Re: IL CPT E’ UN LAGER, ANCHE QUELLO DI GRADISCA




Ok, ricominciamo a camminare CONTRO il CPT, o meglio contro I CPT.
 
Ma Davide, da triestino e lasciando perdere le mie vicende personali, non te la senti anche di dire che chi manifesta con violenta arroganza cpme i DISOBBEDIENTI è un amico dei razzisti e di Pisanu e non viceversa?
 
Un saluto,
Francesco Lauria.
Davide Bertok <bert-ts at tiscali.it> wrote:
Trieste, 18 marzo 2005

IL CPT E’ UN LAGER, ANCHE QUELLO DI GRADISCA

Si é svolta sabato 26 febbraio a Gradisca la manifestazione NO AI CPT NÈ A GRADISCA NÈ ALTROVE che ha visto migliaia di persone sfilare, in pace, con striscioni di sigle diverse, ma unite dallo stesso grido: IL CPT É UN LAGER NO AI CENTRI DI PERMANENZA TEMPORANEA.
Per quasi cinque km duemila persone hanno sfilato in pace mentre desideriamo dissociarci, come Centro delle Culture e come Partito Umanista, da chi, ancora una volta, alla fine della manifestazione davanti al CPT ha scelto di utilizzare mezzi violenti per dare forza alla propria azione, mettendo in cattiva luce e non lasciando spazio a chi invece voleva manifestare, in pace, il proprio disaccordo.
I CPT (Centri di Permanenza Temporanea) sono luoghi dove molto spesso in assenza dei più elementari diritti umani, vengono internati con la forza e per 60 giorni migranti che non hanno commesso alcun reato, solo perché considerati irregolari in attesa di espulsione. Sono luoghi, se ne ha già esperienza in Italia (ad esempio a Roma o a Milano), in cui non esistono neanche le garanzie giuridiche degli istituti penitenziari, dove ci si ferisce o si tenta il suicidio pur di non restarci, dove non é spesso garantita assistenza legale. Luoghi che gravano sul bilancio dell’ultima legge finanziaria per 105 milioni di euro, soldi che potrebbero servire per accogliere e fornire servizi sociali a migranti e autoctoni. Uno di questi luoghi é in costruzione nella nostra regione, a Gradisca (GO).
Come nel 1998 si riuscì a far chiudere quello di Trieste, ora ci si é mobilitati e lo si farà ancora per non permettere la creazione di questo luogo di vera e propria detenzione sul territorio regionale. Molte cose rimangono ancora da chiarire sulle modalità della realizzazione di questo CPT ma, prima di tutto, chiediamoci, una volta ancora, perché la gente emigra. La gente emigra per sfuggire da una situazione di emergenza, di fame, di miseria, di guerra, di persecuzione. Come non molti anni fa molti emigranti italiani sono stati costretti a spostarsi in altri paesi, europei ed extraeuropei, così oggi giungono in Italia immigrati provenienti da altri paesi dell’America latina, dell’Africa e dell’Asia, della cui situazione di crisi anche i Governi italiani (come quelli degli altri paesi europei) e molte imprese italiane (ed europee) sono corresponsabili.
Un netto rifiuto, dunque, ai CPT ma anche un netto rifiuto della logica repressiva che incrementa razzismo e xenofobia e affronta la questione immigrazione quasi esclusivamente come un problema di ordine pubblico. Alla stampa e alle televisioni l’invito al rispetto, nell’informazione locale e nazionale, della dignità e delle identità etniche e religiose dei migranti. Un netto rifiuto anche alla violenza come modo di manifestare, perché si dimostra della stessa faccia della repressione di chi ha voluto i CPT e le leggi restrittive sull’immigrazione: come non-violenti vorremmo quindi dare un messaggio e un esempio diverso da quello che ci propongono le nostre istituzioni.
Un invito anche al ministro dell’interno, Giuseppe Pisanu, e al governo in carica a rivedere decisioni che hanno il sapore di censure preventive, come quella di impedire ai giornalisti l’accesso nei CPT che é permesso solo ai parlamentari. Occorre dunque affrontare questo argomento in base a due punti di vista convergenti: applicazione dei diritti umani e organizzazione dell’accoglienza nei paesi di immigrazione da un lato, aiuti determinanti allo sviluppo economico e sociale dei paesi d’origine, dall’altro.
Vi proponiamo, allora, di rovesciare l’attuale approccio repressivo, per cui l’immigrazione è vista come un problema di ordine pubblico e di adottare invece un’impostazione basata sui diritti umani, le frontiere aperte e l’accoglienza. Tale politica servirà, tra l’altro, a colpire le organizzazioni criminali che oggi si arricchiscono sulla pelle dei disperati in fuga dalla miseria e dalla guerra.
L’immigrazione non è una minaccia per la società, ma un’occasione di arricchimento e comunicazione tra culture diverse. L’attuale legge sull’immigrazione viola i più elementari diritti umani, a cominciare dai lager in cui vengono rinchiuse persone che non hanno commesso alcun reato e sono sottoposte all’arbitrio della polizia, senza alcuna possibilità di intervento e di controllo. I CPT vanno chiusi ed é ora di iniziare ed organizzare nuove forme di “accoglienza”.

Davide Bertok
Partito Umanista


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