d o n n e



da Associazione Partenia http://utenti.lycos.it/partenia
La libertà implica la totale rinunzia e il rifiuto
di ogni autorità psicologica interiore. J.K.
Più rispetto per le donne
di Chiara Saraceno

Sì, facciamo una bella commissione di indagine sull’aborto, composta tutta di pensosi parlamentari rigorosamente di sesso maschile, che dimostrino ancora una volta che le donne non solo, come dice Giovanardi, non si interessano di politica, ma anche sul loro terreno sono delle scioccherelle sventate e amorali. A differenza degli uomini, fanno sesso senza pensare alle conseguenze, e poi vanno lietamente ad abortire senza riflettere, valutare, interrogarsi. Se ne concluderà che, se proprio non si può cancellare la legge che consente l’interruzione volontaria di gravidanza, bisognerà mettere ulteriormente sotto tutela queste scioccherelle amorali, costringerle a riflettere. Perché da sole non ci arrivano e non hanno né senso di responsabilità né rispetto per la vita. Così, se chiederanno di abortire le si sottoporrà a consulenza obbligatoria da parte di volontari certificati come antiabortisti. E se nonostante tutto insisteranno, le si farà abortire non con il metodo più appropriato, ma con quello più doloroso. Se questo costerà di più alle casse della sanità, pazienza, purché le donne ricevano la lezione che meritano.

Mi sembra che dietro alle iniziative scomposte di questi giorni non ci sia tanto il rispetto per la vita, quanto il mancato rispetto per le donne: la loro capacità di decidere su di sé, di comportarsi come soggetti morali e raziocinanti. Come già nel dibattito sulla fecondazione assistita, **ciò che sembra preoccupare è la libertà delle donne rispetto al proprio corpo, sessualità**, capacità riproduttiva. C’è la nostalgia per un corpo femminile puramente contenitore: di embrioni da far diventare bambini, di desideri maschili di sessualità e paternità. Del desiderio, o non desiderio, di maternità poco interessa.

Poco importa che in questo rinnovato discorso pubblico sull’aborto e sul supposto cattivo funzionamento di una legge cui si arrivò tramite faticosi compromessi anche sulla libertà delle donne, si ignori che questa legge ha funzionato e funziona proprio nel contenimento del fenomeno. Gli aborti sono fortemente diminuiti e soprattutto sono diminuite le recidive, perché i consultori, i ginecologi, gli ospedali parlano con le donne che si presentano per chiedere il certificato che consente loro di abortire, danno loro informazioni e, in molti casi, cercano di seguirle anche dopo.

Anche chi chiede che nei consultori siano presenti obbligatoriamente volontari di associazioni antiabortiste è o disinformato o in malafede. Innanzitutto finge di ignorare che il settanta-ottanta per cento delle certificazioni è effettuato da ginecologi privati, non nei consultori. Questi ultimi sono frequentati, non solo per l’aborto, dalle donne più povere o senza risorse proprie: le giovani, le donne dei ceti più modesti, le immigrate. A queste ultime si deve peraltro una grossa quota degli aborti, resi spesso necessari da particolari condizioni di vita. Per queste donne il consultorio è spesso l’unico servizio medico accessibile, con funzioni di consulenza e orientamento cruciali, altro che un semplice luogo di certificazione per l’aborto. Anche se non sempre ci sono i soldi e i posti in organico per le necessarie figure di psicologi e mediatrici culturali. In secondo luogo, già ora la legge prevede la possibilità che associazioni volontarie stipulino convenzioni con i consultori per fornire servizi di consulenza alle donne che lo desiderano. Quale sarebbe dunque la novità? A meno che non si voglia rendere obbligatoria la consulenza di un’associazione antiabortista, con spregio del diritto di scelta e della privacy.

Certo, sarebbe meglio che le donne non arrivassero a dover decidere se abortire o no. Sarebbe meglio che le più giovani (e i loro compagni) ricevessero un’adeguata educazione sessuale e un accesso facile alla contraccezione sicura, che le donne non dovessero temere per il proprio lavoro o il proprio reddito se rimangono incinte, che le immigrate trovassero condizioni di vita decenti e non, come troppo spesso capita, l’alternativa tra prostituzione e badantato. Sarebbe bello che su questo si facesse una commissione d’indagine, o meglio ancora, delle politiche sensate. In attesa, per favore, più discrezione e più rispetto.
 22 novembre 2005 http://www.lastampa.it/
 
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ASSOCIAZIONE PARTENIA
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