Italieni - La lettera dall'Italia



Italieni - La lettera dall'Italia
L'autore
Frances Kennedy è stata corrispondente dell'Independent e del Sunday Times.
Oggi collabora con la Bbc. Nata in Nuova Zelanda, è in Italia da undici
anni.

Nel paese delle meraviglie
Quando fai il corrispondente dall'estero, ti trovi spesso al centro di un
conflitto di valori fra il paese che cerchi di raccontare e il paese per
cui scrivi. Normale: fa parte del lavoro. Ma ci sono dei momenti in cui
questo divario è così acuto che gli effetti sfiorano il surreale.
È quello che mi è successo quando il presidente del consiglio, Silvio
Berlusconi, si è presentato in tribunale il giorno prima che il parlamento
votasse un provvedimento che l'avrebbe cavato d'impaccio per un po', o
forse per sempre.

Nei collegamenti radiofonici e televisivi, presentatori increduli mi hanno
chiesto se il provvedimento sarebbe stato trasformato in legge. Com'era
possibile che nessuno dicesse niente contro un uso così smaccato del potere
politico per proteggere i propri interessi privati? Com'era possibile che
un governante europeo, anzi il leader del paese che guiderà l'Unione nel
prossimo cruciale semestre, pensasse di mettersi al di sopra della legge?
Fra le righe c'era una tipica idea anglosassone, cioè che la mancata
indignazione verso la legge sull'immunità dipenda dal fatto che gli
italiani hanno una spina dorsale più flessibile degli altri.

Ma il problema ha a che fare con il senso della realtà anziché con il senso
morale. L'ho scoperto svolgendo uno dei compiti più noiosi del mio lavoro,
cioè facendo inchieste fra la gente per conto dei miei "clienti"
radiofonici, che volevano sapere cosa pensassero gli italiani. Quando ho
finito mi sono sentita come Alice nel paese delle meraviglie al tè del
Cappellaio Matto, cioè ho avuto l'impressione di vivere in un paese dove la
normale realtà di tutti i giorni è completamente assurda, e viceversa. Per
chi non apre da un po' il libro di Carroll, ricordo che Alice si sente dire
che non c'è posto quando ce n'è in abbondanza, e si vede offrire del vino
quando non ce n'è.

Siccome Berlusconi polarizza l'opinione pubblica, i passanti intervistati
l'hanno descritto alternativamente come Belzebù o come l'unto del Signore.
Invece quel che mi ha colpito negativamente è che tanti moderati non
avessero una vera posizione in materia. Il ritornello era: "Non m'intendo
di politica". Se si chiedeva un parere più chiaro, molti sostenevano che
l'immunità parlamentare esiste anche in altri paesi europei. Forse queste
persone non sanno che meccanismi del genere si applicano solo nel caso di
presunti reati commessi nel corso del mandato, e non a quelli commessi in
precedenza. Altri hanno sostenuto che i giudici esagerano. Molti hanno
ammesso che la cosa è imbarazzante, ma che ci si può fare?

Insomma, Berlusconi è riuscito in larga misura a imporre al paese la sua
versione della realtà, e questo per mezzo del suo impero mediatico e di una
forma innovativa di lavaggio del cervello, che prevede un ciclo lungo e
lento con tanto ammorbidente. Il risultato è che troppi italiani pongono
oggi - a se stessi e ai loro governanti - le domande sbagliate. Come
nell'episodio di Alice e del Cappellaio Matto, quando lei gli chiede perché
il suo orologio segni solo i giorni e non le ore e lui di rimando le fa: "E
il tuo, perché non segna gli anni?". La domanda da porsi non è se la
condanna di Berlusconi durante la presidenza italiana dell'Ue danneggerebbe
l'immagine del paese, bensì se non sia dannoso essere governati da uno che
si fa approvare le leggi per evitare i processi.

La domanda non è se la vendita della Sme sia stata gestita in modo
trasparente (cosa che quasi certamente non è successa), ma se l'attuale
premier abbia corrotto un giudice per "aggiustare" la sentenza sulla
validità della vendita stessa. La domanda non è se i giudici di Milano
agiscano per motivi politici, ma perché Berlusconi non si presenti in
tribunale, come un rispettoso cittadino italiano, a dimostrare la propria
innocenza.