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le banche e le armi
- Subject: le banche e le armi
- From: La redazione Oltre <laredazione_oltre at yahoo.it>
- Date: Sat, 11 Nov 2006 20:20:35 +0100 (CET)
Banche: il 60% ha una posizione sulle armi, ma manca trasparenza
Banche e armi |
Il coordinatore della Campagna si riferisce in particolare all’atteggiamento di Unicredit e di Banca Popolare di Milano. Unicredit, infatti, dopo aver annunciato già nel dicembre del 2000 di aver emesso “ordini di servizio che disponevano dal 1° gennaio 2001 di non assumere più nuovi contratti” connessi all’appoggio del commercio delle armi e aver progressivamente ridotto la propria partecipazione - in gran parte ereditata dal Credito Italiano – nel 2005 l’istituto capitanato da Profumo assumeva 61 nuove operazioni per un valore complessivo di oltre 101 milioni di euro che, ricoprendo quasi il 9% del totale, piazzavano Unicredit al quarto posto della lista fornita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Discorso simile anche per Banca popolare di Milano (BPM), che nonostante l'annuncio del maggio 2005 del presidente Roberto Mazzotta di un impegno della banca "a non partecipare ad operazioni di finanziamento che riguardino esportazione, importazione e transito di armi e sistemi d’arma", l'istituto milanese compariva di nuovo nella Relazione del 2006 con 26 operazioni per un valore complessivo di oltre 34,6 milioni di euro che ricoprono più del 3% di tutte le operazioni autorizzate dal Ministero dell'Economia e delle Finanze nel 2005.
Un punto, quello dell’attuazione delle policy assunte, sul quale ha insistito lo stesso Direttore generale dell'Abi, Giuseppe Zadra, che ha affermato che "Prendere impegni e rispettarli, rendicontarli è parte determinante della responsabilità sociale. Non basta definire i propri obiettivi, è determinante dimostrare con i fatti i risultati raggiunti rispetto agli impegni presi. In questo senso le banche sono in prima linea. La crescita della responsabilità sociale - ha concluso Zadra - deve andare verso l'impegno reciproco dei diversi attori in campo, non può essere unilaterale. Non si può chiedere responsabilità e non praticarla in prima persona. Serve che ci sia la condivisione sentita di obiettivi, responsabilità e rischi".
"Ma va specificato – riprende Beretta - che quello dei servizi di appoggio al commercio delle armi è solo una parte dell'intero discorso sul finanziamento all'industria delle armi, sul quale invece le banche sono invece poco chiare e continuano a trincerarsi dietro il cosidetto "segreto bancario". Non abbiamo mai pensato, infatti, che le sole operazioni di “incassi e pagamenti” per conto delle ditte produttrici di armi esauriscano tutti i rapporti tra queste ditte e gli Istituti di credito, che spaziano invece dal finanziamento alla ricerca e sviluppo di nuovi sistemi d’arma, all’offerta di linee di credito spesso privilegiate alle industrie produttrici di armi. Va comunque dato merito all’Abi di aver risposto alle sollecitazioni della Campagna sollevando il problema specifico dei servizi forniti dalle banche all’esportazione di armi” – conclude Beretta.
Va ricordato, infatti, che il 23 maggio scorso si è tenuto a Roma un importante momento di confronto tra la Campagna di pressione alle ‘banche armate’ e il Gruppo di Lavoro Responsabilità sociale d'impresa dell’ABI: dal dibattito è emerso l’interesse di tutte le parti ad aprire un tavolo di confronto periodico su questi temi che, seppur con fatica, stanno entrando sempre più nell’agenda delle banche.
Fonte: Unimondo
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