La libertà implica
la totale rinunzia e il rifiuto
di ogni autorità
psicologica interiore.
J.K.
Più rispetto per le donne di Chiara Saraceno
Sì, facciamo una
bella commissione di indagine sull’aborto, composta
tutta di pensosi parlamentari rigorosamente di sesso maschile, che
dimostrino ancora una volta che le donne non solo, come dice Giovanardi,
non si interessano di politica, ma anche sul loro terreno sono delle
scioccherelle sventate e amorali. A differenza degli
uomini, fanno sesso senza pensare alle conseguenze, e poi vanno lietamente
ad abortire senza riflettere, valutare, interrogarsi. Se ne
concluderà che, se proprio non si può cancellare la legge che consente
l’interruzione volontaria di gravidanza, bisognerà
mettere ulteriormente sotto tutela queste scioccherelle amorali,
costringerle a riflettere. Perché da sole non
ci arrivano e non hanno né senso di responsabilità né rispetto per la
vita. Così, se chiederanno di abortire le si sottoporrà a
consulenza obbligatoria da parte di volontari
certificati come antiabortisti. E se nonostante tutto
insisteranno, le si farà abortire non con il metodo più appropriato, ma
con quello più doloroso. Se questo costerà di più alle casse della sanità,
pazienza, purché le donne ricevano la lezione che meritano.
Mi
sembra che dietro alle iniziative scomposte di questi giorni non ci sia
tanto il rispetto per la vita, quanto il mancato
rispetto per le donne: la loro capacità di decidere su di sé, di
comportarsi come soggetti morali e raziocinanti. Come già nel
dibattito sulla fecondazione assistita, **ciò
che sembra preoccupare è la libertà delle donne rispetto al proprio corpo,
sessualità**, capacità riproduttiva. C’è la nostalgia per
un corpo femminile puramente contenitore: di embrioni da far diventare
bambini, di desideri maschili di sessualità e paternità. Del desiderio, o
non desiderio, di maternità poco interessa.
Poco importa che in
questo rinnovato discorso pubblico sull’aborto e sul supposto cattivo
funzionamento di una legge cui si arrivò tramite faticosi compromessi
anche sulla libertà delle donne, si ignori che questa legge ha funzionato
e funziona proprio nel contenimento del fenomeno. Gli aborti sono
fortemente diminuiti e soprattutto sono diminuite le recidive, perché i
consultori, i ginecologi, gli ospedali parlano con le donne che si
presentano per chiedere il certificato che consente loro di abortire,
danno loro informazioni e, in molti casi, cercano di seguirle anche
dopo.
Anche chi chiede che nei consultori siano
presenti obbligatoriamente volontari di associazioni antiabortiste è o
disinformato o in malafede. Innanzitutto finge
di ignorare che il settanta-ottanta per cento delle certificazioni è
effettuato da ginecologi privati, non nei consultori. Questi ultimi
sono frequentati, non solo per l’aborto, dalle donne più povere o senza
risorse proprie: le giovani, le donne dei ceti più modesti, le immigrate.
A queste ultime si deve peraltro una grossa quota degli aborti, resi
spesso necessari da particolari condizioni di vita. Per queste donne il
consultorio è spesso l’unico servizio medico accessibile, con funzioni di
consulenza e orientamento cruciali, altro che un semplice luogo di
certificazione per l’aborto. Anche se non sempre ci sono i soldi e i posti
in organico per le necessarie figure di psicologi e mediatrici culturali.
In secondo luogo, già ora la legge prevede la possibilità che associazioni
volontarie stipulino convenzioni con i consultori per fornire servizi di
consulenza alle donne che lo desiderano. Quale sarebbe dunque la novità?
A meno che non si voglia rendere obbligatoria la
consulenza di un’associazione antiabortista, con spregio del diritto di
scelta e della privacy.
Certo, sarebbe meglio che le donne
non arrivassero a dover decidere se abortire o no. Sarebbe meglio che le
più giovani (e i loro compagni) ricevessero un’adeguata educazione
sessuale e un accesso facile alla
contraccezione sicura, che le donne non dovessero temere per il proprio
lavoro o il proprio reddito se rimangono incinte, che le immigrate
trovassero condizioni di vita decenti e non, come troppo spesso capita,
l’alternativa tra prostituzione e badantato. Sarebbe bello che su questo
si facesse una commissione d’indagine, o meglio ancora, delle politiche
sensate. In attesa, per favore, più discrezione e più
rispetto.
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