Re: A proposito della vicenda Indymedia: risposta ad Attivissimo



ciao paolo,
replico al punti più controversi

Martedì, 12 ottobre 2004 ore 09:57:42 +0200, hai scritto:
 >infatti mi sono reso conto di aver postato troppo presto. Mi premeva
 >pero' chiarire subito che saltare alle conclusioni, ossia dire "USA
 >fascista e censore" come stanno facendo in molti, mi sembrava azzardato.
 >Se confermata l'ipotesi svizzera, i veri liberticidi starebbero nella
 >"civilissima" Europa, ma questa e' una cosa a cui molti preferiscono non
 >pensare.

Dipende cosa intendi per liberticida. Nel caso specifico è liberticida aver
impedito a Indymedia di continuare a utilizzare i suoi server privandoli
dell'hard disk quando bastava benissimo fare una copia. Se è così bisognerà
verificare il merito della richiesta. Che però, intanto, unico dato certo,
è stata applicata dagli USA.



 >Era in effetti legittimo, a partire dalla dichiarazione di Indymedia, ma
 >ricordavo vagamente questa storia di come l'FBI non ha giurisdizione ma
 >"assiste" nelle operazioni fuori USA, ma non ne ero sicuro. Quando ho
 >letto i commenti su The Register, mi si e' chiarito il dubbio, per cui
 >mi e' sembrato opportuno chiarire l'equivoco. Fra l'altro l'FBI
 >smentisce di aver fatto la richiesta autonomamente, ma dice di aver
 >semplicemente riferito una richiesta di terzi.

Ovviamente ha assistito. Ma altrettanto ovviamente è ipotizzabile una
collaborazione fattiva e consensuale di tutte le intelligence coinvolte.
Come prescrivono le leggi antiterrorismo probabilmente applicate.




 >Scettico, si': sicuro, no. Oltretutto, se tu sei una filiale UK di una
 >societa' USA e ti bussa alla porta la Metropolitan Police con una
 >"richiesta" (non dico un ordine, ma una richiesta cortese ma ferma) di
 >takedown, tu che fai? Fai, come dice Rackspace, il "good citizen" e
 >cominci a rimuovere il server contestato, in attesa di chiarimenti,
 >oppure rischi l'intralcio alla giustizia? Business is business,
 >Rackspace non e' pagata per difendere i diritti, ma per fare hosting.
 >Credo che qualsiasi imprenditore UK/USA/italiano avrebbe fatto la stessa
 >cosa.

Per la verità Rackspace è pagata anche per fare gli interessi del cliente.
Il vero problema sta nella legislazione sempre più restrittiva sul ruolo
dei provider. Quetione delicata e scivolosa che produce gli effetti di
questa inchiesta pubblicata da EDRI-Grama per la quale basta una lettera
anonima che chieda la rimozione dei materiali e troppi provider procedono
in barba a qualsiasi norma o cautela giuridica
(http://punto-informatico.it/p.asp?i=49978). Come, probabilmente, ha fatto
Rackspace vista la dubbia competenza territoriale.



 >attenzione, ancora non sappiamo qual e' il reato contestato. la storia
 >delle foto potrebbe essere una pista falsa. Finche' rimane il segreto
 >istruttorio, possiamo solo fare ipotesi. Adesso la cosa dovrebbe essere
 >in mano a David Blunkett (hai visto l'analisi su Statewatch?), vediamo
 >cos'ha da dire nei prossimi giorni.

Stavo elencando prove certe a conforto della tesi che mette in dubbio la
liceità giuridica di tutta l'operazione. Il fatto che non abbia precedenti
rientra a pieno titolo in questa considerazione.




 >indubbiamente. ma fare un servizio del genere, senza prevedere un
 >contingency planning, e' comunque poco prudente. Ci si puo' attrezzare
 >con risorse distribuite, usare circuiti p2p, quello che vuoi, ma
 >arrivare a meettere tutte le uova in un unico paniere e', a mio avviso,
 >pessima pianificazione, qualunque sia il servizio fornito.
 >
 >Su un piano piu' personale, se Indy vuole davvero lottare contro i
 >poteri forti, deve farlo in modo piu' professionale, senza porgere il
 >fianco a manovre di facile takedown, altrimenti la si puo' chiudere in
 >un batter d'occhio, come appunto e' successo.

Veramente ha aperto anche in un batter d'occhio visto che proprio degli
sprovveduti non sono.




 >Non era quello che intendevo. Non voglio giustificare il takedown, ma
 >considerarne le possibili motivazioni. E (ammesso che siano le foto la
 >causa del takedown) mi sembra giusto chiedersi se e' eticamente corretto
 >che si pubblichino le foto degli agenti, soprattutto visto che molti
 >utenti di Indy non amerebbero che le proprie facce venissero sbattute in
 >Rete.

Se è così, visto che parlavi di colpe, stavi confondendo i piani. Indymedia
ha il diritto di chiedere di essere giudicata in base alle norme in vigore
ed ad una giusta valutazione di quale giuridizione territoriale usare.
L'etica non c'entra, ma non lo stavi chiarendo in nessuno dei tuoi articoli.




 >Concordo. Purtroppo stiamo discutendo di un tema su cui c'e' ancora
 >troppa nebbia. Sappiamo se i paletti sono stati violati? No, perche'
 >c'e' il segreto istruttorio.

