[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Un grande giornale tedesco chiede zero tolleranza contro l'intolleranza
- Subject: Un grande giornale tedesco chiede zero tolleranza contro l'intolleranza
- From: "Scienza per l'Uomo" <scienzaperluomo at yahoo.it>
- Date: Mon, 2 Apr 2007 03:18:49 +0200
DOSSIER DELLO SPIEGEL SULL’ISLAMIZZAZIONE DEL DIRITTO Un grande giornale tedesco chiede zero tolleranza contro l’intolleranzawww.ilfoglio.it Milano. “Mi sarei aspettato più solidarietà da parte politica e non questo attacco frontale alla giustizia”, così ieri il presidente dell’associazione magistrati tedeschi, Wolfgang Arenhövel, nella Frankfurter Allgemeine, riferendosi all’ondata di indignazione sollevata dalla sentenza emessa una settimana fa da un giudice donna di Francoforte, la quale, tenendo conto del fatto che “l’islam concede all’uomo il diritto di imporre la disciplina alla consorte” aveva negato a una donna marocchina nata e cresciuta in Germania ma sposatasi nel paese d’origine del marito, la procedura abbreviata per la sentenza di divorzio, nonostante questi l’avesse ripetutamente picchiata e fosse stato precedentemente diffidato dal giudice stesso di avvicinarsi all’abitazione della consorte. Secondo Arenhövel “il giudice si è solo attenuta al quadro normativo”. Giusto, ammette Arenhövel, criticare il riferimento all’islam, ciò nonostante la decisione di rifiutare una procedura d’urgenza, “non è affatto anomala”, perché anche in casi di maltrattamento fisico “si può addivenire a una pacificazione”. Inoltre, “non c’è nulla di strano nel fatto che un giudice si confronti con le usanze musulmane”. A chi poi parla di strisciante islamizzazione del sistema giuridico, Arenhövel fa notare che l’immediata ricusazione del giudice per legittima suspicione dimostra “che funzionano gli antidoti interni al sistema”. Tanto rumore per nulla, dunque? Lo Spiegel non la pensa così e ha dedicato alla “silente islamizzazione” la copertina: “Mekka Deutschland”. Dentro un dossier di dodici pagine, fitte di esempi con tanto di motivazioni che a volte paiono arrivare direttamente da “Absurdistan”. Ci sono casi che riguardano il posto di lavoro. Nel 2002 il tribunale regionale della cittadina di Hamm ha dato ragione a un lavoratore musulmano, varie volte ammonito dal datore di lavoro, perché, in nome della libertà confessionale, pretendeva l’introduzione di pause di preghiera. Ci sono casi che riguardano lo spazio pubblico. Così a chi si lamentava di essere svegliato a un’ora antelucana per le preghiere del muezzin, la Corte federale amministrativa nel 1992 aveva replicato che, sempre nel nome della libertà di religione, i vicini sono tenuti “in linea di massima ad accettare” di essere svegliati prima dell’alba. Ma sono soprattutto le sentenze che riguardano la parità dei sessi, il rispetto dei diritti umani, a rimettere in discussione il modello multiculturale praticato fino a oggi, e a spingere lo Spiegel a chiedersi: “Non è giunto il momento di difendere la liberalità – faticosamente raggiunta soprattutto in Germania – se è il caso anche con zero tolleranza verso l’intolleranza”. Molti sono, infatti, gli esempi citati che danno la misura di quanto regole e tradizioni della cosiddetta società parallela stiano inficiando e condizionando il sistema giudiziario. Da quelli grotteschi come la circolare trasmessa nel 2004 dal ministero per le Politiche sociali in cui si comunicava alle casse mutualistiche che “i matrimoni poligami debbono essere riconosciuti, se corrispondono al diritto del paese d’origine”; tradotto anche la seconda moglie di un algerino ha diritto all’assistenza sanitaria. A quelli che mostrano un preciso intento di evitare il “contagio occidentale”, sin da tenera età. Così cresce di anno in anno il numero di “esenzioni” dall’ora di ginnastica per le ragazze. Il tribunale amministrativo del Nordrhein-Westfalen aveva dato ragione ai genitori di una ragazzina, i quali si rifiutavano di mandarla in gita, perché il Corano vieta di farle viaggiare senza un familiare di sesso maschile a fianco e perché l’adolescente mostrava evidente ansia all’idea di poter perdere il copricapo. I giudici diedero ragione ai genitori paragonando il disagio della ragazza allo “stato mentale di una persona parzialmente menomata psichicamente e dunque in grado di viaggiare solo se accompagnata”. Una sentenza che ricorda la “fatwa dei cammelli” emessa qualche anno prima dal presidente della comunità islamica dell’Assia, Amir Zaidan. Secondo la stessa, una musulmana non può allontanarsi senza accompagnatore oltre un raggio di 81 chilometri da casa, lunghezza pari a quella che una carovana di cammelli copriva nell’arco di ventiquattro ore ai tempi del profeta. Una precauzione, così aveva spiegato Zaidan, tesa a scongiurare il pericolo di violenza carnale. Andrea Affaticati |
- Prev by Date: Nota impegnativa dell'Onu
- Next by Date: Re: Nota impegnativa dell'Onu
- Previous by thread: Re: Nota impegnativa dell'Onu
- Next by thread: Quinta corrispondenza dal corteo nazionale delle RdB di Roma
- Indice: