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    | bellissimo editoriale del Foglio (fa 
      riflettere...)
 Riabilitare la scomunica |  |  
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          |  | Benedetto XVI difende il 
            diritto della chiesa a essere quel che è 
 
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    | Eccoci di nuovo a un 
      tema laico da svolgere partendo dalle parole di un Papa. E’ successo, 
      succederà ancora. Benedetto XVI ha ribadito con freddezza che non hanno 
      diritto a prendere il pane eucaristico coloro che, tra i fedeli cattolici, 
      collaborano alla realizzazione di un aborto, cioè all’uccisione di un 
      bambino non nato. Lo ha detto nel primo giorno della sua visita in 
      Brasile, citando il diritto canonico a proposito di un caso esploso in 
      Messico, il paese americano in cui si è spostata la nuova frontiera della 
      cosiddetta interruzione volontaria di gravidanza. Immaginiamo oggi le 
      rampogne e gli alti lai di parte laicista, che avranno la stessa forza e 
      la stessa logica di quanto fu comminato alla chiesa per la mancata licenza 
      di funerali religiosi a Piergiorgio Welby, l’uomo che ha consapevolmente e 
      a suo modo coraggiosamente rifiutato sulla propria pelle, con una campagna 
      favorevole alla decisione individuale di morire eutanasicamente, l’essenza 
      del cristianesimo e cioè il significato trascendente della sofferenza. Il 
      laicismo è fatto così: vuole imporsi come ideologia alla chiesa, desidera 
      che gli usi e i costumi della società secolarizzata e scristianizzata 
      penetrino nel profondo del corpo cristiano e lo rimodellino secondo i 
      criteri e i valori di vita che hanno conquistato lo stato, la 
      legislazione, lo spazio pubblico. La pena per la contravvenzione a questa 
      velleità di pensiero unico dominante è l’esclusione, l’emarginazione, la 
      condanna morale. I laici veri, anche quelli che sono fuori da una 
      comunione di fedeli e dal loro orizzonte confessionale, ma non hanno 
      perduto il senso profondo della parola libertà e della parola laicità, 
      devono invece accettare l’indipendenza della chiesa nel suo ordine e 
      rispettare la scomunica, una sanzione canonica che alla comunione dà un 
      significato e un limite invalicabile, un confine formale e sostanziale di 
      “coerenza eucaristica”. Il primo passo in questa direzione è nel segnalare 
      la pigrizia linguistica con cui abbiamo assimilato l’idea secolarista che 
      “scomunica” sia una parolaccia intollerante e illiberale. E perché mai? 
      Quando la chiesa, che vive nella storia e come il mondo laico nella storia 
      ha le sue derive, esercitava un potere temporale, facendo gravare 
      interdizioni e scomuniche sulla libertà civile dei fedeli colpiti, e 
      l’ultimo orrore concordatario fu la esclusione del grande modernista 
      Ernesto Buonaiuti dall’insegnamento, la scomunica era illiberale. Ora è un 
      gesto che definisce l’identità e la libertà di una chiesa, cioè un valore 
      profondamente laico.
 
 (10/05/2007) |  |