Sbagli di nuovo. Ripeto: solo negli stati di polizia l'attività d'indagine
ed i suoi effetti sulle libertà individuali sono correlati al reato
contestato. Negli stati di diritto la polizia ha degli obblighi di rispetto
indipendentemente dal reato ipotizzato. Questo perché esiste il principio
di innocenza. In questa operazione c'erano oggettivamente tutte le
condizioni per operare senza "spegnere" le macchine di Indymedia, ma non si
è voluto farlo. Lo scrive oggi Di Corinto
(http://www.apogeonline.com/webzine/2004/10/12/01/200410120101) ed è anche
il motivo per il quale sia Servetti Longhi
(http://www.giornalismoitalia.it/click_counter.php?id=2100&page=vedi_articolo.php)
che la Federazione Mondiale dei Gionalisti
(http://www.ifj.org/default.asp?index=2734&Language=EN) hanno alzato la
voce;





 >e' quello che intendevo con "pubblicare o consentire la pubblicazione".
 >La giustificazione "chiunque puo' scriverci" vale finche' non vieni
 >avvisato che il tuo sito contiene materiale
 >offensivo/illegale/inaccettabile postato da chissa' chi. Quando ti
 >avvisano, e mi risulta che l'avviso ci sia stato, tu come gestore del
 >sito acquisisci, secondo me, una responsabilita'. Se non secondo legge,
 >allora secondo etica.

Peccato che se la strada è quella svizzera, e tu anche ora lo stai
prendendo con le molle, ci sono molte incongruenze. Inanzitutto perché le
foto possibile oggetto di reato erano state rimosse e sostituite
cancellando la faccia, e questo dopo uan richiesta proprio della polizia a
Indymedia e poi perché perfino il legale dei due poliziotti mette in dubbio
la cosa e deplora le modalità
(http://rss.zdnet.fr/actualites/internet/0,39020774,39176775,00.htm).
Ovvio, se io oggi avessi i miei dati sull'hard disk sequestrato, sarebbero
oggetto di custodia da parte degli inquirenti senza sapere se qualcuno mi
accusa di cosa e perché. E, ripeto ancora, l'etica non c'entra. Come non
c'entra nulla nella corretta formulazione del diritto civile e penale che
stabiliscono la responsabilità individuale in casi del genere. Con le
giuste tare non si chiude un giornale se qualcuno ha usato la rubrica della
posta per diffamare qualcun'altro.





 >>  Quando Landolfi, nel suo intervento in
 >>  parlamento, ha detto che i testi inviati su Indymedia erano fuori dai
 >>  diritti costituzionali e divenivano oggetto del codice penale alludeva
 >>  chiaramente all'art. 290 del C.P. cioe' al reato di "Vilipendio della
 >>  Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle Forze Armate". E si
 >>  riferiva esplicitamente ad alcuni post in cui si faceva l'apologia della
 >>  strage di Nassirya.
 >
 >Non so se e' spiegato altrove, ma come fa Rattus a sapere che Landolfi
 >si riferiva esplicitamente eccetera?

Perché a suo tempo è stato pubblicato su tutti i giornali.
http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=30713

Dopo Nassyria, con il clima di retorica patriottarda (a proposito di cose
che "aiutano a pensare"), c'era la gara tra gli
opinionist/editorialisti/politici filo governativi a trovare su Indymedia
qualunque frase che servisse a fare titoli a nove colonne e corsivi per
infangare milioni di persone scese in piazza contro la guerra. Ecco perché
oggi applaudono.




 >Non voglio fare polemica. Sta' certo che se i diritti di Indymedia
 >vengono violati ingiustificatamente e si inizia il gioco sporco della
 >censura a colpi di takedown, non me ne staro' zitto. Non so se ricordi
 >la mia difesa di brigaterosse.com in occasione di un provvedimento
 >analogo. Credo che il caso Indymedia diventera' comunque un punto di
 >riferimento nella creazione degli standard per i diritti online.

Il problema è che io penso che tu sia stato oltremodo precipitoso questa
volta. Hai confuso il piano etico e quello del diritto e per questo, pur
condividendo lo sforzo di chiarire la vicenda, hai contribuito a
ingabbugliarla di più. Tanto più che la tua newsletter è molto letta.
L'errore più grosso, a mio modo di vedere, è che soprattutto ora, con un
governo italiano che nelle sue massime autorità ha applaudito alla chiusura
di indymedia, al di là di quello che ciascuno può pensare di Indymedia, è
la spinta eversiva rispetto all'ordinamento costituzionale e allo stato di
diritto democratico e garantista che dovrebbe far riflettere. E in questa
vicenda, al di là dei dettagli da chiarire, emerge soprattutto chiaramente
questo aspetto.
E ti pongo un'altra domanda: Indymedia ha subito pressioni per aver
rilevato che il sistema di voto elettronico della Dinebold, che
probabimente verrà usato nelle prossime elezioni USA, non è sicuro. Le
autorità, su pressione delal Dinebold, hanno chiesto la cancellazione di
quelle informazioni non perché false ma perché violavano un segreto
industriale. In questo caso qual'è i confine tra diritto privato e libertà
d'espressione? Tra copyright e democrazia?
E non stiamo parlando di questioni secondarie. Un ex presidente, Jimmy
Carter, sta parlando di voto incorretto in Florida per gli stessi motivi
per i quali su contestato la volta scorsa
(http://www.agi.it/news.pl?doc=200409271515-1106-RT1-CRO-0-NF60&page=0&id=agionline.dalmondo).
E ancora, c'è stata addirittura una richiesta all'ONU di monitorare il
corretto svolgimento delle operazioni di voto
(http://www.vita.it/articolo/index.php3?NEWSID=45462 e
http://voto-elettronico.it/NEWS/news_000005_it.php). Mi sembrano elementi
necesari per una corretta analisi della situazione. Al di là di come ognuno
la pensi. Perché non è uan questione solo di etica, ma di diritto.

MT