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art. di Galimberti
- Subject: art. di Galimberti
- From: "Associazione Partenia" <partenia at katamail.com>
- Date: Sun, 25 Apr 2004 17:43:42 +0200
Mostrare un'altra via a se stessi e ad altri quale "compito" di ogni essere umano in quanto umano.Forse questa è la solidarietà reale, l'esser "fratelli", l'ama il prossimo tuo COME TE STESSO. Se hai cura di te stesso hai cura dell'altro,ma non al contrario! Associazione Partenia Lettere Il buon delinquente Dal momento che nell'animo umano c'è sempre un principio di bontà, perché non fare lo sforzo di scorgerlo? Ci eviterebbe di dividere il mondo in buoni e cattivi. A meno che questa distinzione non la si impari nei primi anni di vita e proprio a scuola di Umberto Galimberti Galimberti buongiorno, sono un adolescente ed ho letto sul vostro bellissimo giornale D di Repubblica gli articoli dedicati ai nostri comportamenti e alle nostre psicologie adolescenziali. Ho 17 anni, sono kossovaro e studio qui in Italia da più di 10 anni. Per un periodo della mia vita ho avuto contatti con la malavita e per fortuna anche con brave persone. Potevo scegliere i guadagni facili, i cellulari di ultima generazione ecc. ecc., ma circa due anni e mezzo fa ho conosciuto un "delinquente" della zona che, invece di approfittare di me, mi ha tolto dalla strada, mi ha obbligato a tornare a scuola, mi ha trovato un lavoro e tuttora faccio ciò con un prezzo elevatissimo da pagare. In effetti la mia famiglia vive in un campo nomadi e vivono di espedienti e di accattonaggio, di furti e i maschi "adulti" stanno dalla mattina alla sera ubriachi, mandando i propri figli e le mogli a elemosinare davanti ai semafori. Io non vengo ben visto dai miei concittadini, perché per loro sono un "gaggio" cioè uno come voi. Bene, ogni volta che avevo problemi con i miei parenti, facevo il nome di questo "delinquente" che mi aiutava e mi lasciavano perdere. Ma perché mai noi adolescenti non possiamo scegliere la vita che vogliamo fare? In nessun caso, positivo o negativo che sia devono decidere i grandi? Devo tutto a quest'uomo che mi ha fatto capire che anche nella povertà si può vivere con una dignità e con onestà. I miei famigliari per un permesso di soggiorno e per non essere più controllati dalle forze dell'ordine, con un escamotage, hanno mandato dritto in carcere questo "delinquente" con una semplice denuncia e siccome questo signore è malvisto dagli inquirenti, i miei genitori hanno avuto ragione. Io sarò anche un adolescente, ma non sarei mai stato capace di fare quello che ha fatto la mia famiglia. Voglio continuare a vivere come mi ha insegnato quel "delinquente", onestamente e lavorando. Lettera firmata e spedita da un Campo Nomadi Ho tralasciato di scrivere il suo nome per non metterla in difficoltà con la sua famiglia e la sua comunità. Ho però deciso di pubblicare la sua lettera perché mi pare un bell'esempio di come, provenendo da un Paese straniero, in condizioni di povertà e indigenza, senza supporto familiare, con mille occasioni di fare dei soldi subito e presto, non importa come, lei ha seguito un'altra strada, indicatale da un uomo che non ha avuto la fortuna di trovare a suo tempo un "delinquente" che gli mostrasse un'altra via. A giudicare dalla sua lettera devo solo complimentarmi per il modo con cui ha tratto profitto dalla scuola. Io non so se lei sia di origine serba o albanese, ma so quanto distanti siano queste lingue dall'italiano, che lei oggi possiede molto meglio di tanti suoi coetanei italiani che non hanno voglia di studiare e quindi di emanciparsi, pur trovandosi in condizioni economiche e culturali decisamente migliori della sua. Ora lei si trova diviso tra l'affetto naturale che prova per i suoi genitori, che a quanto pare non l'hanno aiutata a crescere, seguendo i percorsi tracciati dalle buone regole, e l'affetto per quell'adulto che lei chiama "delinquente", che non ha seguito quei percorsi, ma ha avuto il grande merito di indicarglieli e di sostenerla lungo il cammino. Nella lacerazione degli affetti, bisogna che lei faccia due operazioni: una mentale e una operativa. Quella mentale consiste nel distinguere l'affetto che si porta a una persona dagli atti che quella persona compie. Si può infatti amare anche un "delinquente", e continuare ad amarlo nonostante tutto, senza che questo amore ci porti a giustificare le sue cattive azioni, che devono essere oggettivamente impedite. Se lei riesce a distinguere il piano soggettivo dell'amore da quello oggettivo delle azioni riprovevoli compiute da chi lo ha aiutato, lei può soccorrere il suo "delinquente" molto più di quanto non possa fare amandolo incondizionatamente e, in forza di questo amore, assolverlo dalle sue malefatte. Sul piano operativo, dal momento che frequenta la scuola, lei può avvicinare un suo professore che sia sensibile ai suoi problemi, sperando che almeno uno ci sia, e insieme a lui, andare dal giudice, che ha messo in carcere il suo "delinquente", e raccontargli la sua storia. Tutto ciò nella speranza che il giudice, al pari del professore, abbia una sensibilità che gli consenta si scorgere nel suo "delinquente" quel gesto di bontà che, oltre a indirizzare sulla buona strada la sua vita, testimonia nel " delinquente" un principio di ravvedimento e un rifiuto a fare percorrere ai giovani le vie tortuose che lui ha percorso. Per quanto infine riguarda i suoi genitori, li comprenda. A suo tempo, sulla loro strada non hanno trovato un buon "delinquente". <http://www.dweb.repubblica.it/dweb2/index/index_dett_rubrica.jsp?id=676477&s=galimberti#top>
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