In quest'Italia inebriata dal relativismo dei
valori, siamo arrivati al punto in cui una moschea viene patrocinata e
gestita dal Comune, finanziata con denaro pubblico, regalata a
un'organizzazione estremista islamica, imposta ai cittadini contro la loro
volontà.
Nel giorno in cui a Colle Val d'Elsa sono
stati impiantati i primi paletti per recintare l'area su cui dovrebbe
sorgere la moschea, cresce tra gli abitanti del quartiere La Badia la
percezione di un cavallo di Troia che irrompe nella loro vita con la forza
e l'inganno, ponendo fine a un modello di civiltà e a uno stile di vita
consolidato, in cui ci si riconosce totalmente e che ha finora garantito
la convivenza, il benessere e la libertà. Da un lato prevale uno stato di
impotenza e di frustrazione, perché alla gente non è stato nemmeno
permesso di esprimere la propria opinione, dopo la bocciatura da parte del
Comune di un quesito referendario consultivo perché — questa è la
motivazione — la costruzione di una moschea non avrebbe un «interesse
generale in quanto trattasi di un progetto presentato da un soggetto
privato portatore di diritti definitivi meritevoli di tutela secondo i
principi civilistici della buona fede». Una moschea non ha un interesse
generale? Che andassero a chiederlo alle migliaia di torinesi che sono
stati costretti a evacuare Porta Palazzo dopo la penetrazione e conquista
da parte di tre moschee e un esercito di musulmani che hanno fatto
precipitare il costo degli immobili, ridotto il centro cittadino in una
casbah degradata, imposto regole e valori in aperto contrasto con quelli
condivisi dagli italiani. Ma lo sanno nelle mani di chi finirà la moschea?
Lo sanno che dietro alla sigla «Comunità dei musulmani di Siena e
provincia», che ha sottoscritto con il Comune l'accordo per la costruzione
della moschea, si cela l'Ucoii? È scritto chiaro e tondo nell'articolo 2
dello statuto allegato all'atto costitutivo della «Comunità dei musulmani
di Siena e provincia», registrato a Poggibonsi presso lo studio del notaio
Andrea Pescatori il 17 marzo 1999 (n. 217, serie 1, versate L. 260.000):
«L'Associazione aderisce all'Unione delle Comunità e Organizzazioni
Islamiche in Italia (Ucoii)».
E lo sanno che l'Ucoii è l'espressione ideologica
dei Fratelli Musulmani in Italia, un'organizzazione che disconosce il
diritto di Israele all'esistenza e ne predica la distruzione, che
legittima i terroristi suicidi palestinesi, che combatte la civiltà e i
valori dell'Occidente, che mira a imporre il proprio potere teocratico
sull'insieme dei musulmani e a convertire all'islam l'insieme degli
italiani? Dunque secondo il Comune di Colle Val d'Elsa questi estremisti
islamici sarebbero «meritevoli di tutela secondo i principi civilistici
della buona fede», mentre non lo sarebbero i colligiani che giustamente si
preoccupano e protestano per la costruzione di una moschea che si
trasformerà in una roccaforte ideologica dell'Ucoii? Come è possibile che
un'amministrazione pubblica privilegi l'interesse di 135 musulmani (tali
sono stati nel 2005 i partecipanti all'elezione del presidente della
«Comunità dei musulmani di Siena e provincia», Feras Jabareen, affermatosi
con 86 voti a favore), su quello di circa 21 mila colligiani? Possibile
che a nessuno passi per la testa che 135 musulmani su un totale di circa
600 musulmani residenti a Colle e di circa 5.000 musulmani residenti in
provincia di Siena, stanno in realtà usurpando della qualifica di
«Comunità dei musulmani di Siena e provincia»? E a chi servirà mai una
moschea di 600 metri quadrati su un terreno di oltre 3.200 metri quadrati,
quando a Colle al massimo una cinquantina di persone si recano a pregare
nell'attuale sala di preghiera che ne può contenere il doppio? E perché
mai il Comune, tramite la Fondazione dei Monti dei Paschi di Siena di cui
il sindaco Paolo Brogioni è membro, dovrebbe regalare 500 mila euro per la
costruzione della moschea e la sistemazione dell'area attigua? Con i primi
picchetti impiantati ieri a Colle si è deciso di non rispondere a tutti
questi pressanti interrogativi. Nella nostra Italia, con una classe
politica che eccelle nella navigazione a vista aggiustando la rotta tra la
deleteria infatuazione ideologica e la cinica legge della ricerca del
consenso, si è deciso di andare avanti, costi quel costi, come un
condannato a morte costretto a salire con le proprie gambe sul
patibolo.
Magdi Allam