esecutive di un medesimo episodio criminoso (…) deturpavano e imbrattavano parte di un immobile sito in via Fanti 17, facente parte di un edificio parzialmente costruito nel 1700 e quindi ritenuto di interesse storico, luogo dove ha sede il centro congressi dell’Unione Industriali di Torino”. Il tutto per una secchiata di pomodoro e un po’ di mazzette di soldi finti gettati sul marciapiede davanti al cancello del palazzo dei padroni. Sono stati ascoltati i testimoni dell’accusa, un carabiniere dei Ros e due responsabili dell’Unione industriali e i due periti della difesa. Il carabiniere, nonostante ce la mettesse tutta, non è riuscito a gonfiare la faccenda, i due dipendenti dell’Unione Industriali hanno di fatto negato di aver subito danni. I periti della difesa hanno illustrato una lunga relazione tecnica che dimostra che l’edificio di via Fanti, costruito begli anni Sessanta, non è né “storico” né sotto tutela, come non è “storica” né sotto tutela la limitrofa palazzina di fine Ottocento di via Vela. I compagni hanno fatto una dichiarazione spontanea leggendo un documento sulle ragioni delle iniziative del luglio 2009 contro il G8. Il processo è stato rinviato al 6 aprile per le arringhe e la sentenza. Di seguito il testo letto in tribunale ieri. L’8 luglio 2009 cominciava all’Aquila la riunione dei G8. All’Aquila i padroni del mondo facevano la loro passerella tra le rovine della città distrutta dal terremoto. La gente in tenda circondata da uomini armati, i potenti in una caserma/fortezza milionaria. Roba da brividi. Un G8 tra le macerie. Metafora reale di un tempo segnato dalla ferocia e dalla forza, dalla guerra e dalla miseria, dal banchetto di una minoranza di ricchiepotenti sulle spalle dei più. Un’arroganza che nemmeno si maschera dietro la retorica, nemmeno finge i buoni sentimenti. L’Aquila è il simbolo inquietante di un futuro che è già presente. Un’intera popolazione sotto controllo, mentre i soliti noti costruiscono fortune “umanitarie”. Non si può tacere di fronte alle macerie trasformate in palcoscenico per i potenti, mentre tanta gente, che nel terremoto aveva perso le persone care, la casa, lavoro, fin la speranza di un futuro, soffriva sotto le tende, prigioniera nei campi militarizzati. Non si può tacere di fronte ad una città chiusa, transennata e sorvegliata da uomini in armi, perché nessuno la vuole ricostruire, perché rifare un centro storico costa e non rende. Non si può tacere di fronte alla parata di politici e faccendieri che si preparano a spartire la torta succosa del dopo terremoto. Non si può tacere quando capi dei governi più forti della terra discutono il destino dei sei miliardi di esseri umani, incuranti che, di G8 in G8, di vertice in vertice, la gran maggioranza della gente del pianeta sopravviva e stento con meno di un paio di dollari al giorno. Non si può tacere e noi non abbiamo taciuto. Abbiamo voluto con un’azione comunicativa ricordare che chi lucrava sulla “ricostruzione”, sulla New Town erano gli stessi che si erano ingrassati costruendo con la sabbia case destinate a venire giù. Come dimenticare l’ospedale S. Salvatore, nuovo di zecca, appena finito dall’Impregilo, crollato come un castello di carte? Come dimenticare che le ricchezze dei padroni sono costruite con il sudore ed il sangue di chi, per vivere, deve lavorare? Ogni giorno, ogni ora, in qualche dove, qualcuno muore sul lavoro. Nella serata del 7 luglio abbiamo fatto un’iniziativa di protesta davanti alla sede dell’Unione Industriali in via Fanti. Sulla cancellata esterna della palazzina abbiamo appeso uno striscione bianco con la scritta “G8: guerra, schiavitù, oppressione”, siglato FAI. Sul marciapiede antistante il cancello esterno dell’edificio abbiamo gettato una secchiata di pomodoro, alcune mazzette che imitavano le banconote da 20, 50, 100 euro e una decina di sacchetti azzurri pieni di carta con all’esterno il simbolo dell’euro. L’azione, chiaramente di carattere simbolico – il palazzo che ospita l’Unione Industriali non è stato neppure sfiorato – aveva l’intento di richiamare l’attenzione sul vertice dei G8, denunciandone le responsabilità nei confronti della maggioranza della popolazione del pianeta, condannata alla miseria e all’oppressione. Un piccolo gesto per rompere il muro grigio dell’informazione, che narra la favola indecente e falsa di un mondo da cartone animato. È pertanto evidente l’infondatezza della contestazione e la contraddizione tra le accuse che ci sono rivolte e la concreta dinamica dei fatti, come peraltro già emerge sin dalla descrizione che ne fa il capo di imputazione. Lo dimostrano le foto scattate nell’occasione, che abbiamo prodotto. Se oggi siamo qui in quest’aula di tribunale, se veniamo accusati di un reato che non abbiamo commesso, le ragioni sono tutte nelle nostre idee. Queste sì corrosive per l’ordine folle che governa questo mondo. Queste sì corrosive per i palazzi del potere. Se ci condannate è per quello che abbiamo detto e scritto non certo per una secchiata di pomodoro sul marciapiede. Per info e contatti: Federazione Anarchica Torinese Corso Palermo 46 Riunioni, aperte a tutti gli interessati, ogni giovedì dopo le 21 fai_to at inrete.it - 338 6594361
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